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Più forti delle avversità (2014). Recensione – Letteratura & Psicologia

Più forti delle avversità (2014). La capacità che ognuno di noi ha di resistere agli eventi negativi e di superarli è riassunta nel termine “resilienza”.

Di Marianna Palermo

Pubblicato il 23 Gen. 2014

 Recensione del libro:

Più forti delle avversità

di Anna Oliverio Ferraris e Alberto Oliverio

Bollati Boringhieri

(2013)

 

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Più forte delle avversità - Oliverio Ferraris-Oliverio. Più forti delle avversità: esperienze negative, ansiogene e, talvolta, addirittura traumatiche possono, purtroppo, colpire la nostra esistenza, stravolgerla e comportare una serie di cambiamenti di natura emotiva, economica o fisica.

La psicologia si è occupata di indagare le conseguenze derivanti da lutti, catastrofi naturali, difficoltà economiche e altre esperienze stressanti, ma ciò che è emerso da diversi studi condotti è che se alcune persone tendono a farsi travolgere dagli eventi senza avere la forza di reagire, altre sono capaci di trovare interiormente la forza d’animo per affrontare le problematiche e trovarne una soluzione. Dunque, un aspetto sul quale la recente psicologia clinica vuole porre l’attenzione riguarda la capacità che ognuno di noi ha di resistere agli eventi negativi e di superarli e tale concetto è riassunto nel termine “resilienza”.

Il saggio intitolato “Più forti delle avversità” scritto da Anna Oliverio Ferraris e Alberto Oliverio della casa editrice Bollati Boringhieri in uscita il prossimo 23 Gennaio, si propone di mettere in evidenza la complessità del concetto “resilienza” e la pluralità di contesti in cui essa può rivelarsi funzionale ed essenziale per la sopravvivenza e il superamento di eventi negativi: infatti, non solo il singolo individuo, ma anche le collettività, come la famiglia, la scuola e le organizzazioni lavorative possono risultare resilienti.

Secondo gli autori, per superare le difficoltà, diventa importante puntare su fattori protettivi e di compenso, che risultano diversi a seconda dei contesti e delle età: la rete sociale, il supporto della famiglia, il gioco, la ricerca di soluzioni innovative o un semplice cambio di prospettiva nell’interpretare gli eventi possono favorire l’accettazione delle avversità e il loro superamento.

Un aspetto rilevante di questo saggio è quello di aver messo in evidenza come per ciascuna delle fasi della propria esistenza, dall’infanzia alla terza età esistano delle difese o delle risorse che consentono di adattarsi agli eventi e di accettarli: ad esempio, durante l’infanzia sia il gioco che l’immaginazione possono consentire di sviluppare delle competenze sociali ed emotive, affrontare gli eventi, trovare soluzioni alternative, diventare più sicuri e fiduciosi; l’amico immaginario potrebbe aiutare i bambini ad affrontare le loro paure e a non sentirsi soli di fronte alle difficoltà.

Ma un fattore importantissimo che, secondo gli autori, favorisce la resilienza nei bambini è la relazione di attaccamento sicuro con la propria madre: poter contare su una “base sicura” consente di essere più ottimisti, fiduciosi, ci rassicura e ci incoraggia ad affrontare gli eventi negativi senza perdersi d’animo. Tuttavia, la figura materna non è la sola che può diventare un’ancora di salvezza e un punto di riferimento nei momenti difficili; anche altre figure significative per il bambino, quali i nonni, i fratelli o la tata possono fornire supporto e protezione, soprattutto nei casi in cui la mamma non è “sufficientemente buona”. Persino la scuola potrebbe costituire un contesto capace di fornire sicurezza, se l’insegnante non si propone esclusivamente di impartire delle nozioni, ma si presenta come guida e figura di riferimento. Ed infine la rete di sostegno, composta da amici, familiari, colleghi, ecc. potrebbe rivelarsi una risorsa per affrontare le difficoltà durante l’intero arco della propria esistenza.

E’ per questo motivo che, affinché un intervento psicologico sia efficace, secondo gli autori, sarebbe opportuno non agire soltanto sul singolo ma tener conto dei rapporti tra l’individuo, la famiglia e la rete sociale; bisognerebbe aiutare la persona a ritrovare la speranza, la sicurezza, anche grazie al supporto fornito dall’ambiente in cui vive.

Un concetto rilevante riportato in questo saggio è che anche durante la terza età si può essere resilienti e capaci di accettare i cambiamenti psicofisici che, inevitabilmente, si verificano durante la vecchiaia: tenere la mente e la memoria in allenamento, dedicarsi ad un hobby, intrattenere relazioni sociali sono considerati comportamenti resilienti.

Ed infine, possono anche le organizzazioni mettere in atto comportamenti resilienti? Secondo Anna Oliverio Ferraris e Alberto Oliverio sì: infatti, alcune di esse sono capaci di adattarsi ai cambiamenti economici, sociali e culturali della società in cui vivono e, per questo, applicano dei cambiamenti anche al proprio interno; altre, invece, soccombono, in quanto non si evolvono al passo con i tempi e restano ancorate a strategie tradizionali e, dunque, obsolete.

Il libro risulta di facile lettura, scritto con un linguaggio semplice seppur preciso e non mancano riferimenti degni di nota a testi e pellicole cinematografiche di spicco.

La lettura del saggio è consigliata a psicologi, psicoterapeuti, educatori, ma soprattutto a chiunque voglia comprendere come si possa essere più forti delle avversità, perché c’è sempre una speranza, un modo per ricominciare e forse la frase pronunciata da Don Abbondio ne “I promessi sposi”: “Il coraggio uno non se lo può dare!” non è poi così vera.

 

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Marianna Palermo
Marianna Palermo

Dottoressa in Psicologia Clinica

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