– Rassegna Stampa –
La demenza è la perdita di abilità cognitive precedentemente acquisite (memoria, attenzione e orientamento spazio temporale) e si verifica in gravi disturbi come il morbo di Alzheimer.
Nonostante l’alto tasso di incidenza – circa il 5% della popolazione over 65 anni, e addirittura il 30% degli over 85 – ancora non esiste un trattamento efficace.
Secondo il Prof. Jiska Cohen-Mansfield dell’Università di Tel Aviv Herczeg Institute on Aging e la Sackler Faculty of Medicine, ai malati di demenza vengono spesso prescritti psicofarmaci per attenuare sintomi come i deliri, ma questo può avere conseguenze negative: molte delle fissazioni dei pazienti affetti da demenza possono avere un fondamento razionale, suggerisce Prof.Cohen-Mansfield, e potrebbero essere più efficacemente trattate con la terapia comportamentale piuttosto che farmacologicamente.
Lo studio, condotto in collaborazione con il Prof. Hava Golander del Dipartimento di Scienze infermieristiche e Drs. Joshua Ben-Israel e Doron Garfinkel del Shoham Medical Center, è stato pubblicato sulla rivista Psychiatry Research.
Il campione era costituito da 74 adulti con diagnosi di demenza che risiedevano in case di riposo ed erano molto medicati, il 47 per cento con antidepressivi, un terzo con sedativi / ipnotici e il 13,5 per cento con antipsicotici; i ricercatori hanno esaminato sei categorie comuni di idee fisse, tra cui i timori di abbandono, i sospetti che i propri beni venissero rubati, e la sensazione di non essere “a casa”; la valutazione comprendeva anche lo stato mentale del paziente, la patologia comportamentale, e gli incidenti o i traumi passati. Il team di ricercatori ha anche interrogato i custodi e il personale infermieristico che aveva rapporti quotidiani con i pazienti: ai custodi è stato chiesto di descrivere non solo i deliri del paziente, ma anche di spiegare le circostanze in cui erano emersi.
Tenendo conto di tutti questi parametri, i ricercatori hanno scoperto che una grande percentuale dei deliri che i caregivers descrivevano sembrava avere spiegazioni logiche e riflettere la realtà vissuta dai pazienti. Ad esempio i pazienti che lamentavano di non sentirsi a “casa”: la casa di cura non ha aveva soddisfatto la loro definizione di “casa”, l’ansia poi si è dimostrata una risposta realistica quando accompagnava la separazione dall’ambiente esterno o dai propri cari. Alcune fissazioni erano anche il risultato del ri-vivere da parte del paziente traumi subiti in precedenza.
Questi risultati possono avere un forte impatto sul modo in cui gli operatori sanitari e i familiari rispondono ai pazienti affetti da demenza, sostiene il Prof. Cohen-Mansfield, perchè nelle persone affette da demenza il delirio in realtà non corrisponde alla definizione psichiatrica della psicosi. È invece importante che chi convive e si prende cura quotidianamente di queste persone consideri il contesto nel quale i deliri hanno luogo: un’analisi più approfondita di questi comportamenti è in grado di favorire l’empatia, la comprensione, e un trattamento più umano e compassionevole.
BIBLIOGRAFIA:
- Cohen-Mansfield J. Golander H. Garfinkel D. (2011). The meanings of delusions in dementia: A preliminary study. Psychiatry Research. Volume 189, Issue 1, 30 August 2011, Pages 97–104