L’Effetto Alone
“Quel tipo mi piace!” Quante volte abbiamo pronunciato o sentito una frase simile? Ebbene, dietro a questa affermazione potrebbe celarsi il cosiddetto Effetto Alone, un bias cognitivo che porta le persone a giudicare positivamente qualcuno sulla base di una singola caratteristica, generalizzando e ampliando il giudizio positivo alla globalità della persona (Forgas & Laham, 2016). Ad esempio, l’attrattività fisica può influenzare la valutazione della performance di un impiegato o la valutazione di un candidato durante un colloquio di lavoro (Hosoda et al., 2003). Nel caso per esempio dell’attrattività fisica in fase di selezione del personale, l’Effetto Alone può fare in modo che il potenziale candidato riceva una valutazione positiva su competenze o qualità che non sono legate all’aspetto fisico, ma che sono appunto il risultato del bias.
Ma cos’è un bias cognitivo? Un bias è un’alterazione sistematica del nostro processo di giudizio, spesso il risultato di euristiche, ovvero scorciatoie mentali che il cervello utilizza per prendere decisioni rapidamente e con uno sforzo minimo (Tversky & Kahneman, 1974). Sebbene queste euristiche siano utili in molte situazioni, possono portare a distorsioni della realtà, come avviene nel caso dell’Effetto Alone (Cooper, 1981).
Le origini dell’effetto alone
Il termine “Effetto Alone” fu coniato negli anni ’20 dal ricercatore Edward Thorndike, che osservò errori ricorrenti nelle valutazioni psicologiche in ambito organizzativo, da parte dei supervisori nei confronti dei subordinati (Thorndike, 1920). Thorndike stesso si lamentava del fatto che i valutatori fossero “incapaci di trattare un individuo come un insieme di qualità separate e di assegnare a ciascuna di esse una grandezza indipendentemente dalle altre” (Thorndike, 1920, pp. 28–29, [traduzione dell’autore]).
Un esempio classico di Effetto Alone
Un esperimento emblematico sull’Effetto Alone (Forgas, 2011) ha coinvolto i partecipanti nella valutazione di uno scritto filosofico e del suo autore. Ai partecipanti veniva mostrata una foto dell’autore, che poteva raffigurare un uomo di mezza età con occhiali (percepito come “tipico” filosofo accademico) o una giovane donna vestita casual (percepita come “atipica” filosofa). I risultati dimostrarono che l’aspetto fisico influenzava i giudizi: l’uomo di mezza età riceveva valutazioni più elevate sullo scritto filosofico rispetto alla giovane donna, a parità di contenuto dello scritto.
Effetto Alone nel Recruiting
Durante un colloquio di selezione, i recruiter valutano una serie di candidati sulla base di parametri specifici per la posizione. Questi parametri non hanno nulla a che vedere, per esempio, con l’attrattività fisica. Tuttavia, è dimostrato che l’attrattività fisica può inconsciamente influenzare i giudizi su caratteristiche legate alla competenza (Hosoda et al., 2003). In altre parole, un candidato fisicamente attraente potrebbe ricevere una valutazione più alta, anche se questa non rispecchia necessariamente la sua adeguatezza al ruolo.
Effetto Alone nella Valutazione delle Performance
Durante il processo di valutazione delle competenze e performance degli impiegati, che nelle aziende si svolge solitamente a cicli regolari, i responsabili e manager sono tenuti ad esaminare i risultati precedenti dei loro subordinati. Ritornando all’esempio dell’attrattività fisica, nonostante in fase di valutazione essa non debba essere presa in considerazione, le ricerche riportano che in realtà un effetto può essere presente (Hosoda et al., 2003). Di conseguenza, questo fenomeno potrebbe portare a disparità nelle opportunità di crescita o avanzamento professionale.
Come Mitigare l’Effetto Alone
Diverse strategie possono tornare utili per mitigare l’Effetto Alone (Cooper, 1981):
- Incrementare la conoscenza tra valutatore e valutato: approfondire la conoscenza del valutato da parte del valutatore potrebbe aiutare a ridurre le distorsioni nei giudizi. L’idea è che una valutazione parziale o superficiale possa portare a generalizzazioni errate.
- Utilizzo di medie di valutazione da più valutatori: coinvolgere diversi valutatori con prospettive diverse e calcolare la media delle loro valutazioni per ogni criterio può ridurre l’impatto dei bias personali, ottenendo un giudizio più equilibrato.
- Escludere categorie irrilevanti: è importante evitare che aspetti non pertinenti, come l’aspetto fisico, influenzino le valutazioni di criteri specifici, come le competenze lavorative. Eliminare l’interferenza di queste impressioni può rendere il processo di valutazione più accurato.
- Separare le valutazioni generali da quelle specifiche: invitare i valutatori a fornire un giudizio complessivo iniziale e successivamente concentrarsi su criteri specifici potrebbe aiutare a evitare che un’impressione generale influenzi le valutazioni più dettagliate.
- Valutare basandosi su osservazioni recenti: per ridurre le distorsioni nei giudizi, è utile basare le valutazioni su osservazioni attuali piuttosto che su ricordi passati, che potrebbero essere meno affidabili o più soggetti a distorsioni cognitive.