“Control is the problem, not the solution”
Così afferma Steven Hayes, psicoterapeuta contemporaneo americano e promotore della necessità di accettare che la normalità dell’esistenza umana è costituita anche di sofferenza (Hayes et al., 1999).
Molte persone cercano di prevenire ed eliminare la sofferenza attraverso diverse forme di controllo, talvolta applicate in modo rigido e assoluto.
L’obiettivo è quello di annullare ogni forma, o anche solo rischio, di sofferenza e raggiungere una condizione di assoluta sicurezza. Tale scopo si infrange innanzi a due realtà dell’esistenza umana:
(1) Niente può assicurare che l’uomo non soffrirà.
(2) La certezza assoluta è un mito irraggiungibile.
Per questa frustrante verità la tendenza a un controllo assoluto può essere un tentativo di cura deleterio e può sostenere diverse forme di sofferenza mentale (Sassaroli & Ruggiero, 2008). In tutte le sue forme (la ricerca di rassicurazioni, il rimuginio, la continua imposizione di governo sulle azioni altrui, la repressione dell’espressione delle emozioni ecc…) il controllo è una carta fallimentare da giocare. Per quanto possa offrire un apparente sicurezza, alla lunga incastra in una serie di obblighi e fatiche estremamente stressanti.
Innanzitutto non si possono evitare gli imprevisti (per definizione) e quindi le persone si trovano a consumare energie per avere in mano solo un illusione.
In seconda battuta, quella stessa illusione ha vita breve. Come posso verificare se il mio controllo è assoluto? Solo verificando ogni dubbio e quindi andando a riesumare proprio ciò che per prima cosa volevo eliminare: lo stato di minima incertezza. Il controllo che nasce per cancellare dubbi (sul valore personale oppure sull’occorrenza di eventi negativi dolorosi), trasforma l’individuo in un cacciatore di dubbi. In terzo luogo, tutte le strategie di controllo consumano energie. La quotidianità diviene la ruota di un criceto fatta di dubbio-ansia-controllo-leggero sollievo-dubbio su cui le persone continuano a muoversi senza vedere quante altre attività piacevoli dell’esistenza vengono sacrificate. Infine, noi che vediamo la ruota da fuori, sappiamo che anche abbandonando il controllo, gli esiti tanto temuti (e il dolore che li accompagna) non si verificano o non sono così terribili come vengono immaginati. Tuttavia non sempre si è disposti a sperimentarlo (Sassaroli et al., 2007).
Molto spesso la psicoterapia per trattare i disturbi d’ansia (ma non solo) è un percorso di graduale abbandono del controllo e di accettazione dell’incertezza.
BIBLIOGRAFIA:
- Hayes, Strosahl & Wilson (1999). Acceptance and Commitment Therapy: An experiential approach to behaviour change. New York: Guildford Press
- Sassaroli, Lorenzini & Ruggiero (2007). Psicoterapia Cognitiva dell’Ansia. Raffaello Cortina Editore.
- Sassaroli & Ruggiero (2008). International Journal of Child and Adolescent Health, 2, 229-242