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Boyhood (2014) di Richard Linklater: Ciak, si cresce!

L'ultimo lungometraggio del regista Richard Linklater, che porta sul grande schermo dodici anni di vita del protagonista, dalle elementari sino ai 18 anni

Di Anna Angelillo

Pubblicato il 05 Nov. 2014

L’innovazione di questo progetto cinematografico sta nell’aver deciso di seguire sul serio la crescita del protagonista anno dopo anno, andando di pari passo con la crescita degli attori: le riprese, infatti, sono cominciate nel 2002, quando appunto l’interprete principale eras solo un bambino e sono durate 12 anni.

La trama racconta la vita ordinaria della famiglia di Mason: secondogenito di genitori ancora troppo giovani, vive con la madre, che, dopo la separazione, riprende gli studi per diventare insegnante; è una donna energica, ma sola, affascinata da uomini con un ruolo gonfio di carisma (un professore universitario prima, un ufficiale dell’esercito americano poi), soliti a lasciarsi affogare nell’alcool. Il padre, invece, troppo perso per stare così presto in quel ruolo genitoriale, si arrabatta tra una vita ancora provvisoria e i weekend spesi con i figli. Sullo sfondo un pezzo di America negli anni della guerra afgana e l’elezione di Obama, dell’evoluzione della tecnologia e delle mode musicali.

La vita di Mason si inserisce in questo scenario e racconta, dal suo punto di vista, un susseguirsi di trasferimenti e nuove dimensioni familiari, i successivi matrimoni fallimentari della madre e la nuova relazione del padre. Ma soprattutto disegna in maniera puntuale il suo cammino di crescita, dell’infanzia e dell’adolescenza, fino al collage, declinandone emozioni, cambiamenti e scossoni. Mason si affaccia al mondo destreggiandosi con stile tra giochi di bambino e prime conflittualità, amori e delusioni, passioni e prime volte.

Il film colpisce senza scadere nella scontata retorica che le dinamiche che si susseguono possono insinuare. È una fotografia in movimento di un percorso evolutivo e familiare che scorre tra gioie e sofferenze. È un’epopea formativa che ben delinea l’importanza e la ricchezza degli anni che precedono l’età adulta.

Si riflettono dallo schermo emozioni pure, sane e autentiche, specchio di quel mondo giovanile descritto dallo sceneggiatore in maniera mirabile e precisa, reso tale dallo spessore e dalla caratterizzazione di ciascun personaggio.

Grazie alla protezione della madre da una precarietà relazionale in cui tende ad infilarsi, ma allo stesso tempo da cui esce con determinazione, alla genuinità di un padre che tra patatine fritte e testi di canzoni gli insegnerà quanto basta, e grazie a tutte le figure che ruotano intorno a lui, nel corso del tempo, Mason riuscirà a cogliere ogni attimo che il percorso di crescita gli offrirà, rendendolo un neoadulto pronto per girare una nuova scena della sua vita.

Il film offre una rappresentazione fedele di un imprescindibile periodo di vita, uguale per tutti, ma per tutti differente, la cui qualità orienta e condisce l’itinerario di sviluppo (cognitivo, emotivo e relazionale) che conduce verso un sano e coerente sé adulto.

 

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