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Tsipras, il voto greco e l’Europa dei PIGS

Non so se davvero i nordeuropei, dopo l’esito della vittoria di Tsipras, ci vedano come maiali grufolanti nel fango delle affaticate economie mediterranee.

Di Giovanni Maria Ruggiero

Pubblicato il 28 Gen. 2015

 

Per capirci qualcosa sulle conseguenze del voto greco ho tentato di leggere un articolo di economia sul Sole24Ore. Non ho capito nulla. Troppo difficile. E ho capito la saggezza del mio caporedattore, che mi ricorda di scrivere di psicologia anche quando devo dire la mia su un fatto del giorno. “Di qualcosa di psicologico!

Di psicologico riguardo alla Grecia mi viene in mente il termine PIGS, con il quale pare che gli economisti indichino i paesi dell’Europa mediterranea, ovvero Portogallo, Italia, Grecia e Spagna. È un termine sprezzante e avvilente per chi lo riceve. Il termine è nato intorno al 1990 ed è stato bandito per le sue connotazioni razzistiche e degradanti (derogatory), come scrive Katie Allen del Guardian (Allen, 2010).

Tsipras, il voto greco e i PIGS - Psicologia e Economia

L’acronimo PIGS mi ha sempre colpito per l’allusione al maiale, l’animale impuro, e per la sua origine nel giornalismo economico, che immagino intriso di severa mentalità protestante diffidente vero l’impurità morale meridionale e forse cattolica, allusione che rende il termine applicabile talvolta anche all’Irlanda, raddoppiando la I in PIIGS. Immagino anche che la maggiore confidenza del nord protestante con la Bibbia rafforzi ulteriormente il significato dell’accenno all’immoralità del maiale.

Si tratta di una percezione superficiale, che in qualche modo allude però alle difficoltà culturali che spezzano l’Europa, il dosso che rende accidentata la relazione tra nord e sud e che non facilita il senso di appartenenza condivisa tra noi europei. Fino al punto di chiamarci tra noi con i nomi di animali impuri.

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E qui vengo finalmente all’inciso psicologico: il bisogno di appartenenza è una componente del più ampio bisogno di socializzazione dell’uomo. Negli altri cerchiamo non solo la novità e lo stimolo, ma anche un certo grado di continuità affettiva, di fiducia reciproca, un’assicurazione che i rapporti siano ragionevolmente prevedibili e quindi amichevoli e fruttuosi. Cerchiamo anche le somiglianze, le conferme, le similitudini di gusto, sensibilità e storia personale (Baumeister e Leary, 1995; Brewer, 1991).

E la carenza di senso di appartenenza può partecipare alla generazione del disturbo psicologico più connesso con il rapporto con gli altri: la fobia sociale (Procacci, Pellecchia, e Popolo, 2010).

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Non so se davvero i nordeuropei, dopo l’esito del voto greco, ci vedano come maiali grufolanti nel fango delle affaticate economie mediterranee. Forse possiamo essere meno permalosi e accettare la nostra natura porcina con un certo auto-ironico compiacimento.

Se davvero il voto greco, dadaista e provocatorio, può servire a dare una scossa a questa Europa paralizzata e a trovare la giusta quadra tra moralismo nordico-protestante e indulgenza meridionale e cattolica, ben vengano i maiali. In fondo ricordo che mio nonno diceva che il maiale è un nobile animale, degno del titolo aristocratico di “don” che i contadini italiani del sud davano ai signori. E così concludeva nel suo italiano semi-dialettale, rivolgendosi al suo maiale di fattoria:

“Tutti te chiamano puorco, io ti chiamo don puorco!”

 

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Giovanni Maria Ruggiero
Giovanni Maria Ruggiero

Direttore responsabile di State of Mind, Professore di Psicologia Culturale e Psicoterapia presso la Sigmund Freud University di Milano e Vienna, Direttore Ricerca Gruppo Studi Cognitivi

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