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Personalità manipolatrice e bugiardi patologici secondo George K. Simon – Recensione

Secondo Simon si può mentire per prevenire qualcosa che desideriamo non accada o per ottenere ciò che non sarebbe ottenibile in maniera onesta - Recensione

Di Luca Scaramagli

Pubblicato il 07 Apr. 2015

Aggiornato il 14 Mag. 2015 14:45

George K. Simon, psicologo clinico, ha studiato e lavorato con i manipolatori e le loro vittime per molti anni. Ha prodotto più di 250 contributi tra lavori e seminari, così come contributi in radio e televisione, riguardanti il tema su come comportarsi con le persone manipolative e altre personalità difficili. 

Alcuni sostengono che mentire fa parte dell’essere umano, tutti noi almeno una volta siamo stati non totalmente sinceri con gli altri, e a volte non c’è veramente nessun intento “malato” dietro le nostre intenzioni.

Secondo Simon è possibile identificare due obiettivi principali dietro l’utilizzo della bugia:
– prevenire qualcosa che desideriamo non accada;
– aiutarci ad ottenere qualcosa di desiderato ma che non sarebbe ottenibile in maniera onesta (un esempio è quando si mente ad un test).

Ma al di fuori di questi casi, alcuni individui sembrano essere bugiardi ostinati, calcolando continuamente come abbindolare e manipolare in ogni momento gli altri, e quasi sempre con intenti malevoli. Una parte di loro è stata definita “bugiardi patologici”, ma non solo perché sembra che mentano ripetutamente, ma soprattutto perché mentono su questioni che appaiono irrilevanti e in situazioni in cui la verità sembra essere la miglior via possibile (quando insomma non è per nulla necessario mentire).
Ma è possibile che queste persone, definite come “bugiardi patologici”, siano realmente così irrazionali come si possa pensare? Simon sostiene di no: [blockquote style=”1″]Mentre qualche volta sembra che non ci sia nessuna ragione per loro di mentire, c’è in realtà un metodo nella loro apparente pazzia.[/blockquote]

Così quello che sembra a volte un mentire senza senso, irrazionale o patologico è in realtà, per loro, funzionale, e la motivazione è quasi sempre la stessa: quella di mantenere una posizione di vantaggio.

Simon racconta inoltre di avere sentito centinaia di individui riportare esempi di questi comportamenti soprattutto nelle relazioni amorose in cui uno, o addirittura entrambi i partners, conducevano “doppie vite”.

Alla fine di una relazione le vittime di questi comportamenti ambigui arrivano a chiedersi come hanno fatto a farsi ingannare per così tanto tempo. Le tipiche domande possono essere: il mio partner era realmente differente all’inizio ma è cambiato per qualche ragione sconosciuta? Ero così affascinata/o dal mio/a partner da non vedere la verità? Ma la cosa che tengono in considerazione è che alcune persone di natura non permettono a loro stessi quella vulnerabilità che potrebbe derivare da una relazione di pari livello.

Sfortunatamente queste vittime, quando realizzano di essere state raggirate, si imbattono in vissuti di vergogna, colpa e mettono in discussione di continuo la loro abilità nel giudicare correttamente le persone per quello che realmente sono. Superato questo momento queste persone arrivano poi a capire la natura del disturbo e accettano il fatto che semplicemente alcuni individui mancano della capacità, o della voglia, di relazionarsi sullo stesso piano di eguaglianza con gli altri; sebbene situazioni più rispettose possano portare queste “vittime” a riguadagnare un senso di integrità personale e di rispetto per se stesse.

 

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Luca Scaramagli
Luca Scaramagli

Dottore Magistrale in Psicologia Cognitiva Applicata

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