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Millennials e Generazione Z: i miti da sfatare

Millennials e Generazione Z sono spesso oggetto di stereotipi. Esploriamo le differenze e le affinità tra queste generazioni, sfatando i miti più comuni

Di Caterina Borgese

Pubblicato il 04 Apr. 2025

L’evoluzione delle generazioni: influenze storiche e sociali

Ogni generazione è fortemente influenzata dai cambiamenti sociali, dalle condizioni economiche e dagli eventi storici che definiscono tratti collettivi distintivi (Chicca & Shellenbarger, 2018).  Il concetto di “generazione” è molto più di una semplice divisione cronologica: racchiude valori, prospettive e abitudini spesso condivise da coloro che sono cresciuti nello stesso arco di tempo, influenzati dalle stesse tendenze e trasformazioni sociali.

Le etichette generazionali abbracciano generalmente un periodo di circa 20 anni, suddividendo la popolazione in gruppi con esperienze formative simili e valori condivisi. Tra le generazioni più studiate, troviamo i Millennials (o Generazione Y), che copre il periodo tra il 1981 e il 1996, e la Generazione Z, i cui membri sono nati tra il 1997 e il 2012 (Pew Research Center, 2019). 

Confrontando Millennials e Generazione Z, emergono differenze e affinità che mostrano come le esperienze vissute abbiano modellato il loro approccio al lavoro, alla tecnologia e alle relazioni.

Millennials

I Millennials, o Generazione Y, sono nati in un periodo segnato da rapidi cambiamenti tecnologici, economici e sociali. Questa generazione è cresciuta durante l’era della digitalizzazione, assistendo all’avvento di Internet, dei social media e di nuove forme di comunicazione. Tra le loro caratteristiche distintive troviamo un forte orientamento verso la tecnologia e una naturale familiarità con i dispositivi digitali (Pew Research Center, 2018). I Millennials sono anche noti per essere generalmente orientati alla collaborazione e al lavoro di squadra, preferendo spesso ambienti lavorativi inclusivi e dinamici, dove le opinioni e il benessere del gruppo sono valorizzati (Howe & Strauss, 2000). Sono anche tendenzialmente ambiziosi e orientati al successo, con una forte attenzione al raggiungimento di obiettivi professionali e personali, ma spesso possono affrontare pressioni elevate riguardo alle aspettative sociali e familiari (Twenge, 2017).

Aver sperimentato la diversità culturale e sociale, può rendere questa generazione propensa ad affrontare problematiche globali, come il cambiamento climatico, l’eguaglianza di genere e i diritti civili (Petrescu-Mag et al., 2013).

La crisi finanziaria del 2008 ha colpito molti millennials, facendoli entrare nel mercato del lavoro in un contesto di incertezze e difficoltà economiche (Fry, 2018). Questo ha portato a un crescente senso di insoddisfazione professionale e a difficoltà nel trovare stabilità finanziaria. 

In sintesi, Howe e Strauss (2000) identificano sette caratteristiche distintive dei Millennials, descrivendoli come “protetti”, “speciali”, “orientati al team”, “fiduciosi”, “convenzionali”, “realizzati” e “sotto pressione”. 

Generazione Z

La Generazione Z, composta dai nati tra la metà degli anni ’90 e i primi anni del 2010, si distingue per l’abilità di navigare in un mondo altamente digitalizzato, dove la tecnologia e l’accesso immediato alle informazioni sono parte integrante della quotidianità. Questa generazione è spesso descritta come “nativa digitale”, avendo avuto una connessione costante a Internet fin dalla nascita, il che ha influenzato il loro modo di apprendere, comunicare e socializzare (Pew Research Center, 2019). I membri della Generazione Z sono considerati più pragmatici e cauti rispetto ai Millennials (Howe & Strauss, 2000). Questi giovani tendono a essere più focalizzati sulla stabilità economica e sulla sicurezza. Da un lato, la Generazione Z è apprezzata per la sua resilienza. Dall’altro, alcuni critici evidenziano la loro tendenza a diventare troppo dipendente dalla tecnologia, con possibili effetti negativi sulla  salute mentale, come l’aumento di ansia e solitudine, dovuti alla continua esposizione ai social media (Twenge, 2017).

Millennials e Generazione Z: oltre gli stereotipi generazionali

Nonostante alcuni tratti distintivi di Millennials e Generazione Z, molte delle differenze percepite tra queste due generazioni sono in realtà basate su stereotipi ampiamente diffusi e non sempre supportati da prove concrete. In tal senso, sfatando alcuni miti, si possono individuare nuove prospettive che possono contribuire alla realizzazione di una società sempre più dinamica e interconnessa.

I Millennials ossessionati dalla tecnologia 

Una caratteristica frequentemente attribuita alle giovani generazioni è l’ossessione per la tecnologia. La letteratura precedente suggeriva che i cosiddetti “nativi digitali” fossero più abili nell’uso della tecnologia rispetto agli “immigrati digitali”, ossia le generazioni più anziane che si sono adattate progressivamente all’uso di dispositivi (Prensky, 2001). Tuttavia, ricerche più recenti hanno sfatato questo mito, evidenziando che le differenze nelle competenze tecnologiche non sono tanto legate alla data di nascita quanto alla variabilità dell’esposizione individuale alla tecnologia (Bennett et al., 2008). In altre parole, non è l’età anagrafica a determinare la familiarità con gli strumenti digitali, ma piuttosto l’accesso e l’uso continuativo della tecnologia nella vita quotidiana (Schnapp et al., 2022).

Feedback e ricerca di approvazione

Un tratto spesso attribuito agli studenti più giovani, in particolare ai Millennials e alla Generazione Z, è il bisogno frequente di ricevere lodi e riconoscimenti per i loro sforzi. Questa percezione deriva dall’idea che le generazioni più recenti siano cresciute in un contesto in cui è più comune ricevere riconoscimenti simbolici per la partecipazione, piuttosto che premi legati a risultati concreti (Schnapp et al., 2022). Questo fenomeno ha alimentato uno stereotipo sugli studenti più giovani, descritti come alla continua ricerca di feedback positivi e meno inclini ad accettare critiche costruttive. Tuttavia, queste generalizzazioni non trovano riscontri solidi nelle ricerche. Non esistono infatti prove concrete che suggeriscono che la fragilità emotiva sia una caratteristica esclusiva delle generazioni più giovani, e i problemi relativi alla gestione del feedback sono una sfida che esiste da lungo tempo nell’ambito educativo. 

Basso livello di attenzione

Il mito secondo cui le generazioni più giovani abbiano una capacità di attenzione inferiore rispetto a quelle delle generazioni precedenti è molto diffuso, ma la ricerca non fornisce nessuna prova solida. Alcuni studi risalenti agli anni ’70 suggeriscono che la capacità di attenzione degli studenti possa ridursi dopo circa 10-15 minuti (Hartley & Davies, 1978), ma questi risultati si basano prevalentemente su misurazioni di attenzione auto-riferita, una metodologia limitata per la sua soggettività e per la bassa affidabilità. Al contrario, ricerche più recenti mettono in luce che la durata dell’attenzione varia ampiamente e che fattori individuali e ambientali, come la privazione del sonno, la fame, e la qualità dell’insegnamento, giocano un ruolo rilevante nel mantenimento dell’attenzione (Bunce et al., 2010). In altre parole, piuttosto che essere legato a una questione generazionale, il calo di attenzione sembra quindi influenzato da variabili situazionali e personali.

Riferimenti Bibliografici
  • Chicca, J., & Shellenbarger, T. (2018). Generation Z: Approaches and Teaching-Learning Practices for Nursing Professional Development Practitioners. Journal for nurses in professional development, 34(5), 250–256. 
  • Pew Research Center. (2019). Defining generations: Where Millennials end and Generation Z begins. Pew Research Center.
  • Pew Research Center. (2018). Millennials overtake Baby Boomers as America’s Largest Generation. Pew Research Center.
  • Howe, N., & Strauss, W. (2000). Millennials Rising: The Next Great Generation. New York: Vintage Books.
  • Twenge, J. M. (2017). iGen: Why Today’s Super-Connected Kids Are Growing Up Less Rebellious, More Tolerant, Less Happy—and Completely Unprepared for Adulthood—and What That Means for the Rest of Us. New York: Atria Books.
  • Prensky, M. (2001). Digital Natives, Digital Immigrants. On the Horizon, 9(5), 1-6
  • Fry, R. (2018). Millennials in Adulthood: Detached from Institutions, Networked with Friends. Pew Research Center.
  • Bennett, S., Maton, K., & Kervin, L. (2008). The “digital natives” debate: A critical review of the evidence. British Journal of Educational Technology, 39(5), 775-786.
  • Schnapp, B. H., Cloyd, T., Hartman, N. D., Moadel, T., Santen, S. A., & Gottlieb, M. (2022). Avocado toasted: Mythbusting “Millennials,” “Generation Z,” and generational theory. AEM education and training, 6(3), e10757.
  • Hartley, J., & Davies, I. K. (1978). Note‐taking: A critical review. Programmed Learning and Educational Technology, 15(3), 207-224. 
  • Bunce, D. M., Flens, E. A., & Neiles, K. Y. (2010). How long can students pay attention in class? A study of student attention decline using clickers. Journal of Chemical Education, 87(12), 1438-1443. 
  • Petrescu-Mag, R.M., Petrescu, D.C., Ivan, A. et al. An intergenerational reading of climate change-health concern nexus: a qualitative study of the Millennials’ and Gen Z participants’ perceptions. BMC Public Health 23, 484 (2023).
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