Report della seconda giornata del Congresso di Neuromusicologia di Brescia
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Dopo una simpatica distrazione che mi ha portato a un concerto mattutino di musica lirica al Teatro Grande di Brescia (sede del primo giorno di congresso), invece che all’Aula Magna della Facoltà di Medicina e Chirurgia (il luogo in cui sarei dovuto andare…), sono riuscito a prendere posto al Congresso, giusto prima del coffee break (non essendo il congresso “foraggiato” dalle case farmaceutiche, si trattava di un coffee break abbastanza sobrio, ma nel complesso soddisfacente. Voto personale: 7). Sono stato subito colpito dalla platea un po’ scarna, considerato il livello piuttosto alto dei contributi scientifici, anche internazionali e questo mi è dispiaciuto molto.
Nella prima relazione a cui ho assistito i neurologi Bertaina e Sandrini dell’IRCSS Fondazione Istituto Neurologico Nazionale C. Mondini di Pavia hanno affrontato il tema dell’uso della musicoterapia attiva (quella in cui il paziente è coinvolto nel fare musica, anche semplicemente battendo le mani ad esempio) nella riabilitazione motoria e emotiva del Morbo di Parkinson. I ricercatori hanno sottolineato come la musicoterapia possa integrarsi alla normale terapia fisica (utilizzata soprattutto per la rigidità) per migliorare gli aspetti della bradicinesia, delle autonomie di base e dell’umore, in linea con precedenti studi (Pacchetti, 2000). Stimolazioni acustiche attraverso appositi metronomi vengono usate in questo disturbo anche per migliorare la marcia.
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Successivamente è toccato alla Dr.ssa Giovagnoli dell’Istituto Neurologico Carlo Besta di Milano mostrare i benefici che la musicoterapia attiva nei pazienti con deterioramento cognitivo lieve (mild cognitive impairment: con punteggi al Mini Mental State Examination compresi tra 20 e 24). Rispetto alla riabilitazione cognitiva, che ha maggiori effetti sulla memoria, la musicoterapia in questi pazienti migliora l’umore e la socializzazione. Non è stato rilevato alcun effetto della musicoterapia sulla Theory of mind (l’abilità di comprendere i processi mentali altrui), mentre studi precedenti avevano mostrato un miglioramento degli aspetti afasici del linguaggio(Brotons, Koger, 2000).
Un musicoterapeuta dell’Istituto Geriatrico Golgi Radaelli di Milano ha evidenziato come la musicoterapia nella Demenza di Alzheimer possa stimolare la memoria autobiografica e la risposta emotiva, migliorare la comunicazione non verbale e la qualità della vita. Dove la parola non arriva più, arriva infatti la musica.
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Successivamente è stato il turno della Dr.ssa Galbiati dell’Istituto Tumori di Milano, che ha illustrato i benefici dell’arteterapia integrata alla musicoterapia su pazienti trattate per tumore al seno. I percorsi di arteterapia nel paziente oncologico si ispirano al lavoro della celebre arteterapeuta Paola Luzzato che ha svolto per tanti anni la professione presso il Memorial Sloan-Kattering Cancer Center di New York. Le pazienti attraverso queste terapie sono incoraggiate a esprimere i propri stati d’animo sulla malattia, soprattutto mediante l’uso di simboli e metafore.
Lo studio osservazionale condotto ha evidenziato che le pazienti coinvolte nella terapia integrata mostravano un miglioramento delle relazioni interpersonali, dell’immagine e della percezione corporea.
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Anche il networking lunch è stato all’insegna di una sana sobrietà e mi ha portato a un singolare incontro con una simpatica collega bulgara neurologa, cantante e reporter (siamo una grande famiglia evidentemente…), che mi ha mostrato una sua versione di I will survive su Youtube.
Il congresso è poi ripreso con l’intervento del professor Stavros J Baloyannis, in assoluto una delle presentazioni più insolite e interessanti a cui abbia mai assistito in vita mia. Baloyannis (con cui non ho resistito a farmi fare una foto), persona coltissima, è un religioso della Chiesa Greco Ortodossa, neurologo e professore presso l’Università Aristoteleliana di Thessaloniki. E’ autore di 625 papers che trattano di neurologia, filosofia, musicologia, e antropologia.
Il titolo della sua relazione era “La filosofia della musica nella Chiesa Ortodossa”. Tutta la presentazione ha avuto in sottofondo un suggestivo coro ortodosso dall’effetto ipnotico, che si integrava ottimamente con la voce soffusa del relatore. Le origini della liturgia bizantina e ortodossa, risalgono al 527 d.C. con l’elezione di Giustiniano I a imperatore dell’impero d’Oriente, ufficiosamente, anche se le radici risalgono a tempi ancora più remoti. Si tratta di una musica solo vocale e monodica.
La finalità di questi canti è quella di indurre uno stato di apatia (non da intendersi in senso clinico psichiatrico), una sorta di serenità caratterizzata dall’assenza di passioni. Questo aspetto si può apprezzare anche nell’iconografia sacra, dove i volti dei santi sembrano trasfigurati, fuori dal tempo, ormai lontani dalle passioni carnali terrene. Baloyannis ha accennato ad alcuni concetti religiosi relativi alla sofferenza come sentimento universale o non individuale (che possiamo trovare anche nel buddismo) e ha poi spiegato come la diffusione di questa musica nei reparti riduca l’aggressività e potenzi l’attività mentale dei pazienti affetti da Demenza di Alzheimer.
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Ha infine presentato i dati di uno studio longitudinale su una comunità monastica del Monte Athos in cui non è stato rilevato un solo caso di demenza sugli oltre 2000 monaci seguiti nel tempo. Si può ipotizzare che questo risultato straordinario sia ascrivibile a una serie di fattori tra cui: la dieta mediterranea, l’ambiente fisico privo di senza stress sociali, l’apatia e la liberazione dalle passioni ottenute anche attraverso il canto della musica bizantina, la vita spirituale con meditazione e preghiera e le aspettative metafisiche sulla vita eterna.
Molto interessante anche il lavoro di Lucia e Michele Cavallari, entrambi musicisti diplomati al conservatorio e musicoterapeuti di Ferrara (www.musicoterapiaferrara.it). Hanno raccontato la propria esperienza nell’ambito della riabilitazione neurologica con pazienti affetti da afasie, disturbi cognitivi e stati vegetativi.
Si tratta di pazienti veramente complessi con estreme difficoltà di comunicazione, per cui l’intervento musicoterapico, o meglio suonoterapico, viene adattato al singolo caso per favorire l’interazione col mondo esterno e il recupero delle funzioni perse. Hanno sottolineato l’importanza di suonare con il paziente in modo attivo e non per il paziente, mostrando anche un video in cui il suonare impediva a un paziente di succhiarsi il dito come riflesso regressivo.
Il Dr. Nuara del San Raffaele di Milano ha illustrato infine il possibile utilizzo della Stimolazione Magnetica Transcranica (Tms), che è stata studiata anche per il trattamento della depressione resistente, nella Sclerosi Multipla.
Nello specifico ha presentato un caso di un pianista di 39 anni, affetto dalla malattia che in seguito al trattamento ha migliorato le performance motorie e la destrezza manuale nel suonare il piano. Sembra che il meccanismo d’azione riguardi il ribilanciamento di fenomeni maladattati di plasticità neuronale e il rinforzo circuiti sensori motori associati al controllo motorio della mano.
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BIBLIOGRAFIA:
- Pacchetti C, Mancini F, Aglieri R, Fundarò C, Martignoni E, Nappi G. Active music therapy in Parkinson’s disease: an integrative method for motor and emotional rehabilitation. Psychosom Med. 2000 May-Jun; 62(3):386-93.
- Brotons M, Koger SM.The impact of music therapy on language functioning in dementia. J Music Ther. 2000 Fall; 37(3):183-95. (DOWNLOAD)