Tutti noi abbiamo quotidianamente centinaia di pensieri che passano rapidamente nella mente, frutto di semplici associazioni e senza un particolare significato. Alcune persone tuttavia si trovano a giudicarli pericolosi e di conseguenza a condannare sé stessi per averli avuti.
Questo accade quando il giudizio è influenzato dalle regole della FPA:
- Se penso di fare qualcosa di brutto allora ho intenzione di farlo quindi sono cattivo.
- Se penso di fare qualcosa di brutto probabilmente lo farò.
- Se penso che un evento accada probabilmente si realizzerà e quindi io ne sono responsabile.
Con queste premesse ogni oggetto mentale acquista un peso emotivo molto forte e anche semplici pensieri passeggeri diventano fastidiosi o fonte di stress e ansia. Gli individui con una spiccata tendenza alla FPA sono quindi spinti a osservare continuamente i propri pensieri, darvi eccessivo peso, provare ansia e stress a fronte di pensieri negativi e cercare di controllare o eliminare certi pensieri con strategie e rituali solitamente controproducenti.
In simili situazioni l’obiettivo terapeutico suggerito dai ricercatori internazionali è quello di imparare il distacco tra pensiero e azione, cioè imparare e vivere pensieri negativi (anche quelli molto brutti) come naturali fenomeni mentali, che accomunano il 90% delle persone e che non hanno nulla a che vedere con la realtà e con le proprie intenzioni (Wells, 2008).
BIBLIOGRAFIA:
- Rachmn, S.J. (1993). Obsessions, responsibility and guilt. Behaviour Research and Therapy, 31, 149-154.
- Wells, A. (2008). Metacognitive Therapy for Anxiety and Depression. New York, USA: Guilford Press.
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