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Il capro espiatorio in Girard e in Fornari: il superamento del sacrificio umano (Pt. 3)

Col tempo i sacrifici umani rituali di prigionieri di guerra sostituiscono il linciaggio rituale del re, che aveva sostituito il linciaggio spontaneo.

Di Giovanni Maria Ruggiero

Pubblicato il 16 Apr. 2015

Aggiornato il 29 Gen. 2017 13:36

TEORIA DEL CAPRO ESPIATORIO IN GIRARD E FORNARI PT.3

Col tempo la violenza si stempera. Dapprima si cercano dei sostituti. I sacrifici umani rituali di prigionieri di guerra sono dei sostituti del linciaggio rituale del re, che a sua volta aveva sostituito il linciaggio spontaneo. Si dirà che come passo avanti non sia granché, sempre sangue è. Vero, ma tuttavia è un passo avanti.

Naturalmente si capisce subito che con il sacrificio umano siamo passati nel campo della religione. La religione quindi è uno strumento di controllo della violenza. Comprendo che, anche in questo caso, si dirà che un sacrificio umano basato su una credenza religiosa non è un granché come passo avanti. Eppure lo è, rispetto allo scoppio di violenza incontrollata che metteva in crisi la vita dell’intera tribù. Ricordiamo che questi scoppi erano violentissimi, e si possono paragonare agli scontri moderni tra gang delinquenziali e bande mafiose: sangue che richiama sangue senza alcun contenimento.

Relativamente a questo scenario, il sacrificio umano fu un terribile e paradossale passo avanti. Si comprende anche il ruolo delle religioni che poi, col tempo trasformarono a loro volta il sacrificio umano in cerimonie simboliche sempre meno cruente. Così si passa dai sacrifici umani a quelli animali, e poi alle offerte agricole e infine ai riti puramente cerimoniali, che preludono a una visione sempre più laica e razionalista della violenza.

Le notizie che abbiamo sulla modalità della fine dei sacrifici umani nelle varie civiltà sono varie. Il caso di Teseo e del Minotauro a Creta è probabilmente il racconto mitologico di un tributo di sangue che Atene pagava ogni anno ai cretesi e di come un capo politico eroicizzato, forse davvero di nome Teseo o forse no, pose fine a tutto questo. I racconti di Perseo e di Edipo che accidentalmente e non volontariamente uccidono i loro progenitori sul trono per poi essere banditi sono altri racconti in cui l’uccisione volontaria del capo tribù viene diluita in un racconto meno cruento.

La fine di Romolo è probabilmente l’ultimo caso di re romano ucciso ritualmente. In epoca storica Tito Livio riporta un ultimo sacrificio umano avvenuto a Roma in occasione di non so quale grave sconfitta militare, forse dopo Canne. In questi casi i Romani, quando erano in una situazione militare difficile, sacrificavano due individui di stirpe greca e due di stirpe celtica, insomma due coppie di stranieri. In generale i romani non avevano la ricchezza mitologica dei greci ma preferivano racconti di epoca storica in cui la violenza era limitata alla guerra a stati stranieri. La violenza interna era molto minore, almeno all’inizio. Poi anche Roma degenerò in guerre civili, fino alla morte di Cesare, vero e proprio riemergere del linciaggio rituale di un re sacerdote.

È interessante notare che queste crisi aggressive sono anche figlie della libertà politica. I romani scelgono Augusto e l’Impero perché stanchi di due secoli di guerre civili culminate nel linciaggio di Cesare. L’insostenibile peso della libertà che diventa peso della rivalità continua. E quindi i romani rinunciano alla libertà, con l’Impero.

Nel modello di Girard, l’eroe, una volta linciato, viene divinizzato. È come se l’oggetto dell’odio di gruppo, dopo che è stato letteralmente fatto a pezzi e mangiato (e spesso secondo Girard avveniva proprio questo. Si veda la morte del principe tebano alla fine delle Baccanti di Euripide fatto a pezzi e mangiato nell’orgia dionisiaca) generi un massiccio senso di colpa collettivo che porta alla divinizzazione dell’eroe odiatissimo fino a un momento prima.

Non a caso è proprio quel che accade sia con Romolo che con Cesare, odiati fino al linciaggio (documentato per Cesare, possibile per Romolo) e poi divinizzati subito dopo (certo per entrambi).

Il modello antropologico di gestione della violenza mediante linciaggio è appunto il modello del capro espiatorio. Il capro vero e proprio come sacrificio animale è già un momento successivo, in cui la violenza si concentra su un animale, tra l’altro nemmeno ucciso, ma mandato nel deserto. Si tratta di un rito orientale, riportato anche tra gli ebrei. Nelle versioni precedenti al posto del capro c’era un uomo, o anche una donna, esiliata fuori della città e, ancor prima, uccisa. Per esempio la figlia di Jefte nella Bibbia, sacrificata in maniera simile al figlio di Idomeneo nel rito greco.

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RUBRICA TEORIA DEL CAPRO ESPIATORIO IN GIRARD E FORNARI

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Giovanni Maria Ruggiero
Giovanni Maria Ruggiero

Direttore responsabile di State of Mind, Professore di Psicologia Culturale e Psicoterapia presso la Sigmund Freud University di Milano e Vienna, Direttore Ricerca Gruppo Studi Cognitivi

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