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Bambini plusdotati: come manifestano il loro talento? La classificazione a 5 livelli di Deborah Ruf e le 6 tipologie di Maureen Neihart

Aldilà delle diverse classificazioni proposte, è importante approfondire lo sviluppo individuale del soggetto plusdotato che colga i tratti salienti

Di Milvia Spinetta

Pubblicato il 20 Apr. 2015

Aggiornato il 20 Feb. 2024 11:35

Le traiettorie di sviluppo di questi profili propongono una rivisitazione più approfondita del soggetto plusdotato, che colga i tratti salienti e che tenga sempre in considerazione che ogni soggetto gifted  è irripetibile e, di conseguenza, avrà uno sviluppo individuale e unico nel suo genere.

In un panorama scientifico in cui l’intelligenza è stata approfonditamente studiata, con relative ricerche e strumenti, il concetto di plusdotazione nei bambini non possiede ancora sistemi di classificazione largamente diffusi. Il soggetto plusdotato ricopre infatti un’ampissima varietà di caratteristiche che non sempre possono essere classificate e facilmente predette. Egli viene considerato un essere unico nel suo genere, che possiede una concatenazione di caratteristiche che possono renderlo molto differente da altri soggetti con stesso quoziente intellettivo – QI.

Ad esempio, un bambino ad alto potenziale può essere molto bravo a utilizzare i numeri e le operazioni, ma allo stesso tempo presentare carenze nell’area verbale e del linguaggio. Due bambini, entrambi molto bravi nell’area dei numeri e in quella verbale, possono avere QI medesimo ma, se uno possiede capacità di ragionamento maggiori, può rientrare in un livello differente di plusdotazione rispetto all’altro. Inoltre, alcuni bambini possono manifestare un cambiamento nelle loro abilità al variare di aspetti ambientali, psicologici o contestuali (Ruf, 2009).

Deborah Ruf, studiosa e ricercatrice americana che dedica da anni la propria carriera professionale al mondo della plusdotazione, ha proposto una classificazione a cinque livelli del soggetto di talento. I livelli vengono identificati dal QI e da abilità tipiche che si manifestano fin dai primi giorni di vita. Tale classificazione viene ideata dall’autrice a fronte di uno studio approfondito su un campione di 50 famiglie con uno o più figli plusdotati suoi pazienti (2009). I bambini presi in esame sono 78: 13 al primo livello, 21 al secondo, 19 al terzo, 18 al quarto e 7 al quinto. Gli strumenti di misurazione dell’intelligenza che vengono utilizzati sono Wechsler Individual Achievement Test III, Stanford Binet 5 e Scales of Indipendent Behavior – Revisited.

La classificazione parte da un livello di moderatamente plusdotato (livello 1, QI 120-129), proseguendo con gli altamente plusdotati (livello 2 – QI 130-135), gli eccezionalmente plusdotati (livello 3 – QI 136-140) e i profondamente plusdotati ai livelli 4 e 5 (QI 141 o più). L’autrice riporta alcune semplici e accurate tabelle in cui vengono esplicitate le principali abilità, abbinate all’età e alla frequenza con cui, all’interno del gruppo di bambini plusdotati a quel livello specifico, esse potrebbero manifestarsi.

Il primo livello – L1 riguarda i bambini con QI tra il 90° e 98° percentile ai test standardizzati di misurazione dell’intelligenza: sono coloro che spiccano nell’ambito scolastico per la loro intelligenza brillante, per la facilità di apprendimento e per la predisposizione al potenziamento delle materie studiate più che al recupero. Ma a differenza di altri, manifestano alcune abilità non presenti nei bambini normodotati. Infatti, la maggioranza di loro provano desiderio che qualcuno legga per loro prima di un anno di età, conoscono e pronunciano molte parole prima dei 18 mesi e formulano frasi di 3- 4 parole tra i 18 e i 20 mesi di età, fanno addizioni e sottrazioni semplici all’età di 4 anni e usano il computer in maniera indipendente entro i 6 anni. Alcuni sanno contare e conoscono la maggior parte delle lettere e colori entro i 3 anni, amano i puzzle entro i 2 anni ed entro i 6 anni fanno puzzle da 200 a 1000 pezzi, mostrano impazienza nella ripetizione e scansione lenta di numeri e lettere durante la lezione scolastica a 7-8 anni.

L’autrice sostiene invece che tutti i soggetti in L1 leggano a livelli di 2/3 anni oltre la propria età entro i 7 anni e siano in grado di leggere libri suddivisi in capitoli in modo indipendente entro i 7 anni e mezzo. La psicologa Leta Hollingworth definisce “ottimale” questo livello di intelligenza, in quanto questi soggetti non si sentono molto differenti dalle persone normodotate, ma esprimono una ottima riuscita sul campo scolastico e lavorativo, godendo a pieno dei relativi privilegi (1926).

Nei livelli successivi, le abilità aumentano di numero e si fanno sempre più precoci. Nel livello 2 – L2 i soggetti sono in gradi di prestare attenzione più a lungo dei coetanei e possono potenziare il loro talento con corsi accelerati in ambito scolastico. Tutti i soggetti in L2 prestano attenzione se qualcuno legge per loro a 5-9 mesi, comprendono le direttive e domande dei genitori, rispondendo, a 6-12 mesi; formulano frasi di almeno 3 parole a 2 anni, contano e fanno operazioni matematiche semplici a 5 anni e leggono libri semplici a 5,5 anni.

I soggetti al livello 3 – L3 possiedono un QI tra il 98° e 99° percentile. Già a poche ore dalla nascita, questi bambini manifestano a genitori e personale medico un’abilità spiccata nel mantenere l’attenzione a lungo. Le figure di riferimento notano come essi riescano a capire in maniera limpida molte cose prima ancora che sappiano parlare. Sono descritti dai genitori come bambini intensi e molto sensibili, che fin da piccoli non amano essere trattati in maniera infantile. Alcuni di loro possono avere difficoltà a fermare i processi di pensiero e a rilassarsi, ad esempio durante il riposo notturno. Molti sanno l’indirizzo della propria abitazione prima dei 5 anni e, al momento dell’entrata nel ciclo scolastico, può insorgere qualche problema nella risoluzione di problemi semplici, perché considerati senza senso o illogici per il loro livello mentale. In questo contesto, raramente le insegnanti sono in grado di riconoscere le loro potenzialità, accrescendole. Tutti loro sanno l’alfabeto intero all’età di 17-24 mesi, si divertono con giochi per adulti all’età di 6 anni e leggono libri per ragazzi o giovani all’età di 7,5 anni.

I bambini al livello 4 – L4 sono speciali in maniera evidente rispetto ai coetanei per la grande abilità che hanno nel cogliere i dettagli, dare senso alle cose e arrivare a conclusioni e teorie sul mondo decisamente fuori dalla norma. Essi assorbono informazioni in maniera spontanea, continuativa e automatica, senza alcuna insistenza dei genitori. A questo livello, generalmente le difficoltà iniziano a sorgere all’inserimento nella scuola materna: spesso i genitori si aspettano che le maestre siano in grado di gestire un livello intellettivo simile mentre le maestre sono convinte che un bambino molto più intelligente della norma possa comunque apprezzare qualsiasi forma di apprendimento, dalla più semplice alla più adatta al suo livello. Alle scuole elementari invece i genitori chiedono di norma l’inserimento del bambino a una classe superiore, chiedendo un supporto concreto.

Le problematiche che il bambino incontra sono precoci e difficoltose da gestire per i genitori che non godono di un supporto psicologico adeguato. Si tratta infatti di bambini che hanno bisogno specifici, che necessitano di strumenti qualitativamente differenti. Essi infatti sono in grado di comprendere ad esempio la matematica allo stesso modo in cui i loro coetanei comprendono la lettura delle parole al primo anno delle elementari: ciò rende la noia un’emozione particolarmente frequente ed evidente in ambito scolastico.

Un precoce sviluppo in un’ area viene però spesso accompagnato da un’immaturità spiccata in un’altra area, che potrebbe ad esempio essere quella emotiva: ciò rende il soggetto bisognoso di un buon supporto psicologico. Sono bambini che riescono a completare l’intero ciclo dei primi otto anni di istruzione entro quattro anni o meno, ma spesso i genitori scelgono per loro un percorso scolastico normale, affiancato da un potenziamento mirato e continuo, con una particolare attenzione al fattore evolutivo e di maturità emotiva. E’ invece dannoso “abbandonare” questi bambini ai percorsi scolastici normativi senza prendersi cura della capacità intellettiva, trattandoli come soggetti normodotati.

La categoria L5 riguarda 1 soggetto su 250.000 circa, con maggior incidenza nelle aree metropolitane.

Al momento – e ha solo 6 anni – Carol si dedica all’investigazione dei grandi quesiti filosofici sul Senso. Divora libri sull’origine dell’universo, sull’inizio della vita, su evoluzione, storia umana, progresso e religione. Sta tentando di dare risposta alle domande universali: “Chi sono? Perché esisto? Chi è Dio?”, domande che ci si pone tipicamente in adolescenza o età adulta.” Mamma di una bambina plusdotata L5

La valutazione del QI potrebbe suggerire che essi siano allo stesso livello di L4, ma vi è una sostanziale differenza: trattasi infatti di soggetti intellettualmente plusdotati in maniera incredibile in ogni dominio di conoscenza. Essi sono però particolarmente fragili, soprattutto in base a fattori come ambiente di crescita più o meno supportivo, tratti di personalità, motivazione, effettive occasioni di esplorazione del mondo.

Si può notare come essi prestino attenzione visiva alle prime ore della nascita e ascoltino chi legge storie per loro alle prime settimane di vita; i genitori hanno inoltre la netta sensazione che essi capiscano le direttive genitoriali a 1-4 mesi e sanno che hanno video e programmi preferiti a 6-8 mesi. Generalmente, entro i due anni questi soggetti parlano come un adulto, leggono parole semplici, utilizzano il computer e pongono quesiti sul funzionamento del mondo. Inoltre, chiedono della veridicità di Babbo Natale e del topolino dei denti, manifestano interesse per dizionari e almanacchi, giocano a video games per adolescenti, comprendono concetti astratti e le funzioni matematiche entro i 3-4 anni.

Rendersi conto del livello intellettivo di un soggetto L5 è lampante anche agli occhi del genitore più incurante, ma prendersene cura è tutt’altro che semplice. Innanzitutto perché mancano in moltissimi paesi nel mondo gli strumenti adatti alla valutazione di un QI simile, poi manca spesso la sensibilità a comprendere che i genitori stessi avrebbero bisogno di una formazione specifica. Si pongono inoltre numerosi ostacoli nel riconoscimento e supporto del soggetto a livello di rapporti interpersonali, di istituzioni e società.

Un’altra autrice che delinea una classificazione dei soggetti plusdotati, questa volta per “profili”, è Maureen Neihart, che possiede un’esperienza trentennale a fianco dei bambini gifted, pubblicando più di trecento articoli sull’argomento. I sei profili che l’autrice individua, di seguito riportati, differiscono per tratti di personalità, bisogni manifestati e modalità di espressione del proprio talento (Betts e Neihart, 1988).

Come già accennato, è importante sottolineare come queste tipologie non debbano essere considerate in maniera rigida, ma rappresentino linee guida in grado di indirizzare l’intervento sui differenti soggetti (Morrone e Renati, 2010). Nonostante ciò, l’utilità di questa categorizzazione è grande e permette di avere un quadro più generale e globale di tali individui nei loro punti di forza e debolezza e delle caratteristiche manifestate a livello socio-emotivo (Betts e Neihart, 2010).

Il plusdotato di successo – T1 è un soggetto che ha una notevole riuscita scolastica e manifesta un comportamento consono e da “bravo ragazzo” sia in ambiente scolastico che casalingo. Egli possiede concetti positivi di sé ed è soddisfatto e compiaciuto delle sue abilità, nonché desideroso di approvazione da parte di maestre, compagni e genitori. Ma, nonostante la sua abile capacità a ottenere buoni risultati, spesso gli mancano le competenze necessarie per apprendere in modo approfondito e autonomo. Infatti, il tipo di conoscenza che possiede è perfettamente conforme ai programmi scolastici, manca però l’interessamento verso argomenti differenti. Goertzel e Goertzel lo descrivono come colui che in età adulta manifesterà una perdita delle capacità immaginative e dell’autonomia, nonostante il successo che accompagna la sua carriera e le sue scelte di vita (1962). Per tale motivo, egli potrebbe necessitare di un sostegno e stimolo in ambiente scolastico e casalingo volto all’incremento di una motivazione che non dipenda strettamente dall’ottenimento di buone votazioni o desiderabilità sociale e dallo sviluppo di abilità a fronteggiare l’incertezza e il rischio.

Il plusdotato creativo – T2 manifesta un’intensa motivazione a perseguire i propri scopi personali e ha una predisposizione allegra nei confronti del mondo, un alto livello di energia, esprimendo a pieno gli impulsi. Egli possiede una personalità forte e positiva, che però può essere accompagnata da labilità emotiva, area in cui manifesta livelli più bassi di autocontrollo e, in generale, scarso interesse a uniformarsi alle aspettative. Sarebbe importante capire, di fronte a un T2, con quale modalità manifesta il suo talento artistico, più che individuare il livello della sua creatività. Sarebbe inoltre importante domandarsi se abbia sviluppato una piena consapevolezza delle sue abilità artistiche e tenere conto che queste possono andare di pari passo con aspetti di devianza, disagio o deficit.

Particolarmente difficile da individuare, rispetto ai precedenti, è invece il plusdotato sotterraneo – T3. Questo profilo è infatti caratterizzato da strategie di coping disfunzionali, che mirano a evitare la possibilità di esprimere a pieno le abilità del soggetto. Egli percepisce una dissonanza relativa alla riuscita dei propri obiettivi e la svalutazione delle proprie capacità, avvertendo pressioni di fronte alle situazioni che potrebbero determinare positivamente la sua riuscita scolastica e professionale. Infatti, egli associa i comportamenti finalizzati alla buona riuscita di obiettivi positivi a “tradimenti” nei confronti del gruppo sociale di riferimento. Per questo motivo, si ritira e mostra resistenza di fronte alle opportunità di sviluppo del suo talento, che il soggetto stesso non riconosce (Kerr, 1985).

Se si dovesse individuare questo tipo di plusdotato attraverso i test standardizzati di successo scolastico, si cadrebbe probabilmente in errore perché questi difficilmente predicono le sue effettive potenzialità, ma solo le capacità che egli crede di possedere. Gli strumenti più adatti potrebbero essere le osservazioni, interviste, valutazioni basate sulla performance e inventari. L’intervento che si potrebbe attuare su di lui è una ri-definizione dell’autostima in ambiente scolastico e casalingo, un incremento delle competenze sociali al fine di inserirlo in una pluralità di contesti e un’occasione di effettiva discussione sui punti di forza di una mobilità verso l’alto.

Il quarto tipo è il cosiddetto “soggetto antisociale – a rischio” – T4 e presenta problematicità su vari fronti. Possedere un grande talento sembra infatti mettere il soggetto in difficoltà nella gestione di quest’ultimo.  Nello specifico, egli presenta problematiche emotive e comportamentali espresse in azioni di disturbo e stati di crisi. Non è un soggetto che riceve solitamente motivazione a livello scolastico ma potrebbe ad esempio provare stati emotivi intensi, come la rabbia, attraverso l’acting out, andando alla ricerca di sensazioni forti e nutrendo aspettative irrealistiche su di sé. In questo contesto, spesso egli non è in grado di gestire le frustrazioni a livello quotidiano e la maggior parte delle volte ciò è causato da carenze educative proprie del suo percorso di crescita. L’intervento più adeguato su questa tipologia di plusdotato potrebbe avere come obiettivo primo il ritorno a un funzionamento psichico e comportamentale equilibrato, fornendogli sostegno attivo e modificando l’orientamento al problem solving da “centrato sulle emozioni/disfunzionale” a “centrato sul problema”.

Il “plusdotato due volte eccezionale” – T5  presenta una forma di disabilità fisica o emotiva e per tale motivo, non è quasi mai identificato come soggetto di talento. Egli infatti manifesta comportamenti di disagio che non vengono associati alla plusdotazione, come ad esempio avere una scrittura incomprensibile o mettere in atto comportamenti distruttivi, che non gli permettono di seguire le lezioni scolastiche. Inoltre, sembra sperimentare un alto livello di stress, che si associa a disturbi dell’umore e di ansia, con frequenti vissuti di frustrazioni, scoraggiamento e isolamento. Il plusdotato in questione sembra manifestare una non consapevolezza del suo atteggiamento nei confronti dell’ambiente scolastico, tanto da negare il proprio disagio e ritenere invece che siano le lezioni o i compiti a essere estremamente “noiosi” o “stupidi”. Utilizza spesso una modalità sarcastica o critica in approccio alle lezioni, generalmente col fine di nascondere il suo profondo senso di inefficacia e bassa autostima. Anche se sono poco conosciuti, esistono alcuni programmi scolastici alternativi ideati da alcuni studiosi per  esprimere a pieno il potenziale del T5 (Daniels, 1983; Fox, Brody & Tobin, 1983; Gunderson, Maesch & Rees, 1988).

Il plusdotato “autonomo nell’apprendere” – T6 rappresenta invece una tipologia in grado di esprimere la plusdotazione nella maniera più funzionale e potenziata. Infatti, il soggetto possiede alti livelli di autoefficacia, obiettivi autodefiniti, buona disposizione nel perseverarli, ricerca delle sfide, ha una visione incrementale delle proprie capacità e coraggio nella gestione della propria giftedness. Altre caratteristiche che lo contraddistinguono sono buone capacità di autoregolazione, uno stile esplicativo di tipo assertivo, buona gestione delle delusioni e delle difficoltà. Inoltre, il suo obiettivo sembra più focalizzato sull’apprendimento che sulla buona riuscita scolastica e professionale. Egli possiede spesso una buona consapevolezza del legame tra convinzione di poter svolgere un compito bene o male e il risultato finale. Nonostante la sua efficacia e buona funzionalità, egli potrebbe comunque avere bisogno un affiancamento e supporto su come autogestirsi e fronteggiare i costi psicologici e sociali del suo successo.

Come già accennato, le traiettorie di sviluppo di questi profili propongono una rivisitazione più approfondita del soggetto plusdotato, che colga i tratti salienti e che tenga sempre in considerazione che ogni soggetto gifted  è irripetibile e, di conseguenza, avrà uno sviluppo individuale e unico nel suo genere (Renati e Zanetti, 2012). Inoltre, rimangono aperte alcune questioni sulla possibilità che questi sei profili abbiano validità di categorizzazione solo nei paesi occidentalizzati, in quanto vi sono elementi, come famiglia contesto educativo scolastico e sociale, che modellano queste tipologie. Vi è poi la convinzione che questi modelli siano dinamici e possano variare durante lo sviluppo del soggetto (Neihart, 2009).

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