I ricercatori sostengono che ci sia qualcosa di interessante nel passare da una lingua ad un’altra nel corso di una conversazione, qualcosa che aiuta a spiegare perché le persone bilingui sviluppino la demenza 5 anni più tardi.
La prova del fatto che parlare più di una lingua sia vantaggioso per il nostro cervello deriva da un recente studio in cui si è riscontrato che la demenza si sviluppa più tardi in persone bilingui rispetto a persone che parlano una sola lingua.
Questo studio, condotto in India e pubblicato sulla rivista Neurology non è il primo che arriva a questo tipo di conclusioni, ma è il più ampio e introduce nuovi interessanti dettagli: i risultati si riscontrano anche in persone prive di cultura, il che significa che il possibile effetto non è necessariamente legato ad un’educazione ufficiale.
Infatti, i ricercatori sostengono che ci sia qualcosa di interessante nel passare da una lingua ad un’altra nel corso di una conversazione, qualcosa che aiuta a spiegare perché le persone bilingui sviluppino la demenza 5 anni più tardi. Quando si mettono a confronto tra loro persone prive di cultura, quelle che parlano più di una lingua sviluppano demenza 6 anni più tardi.
“Sappiamo da altri studi che l’attività mentale porta a degli indiscussi effetti protettivi” afferma Thomas Bak, co-autore e neurologo presso l’Università di Edimburgo, e continua dicendo “Il bilinguismo combina insieme differenti attività mentali, come ad esempio cambiare suoni, nozioni, strutture grammaticali e concetti culturali. Esso stimola il cervello per tutto il tempo”.
In questo studio Bak e colleghi hanno analizzato 648 casi di pazienti con demenza ed è stata confrontata l’età di insorgenza dei primi sintomi in gruppi monolingui e gruppi bilingui.
La location è stata di importanza chiave poiché la maggior parte dei residenti in India parla 2 o 3 lingue, tipicamente un insieme della lingua ufficiale (Telugu), del dialetto e dell’Inglese.
Più della metà delle persone con demenza prese in esame erano bilingui o multilingui e i ricercatori hanno trovato che queste persone hanno sviluppato i loro primi sintomi ad un’età media di 65 anni, 5 anni dopo rispetto all’insorgenza a 61 anni nelle persone che parlavano una sola lingua. Queste differenze sono state riscontrate per diversi tipi di demenza, incluso l’ Alzheimer, la demenza vascolare e la demenza frontotemporale.
Anche due studi precedenti condotti in Ontario, Canada, avevano riscontrato un ritardo dell’insorgenza dell’Alzheimer in persone bilingui. Ma in questi studi, le persone bilingui erano prevalentemente immigrate, quindi il nuovo studio di Bak e colleghi risulta più convincente per il fatto che sono state studiate persone cresciute nella stessa nazione e con la stessa cultura.
In conclusione, tutte queste ricerche offrono un buon motivo ai genitori per far imparare ai figli lingue straniere durante la loro crescita e per incentivare le famiglie bilingui ad utilizzare più di una lingua a casa.
LEGGI:
BILINGUISMO – DEMENZA – TERZA ETA’
Bilinguismo e Flessibilità Cognitiva negli Anziani
BIBLIOGRAFIA:
- Alladi S., Bak T.H., Duggirala V., Surampudi B., Shailaja M., Shukla A.K., Chaudhuri J.R., Kaul S. (2013) “Bilingualism delays age at onset of dementia, indipendent of education and immigration status“. American Accademy of Neurology, 81, 1-7.