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I Disturbi Dissociativi della Coscienza di Giuseppe Miti – Recensione

L'’autore propone una descrizione chiara dei Disturbi dissociativi della coscienza con interessanti spunti di riflessione e utili indicazioni terapeutiche

Di Emma Fadda

Pubblicato il 17 Giu. 2014

 I Disturbi dissociativi della coscienza

Di Giuseppe Miti (2013). Carocci, Roma

 

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I Disturbi Dissociativi della coscienza rappresenta il tentativo ben riuscito dell’autore di offrire una descrizione chiara e precisa dei disturbi dissociativi della coscienza con un occhio attento per la nuova classificazione Diagnostica proposta dal DSM-V e per recenti linee guida internazionali al trattamento.

[blockquote style=”1″]È dunque da attribuirsi più all’esigente natura delle mie aspirazioni che a una mia speciale degradazione, il motivo per cui si separarono in me, con un solco più profondo, le regioni del bene e del male che dividono e compongono ad un tempo la duplice natura dell’uomo. Per quanto io fossi preda di un profondo dualismo, le due nature in me coesistevano in perfetta buona fede, ed ero ugualmente me stesso sia quando, sciolto ogni freno, ero immerso nella vergogna, sia quando mi affaticavo a lavorare per il progresso della scienza o per dare sollievo al dolore e alla sofferenza.[/blockquote]

Robert Louis Stevenson, Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde

I disturbi dissociativi rappresentano una realtà psicopatologica non così rara come molti clinici sono ancora soliti pensare, ma che sempre più frequentemente sono oggetto di osservazione e trattamento. Non solo, ma la loro esistenza pone il clinico di fronte al problema di come il trauma precoce produca dei profondi e  potenti effetti sulla dimensione della coscienza umana, in cui il mondo relazionale dell’individuo gioca un ruolo cruciale.

Questa riflessione e tante altre ci vengono offerte da Giuseppe Miti nel suo libro I Disturbi dissociativi della coscienza, che rappresenta il tentativo ben riuscito dell’autore di offrire una descrizione chiara e precisa dei disturbi dissociativi della coscienza con un occhio attento per la nuova classificazione Diagnostica proposta dal DSM-V e per recenti linee guida internazionali al trattamento.

Ma il libro di Miti è molto di più, nella misura in cui offre al lettore degli spunti di riflessione interessanti sul tema della coscienza e della dissociazione sotto il profilo storico-culturale, scientifico, neurofisiologico e clinico.

Il testo offre prima di tutto al lettore una precisa definizione del termine coscienza, della sua evoluzione nel corso degli anni, sino all’identificazione, attraverso i dati provenienti dai più recenti studi neuropsicologici, della sua origine intrinsecamente relazionale, ovvero emergente dal costante dialogo tra mondo esterno e processi di memoria.

Di qui il concetto di dissociazione, dal modello Janetiano di Isteria alle concettualizzazione degli anni ’80, che pensavano il fenomeno da un lato come parte di un continuum e dall’altro come entità a sé stante e qualitativamente diversa dalle altre. Non mancano gli ultimi e più interessanti sviluppi del concetto di dissociazione, che affondano le loro radici nella teoria dell’attaccamento, e sulla base della quale la dissociazione viene proposta, non più come processo difensivo a seguito del trauma, ma come tentativo di inibire l’attivazione del sistema motivazione dell’attaccamento a scopo protettivo rispetto alle esperienze terrifiche e non-integrabili.

Ad una precisa descrizione dell’attuale classificazione dei disturbi dissociativi proposta dal DSM-V, dove non manca la sottolineatura degli aspetti di continuità e di novità rispetto alla nosografia precedente, segue un capitolo interamente dedicato dall’autore alla memoria e ai ricordi, così intimamente connessi al fenomeno della dissociazione.

I diversi sistemi mnestici vengono descritti da un punto di vista funzionale, dei circuiti neuronali coinvolti e del loro sviluppo precoce nel bambino così come gli effetti che su di essi esercitano le memorie traumatiche, producendo da un lato la sintomatologia più propriamente osservabile nel PTSD e dall’altro i disturbi della coscienza e della memoria. Il coinvolgimento di tali funzioni viene quindi approfondita con riferimento alla neurobiologia delle emozioni, con attenzione al ruolo che i fattori ambientali giocano nella modulazione dell’amnesia e dei falsi ricordi.

L’autore propone a questo punto una riflessione sulla linee guida internazionali di trattamento dei disturbi dissociativi, sottolineando da un lato la maggiore utilità rispetto alle tecniche terapeutiche classiche di quelle più recenti, quali la psicoterapia Sensomotoria, l’EMDR e la Mindfulness, nell’elaborazione e integrazione delle memorie traumatiche. Dall’altro, attraverso la proposta di un caso clinico, stimola nel lettore la riflessione sulle difficoltà e gli errori che possono essere commessi nella psicoterapia con questi pazienti, non priva di insidie, momenti di stallo e soprattutto attacchi alla relazione terapeutica, frutto del costante attivarsi di sistemi motivazionali differenti, la cui gestione rappresenta un elemento cardine del lavoro clinico.

L’efficacia degli interventi terapeutici bottom-up viene inoltre spiegata dall’autore attraverso un attento approfondimento della Teoria Polivagale di Porges (2001), che aiuta il clinico a comprendere l’origine dei deficit conseguenti al trauma da un punto di vista neurfisiologico.

Grande interesse è infine l’ultimo capitolo, che Miti dedica al tema della possessione, con cura e precisione analizzato nella sua evoluzione storica, culturale e religiosa, offrendo al lettore molteplici spunti di riflessione su un fenomeno che il clinico può incontrare nella sua pratica, e che non si caratterizza solamente per la complessità degli elementi che caratterizzano il funzionamento psichico del paziente ma anche per i significati, gli effetti e le influenze che il mondo relazionale e interpersonale dell’individuo, prima bambino, esercita su di esso.

Un testo quindi, quello di Miti, che offre spunti di riflessione interessanti e indicazioni terapeutiche utili al clinico che tratta nella sua pratica questi pazienti così complessi, così come per il clinico che si avvicina per la prima volta alla comprensione dei significati connessi ai fenomeni dissociativi.  

 

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Emma Fadda
Emma Fadda

Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale, PhD presso l'Università Vita-Salute San Raffaele

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