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Architetture invisibili: come i nudge digitali guidano le nostre scelte online

I nudge digitali modellano le nostre scelte quotidiane online, sfruttando l’architettura delle piattaforme e i meccanismi cognitivi degli utenti

Di Giorgia De Prizio, Rosita Borlimi

Pubblicato il 06 Nov. 2025

Nudge digitali: come le piattaforme influenzano le nostre scelte

Nell’era digitale, le nostre decisioni quotidiane sono sempre più influenzate da meccanismi invisibili integrati nelle piattaforme online. Questi meccanismi, noti come “nudge digitali“, guidano le nostre scelte attraverso l’architettura delle opzioni presentate, spesso senza che ne siamo consapevoli. Dalle notifiche push che ci invitano a controllare un’app, ai suggerimenti personalizzati che orientano le nostre preferenze, i nudge digitali plasmano il nostro comportamento in modi sottili ma significativi. Questo articolo esplora come le piattaforme digitali utilizzano l’architettura delle scelte per influenzare le decisioni degli utenti, analizzandone le implicazioni etiche.

Cosa sono i nudge digitali?

Il concetto di nudge è stato introdotto da Richard Thaler e Cass Sunstein (2014) nel contesto dell’economia comportamentale, con l’obiettivo di descrivere quelle modifiche dell’ambiente decisionale che, pur non limitando la libertà di scelta, riescono a indirizzare il comportamento delle persone. Il nudge, secondo la sua definizione originaria, è una forma di paternalismo libertario: una “spinta gentile” che aiuta gli individui a prendere decisioni benefiche per sé stessi senza l’utilizzo di metodi coercitivi. 

L’idea di base è che gli esseri umani, quando lasciati a sé stessi, non prendono sempre decisioni ottimali. Ancor più, secondo i sostenitori del nudge, gli individui sono spesso influenzati da bias cognitivi che ostacolano la razionalità delle loro scelte, ed è per questo motivo che i decisori politici dovrebbero intervenire offrendo strumenti di orientamento per mettere gli individui nelle condizioni di prendere scelte più consapevoli e vantaggiose per sé stessi (Thaler & Sunstein, 2014).

Trasposto al mondo digitale, il nudge diventa una leva progettuale che si inserisce nell’interfaccia utente e nella struttura e il design dei percorsi digitali, con l’intento di guidare, suggerire o incentivare determinati comportamenti (Schneider et al., 2018). Un esempio classico è l’impostazione predefinita (default): impostare un’opzione come predefinita guida l’utente verso quella scelta, senza però impedirgli di selezionarne altre (Jesse & Jannach, 2021). 

I nudge digitali vengono implementati sfruttando i limiti cognitivi degli esseri umani, come l’attenzione limitata e la tendenza ad agire in modo automatico (Schneider et al., 2018). A questo proposito, Daniel Kahneman (2020) afferma nel suo saggio che gli individui dispongono di due sistemi cognitivi: Il Sistema 1, intuitivo, emotivo e veloce, e il Sistema 2, riflessivo, logico e più lento. I nudge digitali agiscono prevalentemente sul primo, facendo leva su risposte automatiche e poco riflettute.

Architettura delle scelte nelle piattaforme digitali

Le piattaforme digitali modellano il comportamento degli utenti attraverso la cosiddetta “architettura delle scelte” (choice architecture), ovvero il modo in cui le opzioni vengono presentate all’interno di un’interfaccia. Gli esempi tratti di seguito sono tratti dalla letteratura scientifica, in particolare dagli studi di Mirsch et al. (2017) e Jesse & Jannach (2021) ed includono:

  • Autoplay: il riavvio automatico dei video (come su Youtube o Netflix), sfrutta il principio della minimizzazione dello sforzo, ovvero riduce lo sforzo dell’utente nel decidere attivamente se continuare, prolungando la permanenza su una piattaforma;
  • Notifiche push: servono da strumenti di assistenza decisionale, ricordando all’utente azioni già pianificate o stimolando un comportamento desiderato;
  • Pre-selezione delle opzioni: spesso nei form o nei servizi digitali alcune scelte sono già selezionate per impostazione predefinita (es. opzioni di spedizione o assicurazione nei siti di e-commerce). Questo sfrutta il bias dello status quo e l’inerzia decisionale.
  • Framing e visual design: il modo in cui un’informazione è formulata o visivamente evidenziata (es. il tasto “In offerta”) può alterare la percezione del valore o dell’urgenza di un acquisto.
  • Colori e layout: l’uso di colori accesi e posizionamenti strategici, ad esempio nei banner per l’accettazione dei cookie: il pulsante “Accetta tutto” è spesso evidenziato in verde brillante e collocato in una posizione centrale, mentre l’opzione per rifiutare o personalizzare è meno visibile o richiede passaggi aggiuntivi. Questo tipo di nudge sfrutta il principio della salienza visiva e della minimizzazione dello sforzo. 
  • Uso di norme sociali: indicazioni come “il 70% degli utenti ha scelto questo prodotto” sfruttano l’effetto del social proof, influenzando il comportamento tramite l’imitazione.

L’utilizzo di questi nudge nelle interfacce digitali consente di influenzare in modo sottile ma efficace il comportamento degli utenti, sfruttando i principi della psicologia cognitiva e sociale.

Effetti sul comportamento e implicazioni etiche

L’utilizzo dei nudge solleva importanti questioni etiche, legate alla trasparenza e al rispetto dell’autonomia decisionale. Fino a che punto è lecito guidare il comportamento degli utenti senza il loro consenso esplicito?

Come sottolinea Campbell (2022), il problema morale non risiede tanto nel nudging in sé, che in linea di principio può essere compatibile con la libertà di scelta e non intrinsecamente manipolativo. Il nodo etico risiede invece nella direzione verso cui gli utenti vengono spinti. Le piattaforme digitali, in particolare i social media, attraverso l’utilizzo dei nudge, possono indurre comportamenti potenzialmente dannosi o non desiderati, come il consumo eccessivo di contenuti, l’acquisto impulsivo o l’esposizione a materiali nocivi. Secondo Campbell, i social media spingono gli utenti non tanto per il loro benessere, ma per aumentare il tempo di permanenza online e, di conseguenza, i profitti pubblicitari, tradendo così lo scopo originario del nudge.

Una critica ancor più severa arriva da Sergio Di Filippo, che nel suo saggio “Nudge. Una spinta poco gentile?” (2023), mette in discussione l’intera base teorica del paternalismo libertario, definendolo un ossimoro. Infatti, secondo Di Filippo, se per libertà intendiamo la capacità di scegliere autonomamente e di assumersi la responsabilità delle proprie scelte, risulta difficile conciliare questa idea con l’impiego di strumenti di natura persuasiva, anche se a fin di bene. Di Filippo evidenzia inoltre un pericolo politico: affidare al decisore pubblico il compito di guidare le scelte dei cittadini sotto il presupposto della sua maggiore razionalità può giustificare interventi sempre più pervasivi e difficilmente controllabili. Si rischia così di trasformare un principio teoricamente benefico in uno strumento di controllo sistematico, legittimato dall’intento dichiarato di promuovere il benessere collettivo.

Conclusioni e prospettive future

I nudge digitali rappresentano uno strumento potente e, al tempo stesso, delicato. Possono migliorare l’esperienza utente, promuovere scelte funzionali e semplificare l’interazione digitale. Tuttavia, è fondamentale che il loro utilizzo sia guidato da principi di responsabilità, trasparenza e tutela dell’autonomia individuale. Promuovere la consapevolezza su questi meccanismi può aiutare gli utenti a gestire meglio le proprie interazioni online e a sviluppare una relazione più sana con la tecnologia (Schmidt & Engelen, 2020).

Riferimenti Bibliografici
  • Campbell, D. R. (2022). Nudging and Social Media: The Choice Architecture of Online Life. Giornale Critico di Storia Delle Idee, 2, 93-114.
  • Di Filippo, S. (2023). Nudge, una spinta poco gentile? Limiti e rischi del paternalismo libertario. IBL Libri.
  • Jesse, M., & Jannach, D. (2021). Digital nudging with recommender systems: Survey and future directionsComputers in Human Behavior Reports, 3, 100052. 
  • Kahneman, D. (2020). Pensieri lenti e veloci. Mondadori.
  • Mirsch, T., Lehrer, C., & Jung, R. (2017). Digital Nudging: Altering User Behavior in Digital Environments. In Proceedings of the 13th International Conference on Wirtschaftsinformatik (WI) 2017 (pp. 634–648). Association for Information Systems. 
  • Schmidt, A. T., & Engelen, B. (2020). The ethics of nudging: An overviewPhilosophy Compass, 15(4).
  • Schneider, C., Weinmann, M., & Brocke, J. V. (2018). Digital nudging: guiding online user choices through interface design. Communications of the ACM, 61(7), 67–73. 
  • Thaler, R., & Sunstein, C. (2014). Nudge: La spinta gentile. Giacomo Feltrinelli Editore.
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