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Job insecurity: cos’è e come combatterla

Oggi il lavoro assume sempre più i connotati dell’incertezza e dell’insicurezza, è compito della psicologia contrastare gli effetti negativi del fenomeno.

Di Pantaleo Monterisi

Pubblicato il 20 Ott. 2014

Aggiornato il 03 Nov. 2014 09:38

Negli ultimi decenni il mondo del lavoro ha subìto una serie di mutamenti che hanno portato a una rivoluzione dei contesti lavorativi e al cambiamento dei lavoratori stessi. L’evoluzione delle tecnologie informatiche ha determinato la creazione di nuovi compiti e ruoli lavorativi, e ha fomentato l’esigenza di creare sistemi più complessi, che prevedono non solo competenze tecniche, ma anche cognitive e sociali.

La nascita delle macchine di nuova generazione, che eseguono lavori che prima erano svolti dall’uomo, ha portato le aziende a effettuare downsizing e ristrutturazioni, che hanno aumentato la probabilità dell’insorgenza di diversi effetti psicosociali sia a livello organizzativo (outsourcing, organizzazioni piatte ecc.) sia a livello individuale, come la cosiddetta sindrome dei sopravvissuti, i conflitti sociali e atteggiamenti di sfiducia (Sverke, Hellgren, & Näswall, 2002). Altre aziende hanno applicato fusioni e incorporazioni per meglio gestire le esigenze del mercato, provocando una repentina trasformazione degli stili di gestione e di comportamento dei lavoratori e delle organizzazioni stesse; in aggiunta, si assiste per gradi a una modifica delle tipologie di occupazione (il moltiplicarsi dei contratti a tempo determinato, part-time, prestazioni occasionali, forme di lavoro indipendente ecc.), delle relazioni dipendente/datore di lavoro all’interno dei contesti lavorativi, e della qualità generale della vita lavorativa (Sarchielli, 2008). Appare evidente che il lavoro assume i connotati dell’incertezza e dell’insicurezza, non più e non solo come assenza o presenza di esso (Zuffo e Barattucci, 2008), e il sentimento di insicurezza sul lavoro si diffonde gradualmente fra i lavoratori (De Witte, De Cuyper, Vander Elst, Vanbelle, & Nielsen, 2012). 

L’obiettivo di questo articolo consiste innanzitutto nel presentare lo stato dell’arte del fenomeno della job insecurity – macrotema emergente negli ultimi anni e di grande interesse per la psicologia del lavoro e delle organizzazioni –, definendo le sue caratteristiche e analizzando le conseguenze sia a livello individuale sia organizzativo. Dopodiché saranno avanzati dei suggerimenti per ovviare al fenomeno in questione.

Cos’è la job insecurity

Il fenomeno della job insecurity è definito in diversi modi in letteratura. Ad esempio, Greenhalgh e Rosenblatt (1984, p. 438) definiscono l’insicurezza lavorativa come l’impotenza percepita nel mantenere la continuità desiderata in una situazione di potenziale minaccia. Heaney, et al. (1994) fanno riferimento alla percezione di una potenziale minaccia per la continuità del lavoro attuale; Sverke e collaboratori (2002) hanno condotto un lavoro di classificazione e di meta-analisi di quanto in letteratura è stato espresso sulla job insecurity, individuando un comun determinatore che lega le molteplici definizioni del fenomeno: la preoccupazione per la continuità futura del lavoro in corso.

Dalle definizioni indicate precedentemente, è facilmente intuibile che l’insicurezza lavorativa è una percezione pressoché soggettiva, da ciò si evince che la stessa situazione oggettiva potrebbe essere interpretata in modi differenti da vari lavoratori. Ad esempio il licenziamento potrebbe essere temuto da alcuni dipendenti di un’azienda, anche se da un punto di vista oggettivo non potrebbe esserci alcuna ragione per temerlo, mentre altri si potrebbero sentire fiduciosi sul loro lavoro anche se c’è un’alta probabilità che possano essere licenziati (De Witte et al., 2012). In definitiva, comunque, quando si parla di job insecurity si fa riferimento all’insicurezza soggettiva scaturita da una possibilità oggettiva di perdita di lavoro.

Conseguenze della job insecurity

In letteratura la job insecurity è considerata, date le sue caratteristiche, un vero e proprio stressor (ad es. Ashford, Lee, & Bobko, 1989), ossia una caratteristica del lavoro che ha conseguenze negative sia sul singolo lavoratore sia sull’organizzazione di cui esso fa parte (De Witte et al., 2012).

Per quanto riguarda le conseguenze negative sulla salute e il benessere dei lavoratori, la job insecurity è negativamente correlata alla soddisfazione del proprio lavoro, al benessere psicologico e alla salute fisica (Cheng & Chan, 2008; Sverke et al., 2002). Per quanto riguarda le conseguenze nelle organizzazioni, la percezione di job insecurity è spesso associata a un abbassamento della fiducia nel management e del commitment, a un aumento dell’intenzione a lasciare il posto di lavoro (Cheng & Chan, 2008; Sverke et al., 2002; Sverke, Hellgren, Näswall, Chirumbolo, De Witte, & Goslinga, 2004), a una resistenza ai cambiamenti nell’organizzazione (Greenhalgh e Rosenblatt, 1984), e a una riduzione delle prestazioni (Cheng & Chan, 2008; De Witte, 2005).

Inoltre è stato dimostrato che i membri più qualificati di un’organizzazione sono più propensi a lasciare l’azienda, proprio perché hanno più probabilità nel trovare un nuovo lavoro (Greenhalgh e Rosenblatt, 1984). Tutto ciò contribuisce a rendere debole l’organizzazione, a diminuire la sua valenza sul mercato; inoltre questi problemi richiedono nuovi investimenti per l’azienda per cercare nuovi lavoratori e per gestire le situazioni di mancata salute organizzativa.

Ulteriori studi hanno indagato gli effetti della job insecurity su degli outcome che possono essere definiti extralavorativi (per una rassegna più completa si veda ad esempio De Witte, 1999, 2005; Ferrie, 2001; Probst, 2008; Sverke & Hellgren, 2002). È stato dimostrato infatti che l’insicurezza lavorativa è negativamente correlata alla soddisfazione della vita in generale e al sentirsi felici (De Witte, 2003, citato da De Witte et al., 2012). Inoltre, in uno studio di De Cuyper et. al (2009) è stato dimostrato che il fenomeno in questione è associato sia all’essere vittima di episodi di bullismo, sia all’esserne l’autore.

Come ridurre la job insecurity

È compito della psicologia individuare gli interventi atti a contrastare gli effetti negativi del fenomeno in questione. La crisi economica che sta attraversando tutto il mondo dal 2008 è certamente un fattore decisivo dei macro-cambiamenti che stanno avvenendo nel lavoro. Da ciò si evince che i fattori che sottostanno al fenomeno sono abbastanza complessi. Intervenire a livello mondiale sulle società organizzative è una sfida per i vertici internazionali. Gli interventi che saranno proposti in questo elaborato consistono, piuttosto, in pratiche di gestione aziendale che, nella realtà in cui opera, un’azienda potrebbe attuare per migliorare il benessere proprio e dei lavoratori.

Per ovviare al fenomeno in questione, un’organizzazione dovrebbe puntare innanzitutto a una comunicazione efficace; quest’ultima rende l’azienda più prevedibile per i dipendenti e permette ai lavoratori di avere un maggiore controllo sul loro lavoro. In aggiunta, la comunicazione dovrebbe essere chiara e onesta, in modo tale che un dipendente si senta rispettato e preso in considerazione (De Witte, 2005). La partecipazione dei lavoratori al processo decisionale produrrebbe gli stessi effetti; inoltre, si potrebbe far riferimento alla Teoria dell’equità di Adams (1963) e al concetto di giustizia sociale di Greenberg (1990), suggerendo che bisognerebbe fare in modo che ogni individuo percepisca giustizia distributiva (un’equa distribuzione delle risorse economiche e sociali) e giustizia procedurale (imparzialità nei processi aziendali che sottostanno all’allocazione delle risorse). Bisogna tener conto anche del sostegno sociale, la cui importanza è stata rilevata da Greenhalgh e Rosenblatt (1984), per moderare l’insicurezza lavorativa; ad esempio Lim (1996, citato da De Witte, 2005) ha dimostrato che il sostegno della famiglia, dei colleghi e dei sindacati indebolisce l’impatto negativo della job insecurity nei lavoratori.

Nel suggerire dei possibili interventi, si deve tener conto anche dell’importanza della formazione dei dipendenti. Rendere i lavoratori più resistenti al cambiamento informandoli e motivandoli, lavorando anche sulle capacità di gestire determinate situazioni, può considerarsi una strategia utile.
Infine, si potrebbero studiare dei sistemi che riducano lo squilibrio sforzo-ricompensa di cui parlava Siegrist (1996). La presenza d’insicurezza potrebbe essere compensata creando un sistema premiante o, se è già presente, inserendo altri premi; si potrebbe anche agire sul lato degli sforzi, diminuendo il carico di lavoro compensandolo con nuovi posti di lavoro che saranno ricoperti da nuove assunzioni. Ovviamente, come evidenzia De Witte (2005), degli interventi che richiedono degli investimenti, come gli ultimi descritti, sono quasi inattuabili in situazioni di crisi economica, perciò si potrebbe puntare a quelle strategie di gestione indicate in precedenza, che non richiedono dei costi, ma che possono essere molto efficaci.

 

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BIBLIOGRAFIA:

  • Adams J.S. (1963). Toward an understanding of inequity. Journal of abnormal and social psychology, 67, pp. 422-436.
  • Ashford, S. J., Lee, C., & Bobko, P. (1989). Content, causes, and consequences of job insecurity: A theory-based measure and substantive test. Academy of Management Journal, 32(4), 803-829.
  • Cheng, G. H. L., & Chan, D. K. S. (2008). Who suffers more from job insecurity? A meta-analytic review. Applied Psychology-an International Review-Psychologie Appliquee-Revue Internationale, 57(2), 272-303.
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  • De Witte, H. (1999). Job insecurity and psychological well-being: Review of the literature and exploration of some unresolved issues. European Journal of Work and Organizational Psychology, 8(2), 155-177.
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  • Ferrie, J. E. (2001). Is job insecurity harmful to health? Journal of the Royal Society of Medicine, 94(2), 71-76. DOWNLOAD
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  • Lim, V. (1996). Job insecurity and its outcomes: Moderating effects of work-based and non work-based social support. Human Relations, 49 (2), 171-194.
  • Probst, T. M. (2008). Job Insecurity. In J. Barling & C. L. Cooper (Eds.), The SAGE Handbook of Organizational Behavior (Volume 1: Micro Perspectives) (pp. 178-195). London: Sage. ACQUISTA
  • Sarchielli, G. (2008). Psicologia del lavoro. Il Mulino, Bologna. ACQUISTA
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  • Sverke, M., Hellgren, J., Näswall, K., Chirumbolo, A., De Witte, H., & Goslinga, S. (2004). Job Insecurity and Union Membership. European Unions in the Wake of Flexible Production. Brussels: Peter Lang.
  • Zuffo, R.G., & Barattucci, M. (2008). Job-insecurity e disagio lavorativo. In: M. Fulcheri, A. Lo Iacono & F. Novara (Eds), Benessere psicologico e mondo del lavoro, pp. 27-37. Centro Scientifico Editore.

 

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Pantaleo Monterisi

Laureando Magistrale in Psicologia delle Organizzazioni e dei Servizi

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