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Manuale REBT di Psicoterapia Razionale Emotiva Comportamentale (2014) – Recensione

Il libro di DiGiuseppe costituisce una guida per l'utilizzo di strategie cognitive, emotive e comportamentali attraverso delle esemplificazioni - Recensione

Di Walter Sapuppo

Pubblicato il 01 Set. 2014

Aggiornato il 25 Gen. 2016 10:35

Ciò che rende questo manuale estremamente interessante è la capacità di essere, allo stesso tempo, una “guida” (in grado di esplicare una vasta gamma di strategie cognitive, emotive e comportamentali attraverso l’utilizzo di numerosi esemplificazioni cliniche) e uno spunto di riflessione continuo sulle difficoltà che il terapeuta e il paziente possono incontrare sia nell’apprendimento dei principi fondanti la REBT, sia nella gestione delle dinamiche transferali e controtransferali.

In Italia, nell’ultima decade, si è assistito a un crescente e rinnovato interesse per l’approccio terapeutico basato sui principi della Rational Emotive Behavior Therapy (Terapia Razionale Emotiva Comportamentale; REBT), ideata e sviluppata da Albert Ellis a partire dagli anni ’50.

Tale interesse (mai sopito in realtà, ma non diffuso in maniera omogenea e capillare nella letteratura scientifica europea e, in particolar modo, in quella italiana) è testimoniato, oltre che dalla pubblicazione di alcuni lavori “italiani” sul Journal of Rational-Emotive & Cognitive-Behavior Therapy (Ruggiero, Ammendola, Caselli e Sassaroli, 2014), dal recente “Primary Practicum in rational emotive behavior therapy” svoltosi recentemente a Milano nella sede della Scuola di Specializzazione “Studi Cognitivi” ad opera dei direttori (Prof. Raymond DiGiuseppe e Dott.ssa Kristene Doyle) nonché di un supervisore (Dott. Ennio Ammendola) dell’Albert Ellis Institute di New York.

La traduzione in lingua italiana (a cura del Dott. Diego Sarracino) del Manuale di terapia razionale emotiva comportamentale (Practitioner’s Guide 
to Rational Emotive Behavior Therapy, giunto alla sua III edizione) si colloca, inoltre, in un periodo storico dove, se da un lato si assiste alla nascita e alla diffusione di molteplici forme di terapia cognitiva di “terza ondata”, dall’altro si avverte la necessità di un’analisi attenta e puntuale dei cardini costitutivi della pratica clinica cognitivista.

In tale ottica, è bene ricordare come la REBT adotti una prospettiva diversa (ma integrabile – come ampiamente descritto dagli autori nel XVII capitolo del manuale – con molteplici approcci) dalla Terapia Cognitiva Standard (TCS) di Aaron Beck e precorra, in alcuni casi, metodologie terapeutiche più “moderne”. Ellis, infatti, riteneva che la sofferenza mentale derivasse da “elaborazioni verbali esplicite, per quanto automatiche, che il soggetto si autoinfligge consapevolmente” (Ruggiero e Sarracino, 2014, p. XI). Il focus terapeutico, dunque, viene incentrato sul fronteggiare il “giudizio finale”(e.g., “non deve/può succedere”, “non posso sopportarlo”, “sarà terribile”) che il cliente dà all’evento temuto piuttosto che, come nella TCS, “sugli elementi che possono sorreggere la visione negativa dell’evento stesso” (ibidem).

Inoltre, l’analisi di tali schemi di pensieri irrazionali – aspetto centrale nella pratica REBT -, insieme all’attenzione focalizzata sulle difficoltà del paziente nel tollerare possibili “scenari negativi”, precorre, sebbene con alcune differenze, la prospettiva dell’”accettazione” degli stati mentali di Steven Hayes.

Il manuale, suddiviso in cinque parti, appare concepito con molteplici scopi. Difatti, oltre a fornire una guida completa ed esaustiva per l’apprendimento delle modalità terapeutiche peculiari della REBT, fornisce diversi spunti di riflessione sulle possibilità di ricerca e sviluppo del modello proposto e sulle caratteristiche distintive di questo approccio rispetto a forme di CBT sviluppate in periodi successivi. La prima parte è dedicata ad Albert Ellis, al suo contributo alla psicoterapia, e offre una panoramica sui principi filosofici alla base della REBT analizzandone il rationale teorico e definendo il modello psicopatologico adottato. Inoltre, viene definita la differenza tra credenze razionali e irrazionali, le diverse tipologie di credenze irrazionali (le “pretese”, la “terribilzzazione”, l’”intolleranza alla frustrazione” e la “valutazione globale del valore delle persone”) e il rapporto che intercorre tra loro.

La seconda parte del manuale è incentrata sulle strategie terapeutiche di base da adottare in tale trattamento. Dopo una prima descrizione del modello “ABC”, gli autori illustrano come creare i presupposti relazionali e strutturali della terapia, elencando le “abilità chiave” che dovrebbero contraddistinguere l’operato di un buon terapeuta REBT, l’identificazione delle problematiche del paziente e, partendo dall’analisi del rapporto esistente tra “credenze” e “disturbo”, gli obiettivi della terapia stessa.

Nella terza parte del manuale gli autori focalizzano la loro attenzione sulla valutazione clinica dell’ABC (l’evento attivante, “A”; le conseguenze emotive e comportamentali, “C”; le credenze, “B”) descrivendo – in maniera dettagliata e puntuale – le modalità di identificazione degli elementi che caratterizzano un evento problematico accaduto nella vita del cliente, le strategie necessarie al fine di una valutazione delle credenze disfunzionali e i principali errori in cui il terapeuta può incorrere.

I capitoli che compongono la quarta parte (la più corposa del manuale, costituita da ben 6 capitoli e circa 150 pagine) sono dedicati a un aspetto peculiare della REBT: modificare le credenze disfunzionali attraverso la disputa cognitiva (D) e la promozione di una risposta maggiormente funzionale/adattiva (E). Attraverso molteplici esempi clinici e numerosi schemi riassuntivi/esplicativi, gli autori forniscono una descrizione completa dei diversi “stili” di disputing (e.g., “socratico” vs. “umoristico”) e delle relative strategie (e.g., “logica” vs. “euristica”) di confutazione delle credenze irrazionali (irrational beliefs; IB) a favore dell’insegnamento, e della relativa acquisizione da parte del cliente, di nuove credenze razionali (rational beliefs; RB). Degna di nota, inoltre, è anche la descrizione della differenza che intercorre tra le RB (caratterizzate da logicità e validità empirica) e quelle che vengono definite “nuove credenze efficaci” (new effective beliefs – EB; generate dalla disputa terapeuta/paziente e caratterizzate da un “valore” intrinseco di contrasto alle IB che hanno generato la problematica riferita).

Seguendo la logica formale tipica della REBT, la quinta e ultima parte del manuale è focalizzata sull’analisi dei “compiti a casa” (sotto forma di esercizi cognitivi, comportamentali, emotivi) che il terapeuta può assegnare al paziente secondo il principio di un cambiamento basato sull’apprendimento cognitivo seguito dall’applicazione “concreta” delle nuove idee generate in terapia. Tali compiti dovrebbero derivare, dunque, dalla necessità condivisa di dover generalizzare i progressi ottenuti in seduta e – in un’ ottica cooperativa – essere costantemente sottoposti a verifica dell’efficacia degli stessi. Nelle 6 appendici conclusive troviamo una scheda relativa all’apprendimento del modello ABCDE, uno schema di seduta, un modulo per la raccolta dei dati personali, una scheda sulle strategie di disputing nel training REBT, uno schema REBT di auto-aiuto per il paziente e, infine, delle informazioni sui compiti a casa.

Ciò che rende questo manuale estremamente interessante è la capacità di essere, allo stesso tempo, una “guida” (in grado di esplicare una vasta gamma di strategie cognitive, emotive e comportamentali attraverso l’utilizzo di numerosi esemplificazioni cliniche) e uno spunto di riflessione continuo sulle difficoltà che il terapeuta e il paziente possono incontrare sia nell’apprendimento dei principi fondanti la REBT, sia nella gestione delle dinamiche transferali e controtransferali. Infatti, in una terapia molto “attiva” (che stimola e talvolta “sfida” il cliente a “sostituire” pensieri disfunzionali con pensieri maggiormente “adattivi”), tali dinamiche possono essere oggetto di continue oscillazioni e ridefinizioni.

Questo punto, che può apparire come un aspetto di “debolezza” (che può caratterizzare anche altre forme “direttive” di terapia come, ad esempio, la Dialectical Behavior Therapy ideata da Marsha Linehan), se adeguatamente gestito attraverso la formazione personale, l’attenzione focalizzata sulle dinamiche interpersonali e le supervisioni da parte di terapeuti esperti con formazione teorica coerente al modello utilizzato, può costituire, al contrario, un punto di forza della terapia stessa. Difatti, la possibilità di affrontare (e declinare attraverso un discernimento condiviso) le inevitabili difficoltà comportamentali ed emotive all’interno di un rapporto terapeutico orientato “fattivamente” al cambiamento, può favorire una progressiva riduzione dell’intensità emotiva attraverso una maggiore comprensione della vulnerabilità personale e lo sviluppo della capacità di tollerare i fallimenti.

In un’ottica evolutiva, tale comprensione – se opportunamente “guidata” – favorisce lo sviluppo di un senso di mastery adeguato che può rinforzare, contestualmente, l’alleanza terapeutica e l’efficacia della terapia stessa.

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BIBLIOGRAFIA:

 

Autore: Dott. Walter Sapuppo

Psicologo, AAI Certified Coder, svolge la sua attività clinica tra Napoli e Roma. Socio della Società Italiana di Terapia Comportamentale e Cognitiva (SITCC) e della Society for Psychotherapy Research (SPR). È docente presso le Scuole di Psicoterapia “Studi Cognitivi”. E’ stato Professore a Contratto presso il CDL in “Psicologia Clinica”, Docente al Master di II Livello in “Psicodiagnostica clinica dell’individuo e delle istituzioni” presso la Seconda Università degli Studi di Napoli ed è autore di pubblicazioni scientifiche su Disturbi del Comportamento Alimentare, Cicli Cognitivo-Interpersonali, “process” terapeutico e psicopatologia correlata ai traumi. 

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