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Droghe psichedeliche: quando il loro utilizzo potrebbe avere risvolti inaspettati

Sembra che alcune sostanze psichedeliche possano avere un'azione positiva nell’ambito della psicoterapia, se somministrati in un ambiente controllato

Di Carlotta Olivari

Pubblicato il 11 Feb. 2020

Un recente studio ha dimostrato che c’è una relazione tra gli effetti acuti dovuti all’utilizzo di droghe psichedeliche e la diminuzione soggettiva di ansia e depressione (Davis, Barrett, & Griffiths, 2020).

 

 Ansia e depressione, con una prevalenza lifetime rispettivamente del 10% e del 13%, sono due tra i disturbi psicologici più comuni rilevati nella popolazione (Steel et al., 2013). Date le alte percentuali di prevalenza, molte sono attualmente le procedure terapeutiche a disposizione per coloro che soffrono di tali problematiche; tuttavia, vi sono ancora un gran numero di persone che non hanno accesso a queste terapie (Collins, Westra, Dozois, & Burns, 2004) o che non ne traggono giovamento (Hofmann et al., 2012). A partire da questa osservazione i professionisti nel campo della salute sono tutt’ora alla ricerca di nuovi orizzonti terapeutici per il trattamento di ansia e depressione.

Un’area che negli ultimi anni ha destato un notevole interesse è quella dell’azione positiva che alcuni composti psichedelici come l’LSD (dietilamide dell’acido lisergico) o l’ayahuasca, se somministrati in un ambiente controllato, sembrano avere nell’ambito della psicoterapia (Carhart-Harris, et al., 2016; Davis et al., 2019). Le sostanze in questione, agendo principalmente come agonisti della serotonina, causano modificazioni nella percezione, nell’umore e nel comportamento (Araùjo et al., 2015), rivelandosi in alcuni casi utili a ridurre i sintomi dell’ansia e della depressione, se uniti alla psicoterapia (Johnson & Griffiths, 2017).

Una possibile variabile che alcuni autori hanno ipotizzato rappresenti il mediatore tra la diminuzione dei sintomi ansiosi e depressivi e l’effetto delle droghe psichedeliche è la flessibilità psicologica (Kuypers et al., 2016; Sabucedo, 2017). La flessibilità psicologica è qui definita come l’insieme dei processi che aiutano gli individui a gestire lo stress; è un costrutto che rappresenta la capacità di sviluppare un buon adattamento alle varie situazioni della vita e di mantenere un equilibrio tra i diversi impegni quotidiani, senza lasciarsi sovrastare da questi (Davis et al., 2020).

Il presente studio, con un campione di 985 maggiorenni, si è posto l’obiettivo di indagare la flessibilità psicologica come potenziale mediatore tra l’effetto di droghe psichedeliche (in particolare LSD, mescalina, ayahuasca, peyote, salvia/salvinorum e N-DMT) e la diminuzione dell’ansia e della depressione. I dati dello studio sono stati raccolti in un sondaggio anonimo online, invitando individui che avevano riferito di almeno un’esperienza psichedelica in passato. I partecipanti erano tenuti a segnalare quale sostanza psichedelica avessero usato, la dose (Bassa, Moderata, Moderatamente alta, Alta), la somministrazione (cioè orale, sublinguale, endovenosa, intranasale) e il periodo di tempo trascorso dall’esperienza. Per avere una misura della flessibilità psicologica è stato utilizzato il Acceptance and Action Questionnaire II (AAQII; Bond et al., 2011) che gli intervistati hanno completato riferendosi alle sensazioni precedenti e successive all’esperienza psichedelica.

I risultati hanno mostrato che gli effetti psichedelici erano significativamente associati a una diminuzione nei sintomi ansiosi e depressivi. Inoltre, all’aumentare della flessibilità psicologica diminuivano i sintomi di ansia e depressione a seguito di un’esperienza psichedelica. In conclusione, il presente studio conferma l’ipotizzato ruolo di mediatore della flessibilità psicologica tra gli effetti psichedelici acuti dovuti alle sostanze precedentemente citate e la diminuzione di ansia e depressione.

Le future ricerche dovrebbero esplorare se tali effetti terapeutici possano essere potenziati dalla “psichedelic-assisted therapy”, incentrata sui processi di cambiamento all’interno di un modello di flessibilità psicologica (Davis et al., 2020), dal momento che l’assunzione in autonomia di tali sostanze ai fini di automedicazione può avere importanti side-effects.

 

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