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EABCT 2012 – Le Neuroscienze e la Psicopatologia

Tema centrale della 42esima edizione dell'EABCT: Neuroscienze & Psicoterapia - la CBT opera cambiamenti a livello della mente e del cervello!

Di Francesca Fiore

Pubblicato il 05 Set. 2012

 

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EABCT 2012 Geneva

Nella piovosa Ginevra si è tenuta la quarantaduesima edizione dell’EABCT, dal titolo:”Psychotherapy and Neuroscience: Evidence and Challenges for CBT“.

Come è possibile evincere dal titolo, lo scopo di questo congresso era di stabilire un link tra la patologia mentale e neuroscienze, in particolare le tecniche che studiano le attivazioni di determinate aree cerebrali.

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Diverse sono state le sessioni in cui si è parlato di questa relazione e di questo futuribile scambio di informazioni da utilizzare anche in psicoterapia.

Fondamentalmente le neuroscienze costituiscono una delle componenti più importanti all’interno del background scientifico contemporaneo. Infatti, risultano essere una commistione di discipline che provano ad indagare e verificare attraverso i correlati neurali i comportamenti osservabili. L’italiano Tullio Scrimali, azzarda l’utilizzo di rilevazioni elettrodermiche e elettroencefalografiche durante degli step di psicoterapia, allo scopo di avanzare  nuove ipotesi di intervento, ma attualmente oltre al biofeedback non è possibile capire in che modo queste rilevazioni possano aiutare la psicoterapia se non nella rilevazione di una emotività latente che spesse volte traspare limpida all’occhio del bravo terapeuta.

“Psychotherapy and neuroscience: a promising union” Zindel Segal EABCT 2012
Articolo consigliato: Segal all’ EABCT 2012: Neuroscienze e Mindfulness – Opening Lecture

Durante il congresso molti sono stati gli interventi atti voler indagare cose succede nella mente di una persona che soffre di una patologia in Asse I. Si parte con i correlati neurali dell’ansia sociale; in questi pazienti, rispetto ai controlli sani, si attiva maggiormente l’amigdala, l’insula, la parte mediale del talamo e, l’immancabile, corteccia prefrontale mediana. Dopo una sessione di appraisal è possibile osservare una minore attivazione delle aree in questione rispetto ai controlli. Quindi, l’intervento psicoterapeutico aiuta a far funzionare meno alcune aree. Ma in termini terapeutici questo minor funzionamento come si traduce? A confermarlo sarà un nuovo studio realizzato in Svezia dal gruppo di Stain e collaboratori (2012).

Conclusioni: la psicoterapia, intesa come processo di riapprendimento attraverso costruzione di scenari alternativi, aiuta a far funzionare meno aree e circuiti inerenti all’ansia. Nessuna risposta su come avviene il cambiamento terapeutico e cosa cambia, ma solo quanto cambia.

Prontamente si passa dall’ansia alla depressione in cui si rileva un maggior funzionamento del nucleo accumbens e del circuito talamico-pallido-corticale-striatale-limbico, che risulta essere catecolamine dipendente. Anche in questo caso dopo un percorso terapeutico, non meglio specificato, e una cura farmacologica ad hoc, si rileva una riduzione del funzionamento di queste aree. Altri ancora affermano che sempre con la depressione oltre alla tecnica standard di base terapeutica è possibile usare una strategia basata sulla mindfulness. In questo caso nei pazienti depressi si ha una un aumento dell’attività dell’amigdala e della corteccia prefrontale.

Si passa poi alla schizofrenia dove è possibile riscontare l’attivazione di aree affini a quelle precedenti che dopo task cognitivi proiettati al computer si attivano in maniera sostanzialmente minore.

36 - Tom Borkovec's Keynote - STATE OF MIND & Studi Cognitivi - EABCT 2012 Genève. Pictures from the Congress - © 2011-2012 State of Mind All rights reserved
Articolo consigliato: EABCT 2012 – Non solo Mindfulness: la Keynote di Tom Borkovec

Per concludere, in uno studio si esplorano i correlati neurali specifici della terapia cognitiva. Lo scopo era di individuare qual è l’impatto della CBT sui circuiti neuronali e se ci fossero differenze con la farmacoterapia. I risultati dimostrano che alcuni network cognitivi si modificano sostanzialmente con la psicoterapia. Ma di quali circuiti si tratta? Sempre degli stessi, ovvero la corteccia prefrontale l’amigdala, il talamo e alcuni nuclei sottocorticali.

Concludendo la CBT opera cambiamenti a livello della mente e del cervello! Naturalmente senza distinguere tra nessun tipo di disturbo e tra nessuna area in particolare. Quindi, secondo questo studio (Loftus, 2012),  le neuroimaging dovrebbero essere un ottimo coadiuvante da inserire nei protocolli terapeutici. In che modo?

Morale della favola ginevrina: ci sono molti studi di neuroimaging e molti altri se ne faranno, ma ad oggi la psicoterapia può utilizzare queste tecniche per affermare se sostanzialmente qualcosa cambia. Le neuroimaging non sono supportive al cambiamento terapeutico, ma rilevano un cambiamento e, il più delle volte, non specifico ma generico.    

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