La connettività tra precuneus e giro temporale mediale e tra la corteccia cingolata anteriore e il giro ippocampale era in grado di predire la magnitudo dei sintomi depressivi prima del trattamento del subcampione clinico.
E’ bene essere sempre un pò scettici quando leggiamo di studi neuroscientifici che propongono previsioni neuroriduzionistiche di fenomeni psicologici. Con questo non si voglia pensare all’inutilità o all’inesattezza di tali studi, tant’è che una recente ricerca di neuroimaging ha analizzato la capacità predittiva della connessione di alcune aree cerebrali riguardo il miglioramento di sintomi depressivi.
Ma vediamo i dettagli. I ricercatori della School of Medicine dell’University of North Carolina hanno reclutato 23 pazienti con con una diagnosi di depressione maggiore e non ancora sottoposti ad alcun trattamento e 20 soggetti di controllo. Prima di essere poi coinvolto in una psicoterapia, ogni soggetto è stato sottoposto a imaging cerebrale, con l’obiettivo di verificare la connessione e l’attivazione coordinata delle aree del cosiddetto “default mode network” in uno stato in cui la mente non è impegnata in nessun compito specifico (in gergo tecnico, resting state).
In seguito i pazienti sono stati coinvolti in 12 sedute di psicoterapia comportamentale (protocollo Behavioral Activation Treatment for Depression). E’ interessante notare che la connettività tra precuneus e giro temporale mediale e tra la corteccia cingolata anteriore e il giro ippocampale era in grado di predire la magnitudo dei sintomi depressivi prima del trattamento del subcampione clinico.
E invece riguardo la possibilità predittiva in termini di remissione sintomatologica, dai dati è emerso che vi era uno specifico sottogruppo di pazienti con una migliore risposta alla psicoterapia: coloro che – nella fase di pre test – presentavano una maggiore connettività tra l’insula (area cerebrale coinvolta nei processi di appraisal) e il giro temporale medio. Inoltre, vi erano connessioni più intense tra il solco intraparietale, coinvolto nella regolazione dell’attenzione, e la corteccia orbito-frontale.
L’insieme di queste aree è plausibilmente impiegato nella regolazione emotiva, dal momento che sono in gioco l’attenzione e i processi cognitivi coinvolti nell’esperienza delle nostre emozioni, tema centrale di ogni psicoterapia.
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BIBLIOGRAFIA:
- Crowther, A., Smoski, M.J., Minkel, J., Moore, T., Gibbs, D. et al. (2015). Resting-State Connectivity Predictors of Response to Psychotherapy in Major Depressive Disorder. Neuropsychopharmacology, doi: 10.1038/npp.2015.12.