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La canzone come strumento terapeutico e riabilitativo – Report dal Congresso di Modena, 24 Ottobre 2014

Nell’ambito della Settimana della Salute Mentale Mat 2014, il 24 Ottobre si è svolto a Modena il Congresso sull'uso della canzone in contesti psicoterapici

Di Gaspare Palmieri, Cristian Grassilli

Pubblicato il 06 Nov. 2014

Gaspare Palmieri, Cristian Grassilli

Se dunque l’arte, compresa la musica, è di fatto un mediatore empatico della comunicazione tra l’artista e il suo fruitore e se, come ha spiegato Jasper, il disagio mentale non si può non capire senza empatia, si dovrebbe poter affermare che un resoconto artistico che tratta il tema della sofferenza psicologica può effettivamente facilitare la comprensione della psicopatologia ed un esempio in questo senso potrebbe essere la canzone d’autore all’interno di un percorso terapeutico.

Nell’ambito della Settimana della Salute Mentale Mat 2014, Venerdì 24 Ottobre presso La Tenda di Modena si è svolta la mattinata di studio dal titolo “La canzone come strumento terapeutico e riabilitativo”, promossa dall’Associazione Escomarte, l’Ospedale Privato Villa Igea e ovviamente dagli psicantrici (Segreteria scientifica: Dr. G. Palmieri).

Dopo i saluti del Dr. Paganelli di Escomarte e del Dr. Lorusso, Direttore Sanitario di Villa Igea, ha aperto le danze il Dr. Stefano Mazzacurati, psichiatra e scrittore, che, da raffinato intellettuale ed umanista, ha fatto un excursus sul significato storico e psicologico della canzone.

Mazzacurati ha messo in luce diversi aspetti di questa forma musicale, dall’antichità fino ai giorni nostri, partendo dalle canzoni provenzali e soffermandosi su un canto delle lavandaie napoletane,”Jesce sole”, in cui l’elemento consolatorio individuale del cantare era centrale.

Ha suddiviso la canzone poi in quattro diversi filoni: la canzone feuilleton, la canzone rock, la canzone d’autore e la canzone ironica. Ha poi riflettuto sul senso della canzone e dell’uso che ogni individuo ne può fare: tra chi la considera come un megafono di uno stato d’animo che già si prova e chi invece la utilizza come leva per far provare delle emozioni. Ha concluso che lo spazio delle canzoni è lo spazio dell’io, che nasconde un’intenzione ed è alla ricerca di un significato.

Successivamente è stato il turno del Dr. Gabriele Catania, psicologo clinico dell’Ospedale Sacco di Milano e docente universitario, ma soprattutto autore dell’interessantissimo libro “La terapia De Andrè” (2013), che racconta esperienze dell’uso di canzoni di Faber in contesti psicoterapici.

Il Dr. Catania ha iniziato il proprio intervento citando il concetto di empatia e di “giusta distanza” del famoso filosofo e psichiatra tedesco Karl  Jasper, ricordando che “nell’atto dell’approccio empatico, lo psicopatologo è come un attore che si immedesima nel personaggio pur restando se stesso” (Jaspers,1959).

Catania ha illustrato le basi neurobiologiche dell’empatia con riferimenti agli studi sui neuroni specchio e alla neuroestetica, un’area di ricerca che coinvolge le scienze cognitive e l’estetica e che affianca un approccio neuroscientifico alla consueta analisi estetica della produzione e della fruizione di opere d’arte.

Recentemente alcuni ricercatori, tra cui il Professor Vittorio Gallese, che fa parte del gruppo degli scopritori dei neuroni specchio assieme a Rizzolati, Fadiga e Fogassi, hanno potuto osservare l’attivazione della corteccia motoria in presenza di un’opera visiva astratta (nel caso specifico i tagli su una tela di Lucio Fontana), che non rappresentava alcun corpo in movimento.

Il collega ha ipotizzato che tale risonanza emotiva si possa stabilire anche per le altre forme artistiche, come ad esempio tra un musicista e chi lo ascolta. Alcuni studi hanno mostrato come il livello di empatia di un musicista in concerto sia direttamente correlato all’attività delle aree frontali dell’emisfero cerebrale destro dove risiedono i sistemi dei neuroni specchio.

E’ stato inoltre osservato che i musicisti più coinvolti nell’esecuzione mostravano livelli di empatia più elevati, il che equivale a dire che la capacità di suonare in concerto è correlata alla comprensione dei comportamenti, delle emozioni e delle intenzioni dell’altro. Secondo quanto sostenuto dalla neuroestetica dobbiamo aspettarci che lo spettatore, nell’osservare i movimenti di un artista nella sua performance musicale partecipi, attraverso l’attivazione dei suoi neuroni specchio, alla performance stessa condividendone i contenuti emotivi. E questo è evidente a chiunque partecipi a un concerto, come è altrettanto intuibile che questi stessi effetti di compartecipazione emotiva si possono ottenere anche durante il solo ascolto di un brano musicale, perché nella nostra mente l’immaginazione ha gli stessi effetti della realtà esterna.

Se dunque l’arte, compresa la musica, è di fatto un mediatore empatico della comunicazione tra l’artista e il suo fruitore e se, come ha spiegato Jasper, il disagio mentale non si può non capire senza empatia, si dovrebbe poter affermare che un resoconto artistico che tratta il tema della sofferenza psicologica può effettivamente facilitare la comprensione della psicopatologia ed un esempio in questo senso potrebbe essere la canzone d’autore all’interno di un percorso terapeutico.

Il collega ci ha poi fornito un esempio dell’utilizzo della canzone “Un matto” di De Andrè durante il lavoro clinico con un paziente affetto da psicosi, ascolto effettuato con l’obiettivo di aiutare quel paziente ad accettare meglio la cura e a collaborare in modo più funzionale al progetto terapeutico. Ci ha poi reso partecipi del nuovo progetto “Faber in mente”, un concept disc, realizzato dall’associazione Amici della mente Onlus in collaborazione con la scuola di musica Cluster di Milano, in cui i testi di nove brani di Fabrizio de Andrè, sono stati riscritti dal Dr. Catania, nel tentativo di rappresentare in modo empatico la dimensione esistenziale delle storie cliniche che ha raccontato nel suo libro “La terapia De Andrè”.

Durante la pausa c’è stata l’esibizione della psychiatric band Fermata Fornaci nata all’interno del Day Hospital di Villa Igea e coordinata dalla cantautrice Barbara Rosset. I ragazzi hanno regalato tre brani del loro vasto repertorio.

I lavori sono ripresi con la presentazione del musicista e musicoterapeuta Paolo Alberto Caneva, coordinatore e insegnante del corso di musicoterapia del Conservatorio di Verona, che svolge la propria attività clinica in un centro diurno psichiatrico ed è autore del libro “Songwriting. La composizione di canzoni come strategia di intervento musicoterapico” (2007). La presentazione del collega è stata suggestiva, poichè ha privilegiato gli aspetti visuali e musicali per chiarire il suo punto di vista sulla musicoterapia.

Attraverso i filmati proposti (tra cui un meraviglioso estratto del film Yes Man con Jim Carr) ha sottolineato che l’obiettivo primario della musicoterapia è quello di dare la possibilità a chiunque di partecipare al “fare musica” e di scoprirsi protagonista di tale processo ludico e creativo. Ha poi dato la parola alla musica, facendo ascoltare tre brani composti dagli utenti del suo centro e sottolineando con la pratica che “quello che non riusciamo a dire, possiamo cantarlo!”.

La mattina si è conclusa con il doppio intervento del dott. Palmieri e del dott. Grassilli, che hanno raccontato la propria esperienza sull’uso della canzone presso l’Ospedale Privato Villa Igea.

Il Dr. Grassilli ha raccontato l’esperienza di songwriting presso la Residenza e Semiresidenza per adolescenti Il Nespolo e presso la Residenza Psichiatrica a Trattamento Protratto Il Borgo. Grassilli ha illustrato la struttura del laboratorio con le varie attività proposte: realizzazione di canzoni (cover) richieste alla fine dell’incontro precedente (possibilità di arrangiamenti e accompagnamenti musicali), riscrittura del testo di canzoni, adattamento di testi su basi musicali, songwriting di testi e musiche originali.

Ha poi mostrato il procedimento per la costruzione di una canzone in gruppo, una volta scelto un tema, partendo da brevi frammenti musicali fino alla strutturazione di strofe e ritornelli. L’accento è stato posto anche sulla possibilità che offre la canzone di poter parlare di sé, in relazione al tema affrontato e di come ad esempio l’evoluzione del personaggio della canzone, durante lo sviluppo del testo, crei possibili agganci con le storie e le narrative degli utenti (condivisione dei vissuti, strategie di coping, elaborazione e confronto rispetto al tema ad esempio del “sentirsi inadeguati e giudicati”). Infine è stata fatta ascoltare una canzone creata da un utente alla quale tutto il gruppo si è impegnato per la registrazione e per il canto nei ritornelli.

Il Dr. Palmieri ha descritto il gruppo di ascolto settimanale di canzoni che conduce con utenti psichiatrici ricoverati presso il reparto Villa Centrale. Ha portato l’esempio dell’utilizzo di una scheda ABC musicale che aiuti gli utenti a identificare in modo più preciso pensieri, stati emotivi e immagini evocati dalla canzone. Anche in questo caso i contenuti dei brani e le storie dei cantati entrano in risonanza con le storie e i vissuti degli utenti, fornendo stimoli importanti per lo svelamento e la condivisione di episodi di vita e stati mentali problematici, che possono successivamente essere ripresi nelle sedute psicoterapiche individuali.

Palmieri ha inoltre presentato un’esperienza di songwriting nell’ambito dello stesso gruppo, che ha portato alla riscrittura de La canzone di Marinella di De Andrè. In questo caso la storia della protagonista viene sostituita dalla storia dell’utente, pur mantenendo lo schema metrico e la struttura in rima. Tale esercizio costituisce uno sforzo di sintesi metanarrativa in cui il paziente cerca rileggere il proprio disagio e i motivi che l’hanno portato al ricovero, distanziandosi in modo critico.

 

ARTICOLO CONSIGLIATO:

Report del Congresso “Quale musicoterapia nella salute mentale?”

 

BIBLIOGRAFIA:

La Settimana della Salute Mentale, Mat 2014: "La canzone come strumento terapeutico e riabilitativo"
La Settimana della Salute Mentale, Mat 2014: “La canzone come strumento terapeutico e riabilitativo”
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