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Il Colloquio Psicologico: Cosa Fare nel Primo Colloquio #1

Il Colloquio Psicologico: Cosa Fare nel Primo Colloquio. Raggiungere un quadro generale del paziente e costruire un rapporto di fiducia.

Di Gabriele Caselli

Pubblicato il 26 Feb. 2013

Aggiornato il 21 Mar. 2013 12:39

COSA FARE NEL PRIMO COLLOQUIO

IL COLLOQUIO PSICOLOGICO – MONOGRAFIA

Il Colloquio Psicologico:Cosa Fare nel Primo Colloquio #1. Immagine: © Oleksii Sergieiev - Fotolia.com

I principi di base esposti negli articoli precedenti devono essere applicati nel corso del colloquio psicologico. Per fare ciò è necessario, innanzitutto, capire cosa si deve ottenere dal terapia, e come si può ottenerlo.

In questo capitolo verranno sintetizzate le tappe che devono essere percorse nella preparazione e nello svolgimento del primo colloquio. Nella realizzazione di ciascuno di questi punti lo psicologo ha il compito di rispettare i principi di base. Alcuni di questi posseggono un proprio momento di realizzazione ben definito, altri sono maggiormente pervasivi delle diverse tappe della terapia. Con l’esperienza la realizzazione di questi principi perderà il sapore tecnicistico e meccanico per diventare un processo del tutto naturale, appartenente al modo di essere dello psicologo.

Fine e Glasser [1996] hanno stilato un elenco di informazioni che devono essere conosciute al termine del colloquio. Il raggiungimento di un quadro generale mediante la conoscenza di tali informazioni è l’obiettivo principale, assieme alla costruzione di un rapporto di fiducia, del primo colloquio.

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E’ utile controllare questa lista sia prima che dopo il colloquio per capire quali obiettivi sono stati raggiunti e quali no, quali sono stati affrontati e quali sono stati celati per essere esposti più avanti nella terapia. Se lo psicologo si rende conto di non aver approfondito alcuni aspetti è bene che lo ricordi per affrontarli nelle sessioni successive. Allo stesso tempo, però, può decidere spontaneamente di rinviare alcuni argomenti a momenti della terapia in cui il rapporto con il cliente si sia già fortificato. Il Colloquio Psicologico – I Principi della Comunicazione Terapeutica #2. - Immagine: © olly - Fotolia.com

“ Un guerriero della luce ha bisogno di pazienza e rapidità allo stesso tempo.

I due maggiori errori di una strategia sono: agire prima del tempo e farsi sfuggire l’occasione. Per evitarli, il guerriero della luce tratta ogni situazione come se fosse unica, e non applica formule, ricette, o risoluzioni altrui.”

[Coelho, Manuale del guerriero della luce, 1997, p.61]

Sta all’esperienza del professionista capire quali informazioni è meglio conoscere subito, quali, tra quelle tralasciate, è importante recuperare e secondo quali tempi.

In questo articolo e in quelli che seguiranno verranno descritti le singole componenti di informazioni che devono essere lo scheletro degli obiettivi di conoscenza del primo colloquio.

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DESCRIZIONE DEL CLIENTE

“Senza mostrare paura o vigliaccheria, cerca di scoprire perché l’altro vuole la lotta; quali cose lo hanno spinto a lasciare il paese e a cercare lui per un duello.”

[Coelho, Manuale del guerriero della luce, 1997, p.87]

Dal primo colloquio noi dobbiamo ottenere una descrizione completa del cliente che possa servire da cornice per inquadrare in quali dinamiche si è costruito il problema.

Quando una persona affronta un colloquio psicologico vi conduce all’interno tre tipi di informazioni su di sé: informazioni formali, informazioni sui propri modelli comportamentali e di comunicazione e informazioni sulle proprie convinzioni, pregiudizi e valori. 

Le informazioni formali che vengono raccolte nel corso del colloquio possono essere di tre tipi. Le informazioni essenziali comprendono: nome e indirizzo, composizione della famiglia, età anagrafica del cliente e dei componenti del nucleo familiare, reddito (soprattutto se il professionista lavora per qualche ente sociale), durata di permanenza nel luogo di residenza, ragioni che hanno spinto a cercare aiuto ecc… Come si può osservare rappresentano più che altro dei dati di base che permettono un inquadramento molto generale della situazione.Vengono spesso raccolti attraverso un questionario somministrato all’inizio o alla fine del colloquio in modo che questa formalità non interrompa in alcun modo il flusso del discorso.

Le informazioni sull’ambiente di vita sono un altro punto centrale della descrizione del cliente perché influiscono profondamente sul suo comportamento e, quindi, sul suo problema.Queste informazioni sono risultate essere centrali quando si lavora con persone che percepiscono redditi molto bassi o che appartengono a minoranze. In particolar modo ci si propone di raggiungere una valutazione delle caratteristiche sia del proprio ambiente fisico, sia del proprio ambiente sociale e di determinare in che misura questi hanno contribuito, e stanno contribuendo, alle dinamiche di sostegno dei comportamenti problematici. E’ importante capire in questa fase in quali condizioni versa la rete di relazioni sociali del cliente e come le persone a lui più vicine si sono rapportate con il suo problema, se hanno accettato o meno la sua definizione di quest’ultimo.

Tribolazioni. Di Roberto Lorenzini – No Conflict. -Immagine: © olly - Fotolia.com
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Infine, un altro gruppo di informazioni rilevanti è quello che riguarda la storia personale del cliente. Anche se nel corso del colloquio è bene cercare di evitare che il cliente divaghi eccessivamente dal nucleo del problema, è utile recepire il maggior numero di informazioni possibili sugli eventi importanti della vita del soggetto, soprattutto quelli che lui stesso descrive come rilevanti, quelli che tratta con leggerezza e quelli di cui non vuole parlare. Queste informazioni possono essere molto utili all’analisi delle dinamiche comportamentali alla base del problema. Alcune di queste, ritenute particolarmente rilevanti da questo punto di vista, potrebbero divenire oggetto di analisi più avanti nella terapia.

Ascoltando e osservando il cliente, lo psicologo può recepire informazioni sui suoi modelli comportamentali e comunicativi, che probabilmente rivestono un ruolo importante nel mantenimento del problema. L’obiettivo del terapeuta è quello di aiutare il cliente a spostarsi da questi modelli verso stili comportamentali più produttivi e meno problematici.

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Osservare quali siano i comportamenti centrali nella definizione del problema è utile non solo alla diagnosi scritta ma anche per comprendere dove si può intervenire per rompere quel circuito di rinforzi che mantengono il disturbo, dove si può intervenire per portare al cambiamento. Ovviamente in questa prima fase l’interesse dello psicologo è quello di capire prima che di cambiare. Non si può saltare immediatamente alle conclusioni, ma registrare queste informazioni, sottolineando nella propria mente quelle che intuito ed esperienza mettono in rilievo come centrali rispetto alle altre.

Infine, la descrizione del cliente si completa con le informazioni sulle sue convinzioni, valori pregiudizi e sul suo modo di pensare e organizzare i dati provenienti dall’universo caotico rappresentato dall’ambiente che lo circonda. Si è già accennato a come i canali comunicativi di emozioni, comportamenti e cognizioni siano in parte interdipendenti e in parte indipendenti tra loro e di come sia necessario prenderli tutti in considerazione per avere una quadro generale del “tutto” problematico. Per questo motivo la stessa attenzione posta nell’analisi dei comportamenti deve essere usata quando si parla di analisi delle convinzioni.

L’interesse del professionista, a questo livello, non si può fermare alle credenze del cliente senza esplorare come costui elabora le informazioni dell’universo caotico, in particolare valutando il livello di strutturazione e di astrazione del suo pensiero e l’utilizzo di una logica lineare o circolare [Sternberg, 1994].

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L’atteggiamento con cui lo psicologo si rapporta alle informazioni tratte dal colloquio psicologico è quello di colui che raccoglie elementi ora, per una selezione futura di quali aspetti trattare. La fase di descrizione del cliente non è una fase in cui si cerca di cambiarlo, solo dopo aver un quadro ben definito delle parti del “tutto” si può pensare a come intervenire su ciascuna.

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DESCRIZIONE DEI PRIMI MOMENTI DEL COLLOQUIO

Durante il colloquio è necessario analizzare con particolare cura i primi momenti della comunicazione con il paziente. Ciò permette di recepire i segnali riguardanti il comportamento dei pazienti e il loro atteggiamento nei confronti del terapia e del terapeuta. Grazie a questi primi momenti lo psicologo è in grado di avere un’ idea su come il paziente affronterà la relazione sociale con lui e di come dovrà intervenire per riuscire a stabilire un rapporto di fiducia.

Inoltre questi primi momenti servono anche per conoscere i propri pregiudizi che si attivano nei confronti del cliente, capire cosa li ha generati ed essere in grado di distaccarsi da loro per mantenere una visione oggettiva e la capacità di trasmettere un senso di accettazione completa.

Questo non vuol dire che le intuizioni emerse dopo pochi minuti di colloquio debbano essere scartate, anzi è bene che siano tenute a mente e che siano oggetto di future riflessioni.

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ALLEANZA TERAPEUTICA – IN TERAPIA – CREDENZE – BELIEFS – COLLOQUIO PSICOLOGICO

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Gabriele Caselli
Gabriele Caselli

Direttore scientifico Gruppo Studi Cognitivi, Professore di Psicologia Clinica presso la Sigmund Freud University di Milano e Vienna

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