Psicologia ed economia: un legame più stretto del previsto
Ogni giorno prendiamo decisioni economiche, grandi o piccole: fare un acquisto online, scegliere un abbonamento, rimandare una spesa. E anche se pensiamo di agire in modo razionale, la verità è che il nostro cervello ha già deciso prima ancora che ce ne rendiamo conto. Bastano pochi millisecondi perché il cervello reagisca a stimoli come sconti, recensioni o colori accattivanti. Queste risposte avvengono così rapidamente da essere inconsapevoli. Anzi, in molti casi è possibile prevedere con accuratezza se compreremo qualcosa, basandoci solo sulle nostre prime reazioni neurali. In altre parole: spesso è il cervello a guidarci d’istinto, e solo dopo costruiamo una spiegazione razionale per giustificare la nostra scelta.
Le aree del cervello coinvolte nelle decisioni economiche
Nel nostro cervello, pensare al denaro mette in moto un vero e proprio “gioco di squadra” tra diverse aree cerebrali:
- Il nucleo accumbens, ad esempio, è uno snodo centrale nel sistema della ricompensa, una sorta di centralina del piacere. Si attiva quando anticipiamo qualcosa di desiderabile: un prodotto che ci attrae, un’offerta vantaggiosa, una possibile vincita. In pratica, è ciò che ci fa dire “lo voglio” ancor prima di riflettere sul prezzo o sull’utilità reale.
- Al contrario, l’insula tende ad attivarsi quando percepiamo un prezzo come eccessivo o un’offerta come poco equa. Questa regione è legata alle emozioni, nonché a stati di disgusto, avversione e percezione di allarme, e il suo coinvolgimento suggerisce che il cervello vive certi costi come spiacevoli o dolorosi, sia a livello razionale che fisico ed emotivo.
- Un’altra area importante è la corteccia cingolata anteriore, che entra in gioco quando siamo combattuti tra opzioni diverse. È una delle aree coinvolte nel processo decisionale: si attiva quando desideriamo qualcosa ma siamo consapevoli che potrebbe non essere la scelta migliore.
- Infine, la corteccia prefrontale è il nostro centro di controllo: quando ben attiva, permette di valutare le conseguenze a lungo termine, resistere all’impulso del momento e prendere decisioni coerenti con i nostri obiettivi. Tuttavia, in contesti ad alta pressione, come durante offerte lampo o promozioni aggressive, questa parte del cervello può essere messa in secondo piano, lasciando spazio a risposte più automatiche ed emotive.
Quando la razionalità vacilla: il potere dei bias cognitivi
Anche quando ci sentiamo padroni delle nostre scelte, il cervello tende a semplificare usando scorciatoie mentali, i cosiddetti bias cognitivi. Utili per risparmiare tempo ed energia, possono però portarci a valutazioni distorte.
L’effetto ancoraggio ci spinge, ad esempio, a prendere come riferimento il primo numero che incontriamo. Se un prodotto è scontato da 100 a 60 euro, tendiamo a percepirlo come un affare, anche se 60 potrebbe non essere un buon prezzo in assoluto. Il bias della rappresentatività ci porta invece a giudicare in base alle apparenze. Se un investimento ci sembra simile a uno che ha avuto successo, lo consideriamo automaticamente promettente, anche in assenza di dati concreti. Un altro meccanismo cruciale è poi l’avversione alla perdita: perdere qualcosa attiva le stesse aree cerebrali coinvolte nel dolore fisico. Per questo motivo temiamo le perdite più di quanto desideriamo guadagni equivalenti, il che ci porta spesso a evitare i rischi, anche se ciò significa rinunciare a un’opportunità potenzialmente vantaggiosa.
Gratificazione immediata o autocontrollo?
Ogni volta che dobbiamo fare una scelta economica, ci troviamo davanti a un bivio: soddisfare subito un desiderio o pensare al futuro. Studi condotti attraverso risonanza magnetica funzionale (fMRI) (McClure et al., 2004) hanno rivelato che il cervello reagisce in modo diverso a seconda del tipo di ricompensa: quando una persona valuta una ricompensa immediata, come un acquisto d’impulso, si attivano soprattutto regioni cerebrali legate al piacere e alla gratificazione. Se invece la ricompensa è differita, entrano in gioco aree della corteccia prefrontale, coinvolte nelle funzioni di controllo e pianificazione.
Un esempio concreto? Scegliere di destinare una parte del proprio stipendio a un fondo pensione, invece di spenderla per un acquisto gratificante ma effimero, come un nuovo smartphone. La seconda opzione è allettante per la soddisfazione immediata che offre, mentre la prima richiede uno sforzo cognitivo maggiore: sapersi proiettare nel futuro, valutare benefici a lungo termine e rinunciare al piacere del momento.
Dalla teoria alla pratica: perché la neurofinanza è utile
A livello personale, la neurofinanza aiuta risparmiatori, investitori e cittadini a diventare più consapevoli dei propri automatismi mentali, riducendo errori e scelte impulsive. Sul piano professionale, è utilizzata da consulenti, trader e gestori per ottimizzare strategie e gestire il rischio. Policymaker ed esperti di economia comportamentale la impiegano per creare interventi pubblici più efficaci. Ma anche ricercatori, formatori e sviluppatori fintech ne fanno uso per migliorare strumenti educativi e digitali, rendendo l’economia più vicina alle reali dinamiche umane. Non siamo macchine calcolatrici, e la neurofinanza lo dimostra: ci invita a superare il mito dell’uomo pienamente razionale e ci offre uno strumento in più per affrontare con maggiore consapevolezza le sfide economiche quotidiane.