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La ricerca in psicoterapia: dove si impara, dove si fa. SPR URBINO 2013

SPR Urbino 2013: La Ricerca in Psicoterapia: dove si impara, dove si fa. Università, scuole di formazione, Servizi Pubblici. Reportage dal Congresso

Di Chiara Manfredi

Pubblicato il 07 Giu. 2013

SPR – Italy Area Group

SOCIETY FOR PSYCHOTHERAPY RESEARCH

La ricerca in psicoterapia: dove si impara, dove si fa.

SPR Urbino 2013 - Reportage Università, Scuole di formazione, Servizi pubblici.

URBINO, 10 – 11 MAGGIO 2013

Uno degli aspetti più interessanti di questo convegno è stata proprio la commistione di diversi linguaggi, diverse estrazioni e diverse prospettive, in un’ottica di integrazione e contaminazione fertile piuttosto che di contrapposizione e sfida.

Il 10 e 11 maggio si è svolto a Urbino il congresso organizzato dalla sezione Italiana della Society for Psychotherapy and Research (SPR) dal titolo “La ricerca in psicoterapia: dove si impara, dove si fa. Università, Scuole di formazione, Servizi pubblici”.

Il programma si è strutturato tra main lectures, workshops e simposi di importanti esponenti della scena psicologica italiana e comunicazioni e poster in cui ricercatori di diversi orientamenti e ambiti hanno presentato i propri lavori di ricerca al pubblico.

Il clima è stato caratterizzato da una forte propensione al confronto, sia da parte dei mentori che da parte dei giovani, con un’attenzione genuina e proficua ai lavori degli altri.

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Dopo una carrellata iniziale in cui ci si è soffermati sullo stato dell’arte rispetto alla ricerca nelle sue diverse accezioni (qualitativa e quantitativa) e nei diversi contesti (servizi pubblici o enti privati), i relatori si sono concentrati su alcuni interessanti approcci e chiavi di lettura della psicopatologia, ancora una volta proposti come possibili punti di accesso al dolore e al disagio del paziente, ma passibili di modifiche e con un atteggiamento di estrema apertura nei confronti di osservazioni e possibili critiche.

In questo senso, la Dr.ssa Sassaroli ha presentato il LIBET, come nuova concettualizzazione della sofferenza in termini di temi di vita dolenti e piani di vita sviluppati con lo scopo di fare fronte a questo dolore. La platea ha accolto con interesse e curiosità la concettualizzazione proposta, integrandola con osservazioni e ponendo confronti tra questa e gli altri approcci recenti.

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In seguito, il Dr. Popolo prima e il Dr. Bruno poi hanno proposto due interessanti lavori di ricerca rispettivamente sulle psicosi e sui disturbi alimentari entrambi in ambito ospedaliero, ancora una volta presentati relativamente alla metodologia e ai risultati preliminari e accolti con interesse da parte degli uditori.

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Infine, a chiusura del primo Simposio, il Dr. Cafforio si è occupato della Diagnosi psicologica in ambito pubblico.

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In seguito, un intero pomeriggio è stato dedicato alla presentazione di due serie di comunicazioni libere in parallelo, da parte di ricercatori con diverse estrazioni sia in termini di contesto (pubblico, accademico, privato) che di approccio di riferimento (cognitivo, psicodinamico, etc.).

Mentre alcune relazioni hanno presentato lavori di ricerca terminati e di cui è stato possibile condividere risultati e implicazioni cliniche, altre hanno proposto ricerche in itinere, di cui sono stati visionati solo i risultati preliminari. Altre ricerche ancora hanno presentato solo il planning di quella che sarà la raccolta dati, insieme al background da cui sono state mosse le ipotesi di ricerca.

Uno degli aspetti più interessanti di questo convegno è stata proprio la commistione di diversi linguaggi, diverse estrazioni e diverse prospettive, in un’ottica di integrazione e contaminazione fertile piuttosto che di contrapposizione e sfida.

In questo modo, per esempio, anche le ricerche in una fase più acerba hanno potuto beneficiare delle osservazioni della platea, magari da parte di esponenti di altre correnti di pensiero, in un approccio migliorativo in cui davvero le diverse competenze maturate da persone che differiscono per orientamento, età, anni di esperienza, ambiti di operatività, hanno potuto migliorare la parzialità che una visione unilaterale per forza implica, aggiungendo sfaccettature che più facilmente possono portare a una visione bifocale e laterale del medesimo fenomeno.

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Se davvero fare ricerca oggi in Italia è complicato, per carenza di fondi stanziati ad hoc, di strumenti e di conseguenza di persone formate per farla, è certo che un atteggiamento di sfida e competizione nel tentativo di dimostrare quanto la ricerca quantitativa sia più o meno scientifica, più o meno artificiosa e naturalistica di quella qualitativa, di dimostrare come l’approccio cognitivo si presti più di quello psicodinamico oppure di come le università siano più rigorose delle grandi organizzazione come sono per antonomasia le AUSL, sia sterile e a grande rischio di separazione anziché unificazione.

Davanti a un contesto scientifico in cui sempre di più chi propone nuovi approcci anziché cercare un dialogo con quello che già esiste o con quello che con loro sta emergendo, fonda nuove società e propone nuovi convegni mono-approccio e mono-tema, penso che l’umiltà e il coraggio di confrontarsi con chi parla tutt’altra lingua possa invece essere un quid in più per migliorare la ricerca, perché chi osserva le cose da un punto di vista differente dal proprio può portare a un insight, uno sguardo che il nostro occhio educato in un certo modo può fare davvero fatica a cogliere.

In qualche modo, quindi, la possibilità di discutere della propria ricerca o del proprio abito in un clima che sia davvero migliorativo e valorizzante può essere quello che aiuta la ricerca e che sprona verso nuove concettualizzazioni in un clima in cui fare della ricerca un’attività strutturata è già così tanto difficile per motivazioni logistiche e economiche.

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Chiara Manfredi
Chiara Manfredi

Teaching Instructor presso Sigmund Freud University Milano, Ricercatrice per Studi Cognitivi.

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