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Il Colloquio Psicologico: Come Agire nel Primo Colloquio #6

Colloquio Psicologico: Il colloquio è composto anche di silenzi. A volte questi hanno una funzione terapeutica, altre volte sono sintomo di ostilità

Di Gabriele Caselli

Pubblicato il 14 Mag. 2013

 

Il Colloquio Psicologico:

Come Agire nel Primo Colloquio– Parte 6

LEGGI: PARTE 1 – PARTE 2 – PARTE 3 – PARTE 4 – PARTE 5

 

COME AFFRONTARE IL SILENZIO

“Il guerriero conosce il silenzio che precede un combattimento importante. […]

Il guerriero presta attenzione al silenzio. In qualche luogo, qualcosa sta accadendo.”

[Coelho, Manuale del guerriero della luce, 1997, p.75]

 

Il Colloquio Psicologico. Come Agire nel Primo Colloquio #5. - Immagine: © Viorel Sima - Fotolia.comColloquio Psicologico: Il colloquio è composto anche di silenzi. A volte questi hanno una funzione terapeutica, altre volte sono sintomo di ostilità.

IL COLLOQUIO PSICOLOGICO – MONOGRAFIA

La sessione di colloquio è composta anche di silenzi. A volte questi hanno una funzione terapeutica, quando l’insight e il cambiamento di prospettiva si stanno realizzando nella mente del paziente, a volte sono invece sintomo di ostilità e rappresentano un ostacolo che lo psicologo deve superare per costruire un modello comunicativo. In entrambi i casi si può intervenire rimanendo in silenzio e aspettando, e spesso ciò porta a più risultati di quanto si potrebbe pensare, oppure agendo come degli specchi mostrando al soggetto come viene visto dagli occhi del terapeuta, per esempio dicendo: “sembra proprio che lei non abbia la minima voglia di essere qui”.

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L’efficacia di queste semplici strategie varia in relazione al tipo di silenzio. Fine e Glasser [1996] individuano cinque categorie:

1) Silenzio di Riflessione: in cui il paziente sta cercando di comprendere i significati e le conseguenze delle nuove prospettive scoperte nel corso del colloquio e delle esperienze di insight vissute. L’utilità terapeutica di questo silenzio è tale che non deve essere disturbata dallo psicologo.

2) Silenzio di organizzazione di pensieri ed emozioni: in cui il paziente sta cercando di fare il punto della situazione dentro di sé, nominando e ordinando emozioni e sentimenti. Il terapeuta può intervenire per cercare di comprendere insieme ciò che sta provando.

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Il silenzio in terapia. - Immagine: © olly - Fotolia.com
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3) Silenzio dell’emozione: quello che si verifica in concomitanza con lo sfogo catartico, lo psicologo deve consentire l’esperienza impedendo un abbandono totale ad essa.

4) Silenzio di confusione: quando il paziente, in seguito alla scoperta di nuovi punti di vista, perde le sue certezze; in tal caso il terapeuta deve intervenire cercando di fare chiarezza assieme a lui.

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5) Silenzio di ostilità: quando il paziente genere un atmosfera di tensione manifestando la sua scarsa volontà collaborativa attraverso il silenzio. In questi casi il terapeuta deve cercare di smuoverlo quel tanto che basta per arrivare alla formulazione di un precontratto che garantisca un minimo di collaborazione. Questo si può ottenere agendo come specchio  con affermazioni del tipo: “mi sto chiedendo a cosa pensa e quale ostacolo le impedisce di parlare”.

          

 “Egli non si lascia intimidire dal silenzio, dall’indifferenza, o dal rifiuto. Sa che, dietro la maschere di ghiaccio che usano gli uomini, c’è un cuore di fuoco.”

[Coelho, Manuale del guerriero della luce, 1997, p.74]

 

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Detto ciò risulta chiaro la rilevanza dell’esperienza del terapeuta nel nominare con chiarezza il tipo di silenzio a cui si trova di fronte e nel saperlo trattare nel modo corretto anche perché essi hanno significati molto diversi. Vi sono silenzi fondamentali per il buon esito del colloquio che non devono essere interrotti e altri che, se non sono interrotti, impediranno qualsiasi forma di colloquio stesso.

 

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IL COLLOQUIO PSICOLOGICO – MONOGRAFIA

 

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

 

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Gabriele Caselli
Gabriele Caselli

Direttore scientifico Gruppo Studi Cognitivi, Professore di Psicologia Clinica presso la Sigmund Freud University di Milano e Vienna

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