La Flash Technique: trattamento per il trauma psicologico
Tutto ha avuto inizio da un’interruzione (Paul Valery).
Nelle narrazioni delle persone che hanno subito un trauma psicologico, uno degli elementi più caratteristici è il suo essere percepito come uno spartiacque tra un prima e un dopo nell’esistenza della persona. “Traumi come interruzioni”, che impattano sull’integrità psicofisica dell’individuo, minacciando il suo senso di sicurezza e prevedibilità.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce il trauma psicologico come il “risultato mentale di un evento o una serie di eventi improvvisi ed esterni in grado di rendere l’individuo temporaneamente inerme e di disgregare le sue strategie di difesa e di adattamento” (WHO, 2002). E’ un evento quindi che – per citare van der Kolk – sovrasta le capacità di resistenza dell’individuo, rendendolo privo di difese e incapace di reagire.
Molteplici studi hanno evidenziato come il trauma influenzi negativamente non solo la salute psichica, ma anche la salute globale della persona, e su come le esperienze traumatiche non correttamente elaborate continuino ad avere un impatto altamente disturbante sulle strutture cerebrali, diventando ricordi immagazzinati in una rete neurale in cui la capacità di elaborazione rimane interrotta, causando sintomi disturbanti nel presente. Può accadere inoltre che si verifichi una dissociazione di fronte a un trauma, ossia che l’evento resti segregato in uno spazio psichico inaccessibile all’elaborazione e sepolto sotto molteplici strati di sofferenza.
In psicoterapia è possibile recuperare il trauma attraverso la condivisione dei sentimenti di dolore, paura e rabbia, che costituiscono i correlati più accessibili dell’evento; inoltre, sentire di poterlo fare in un contesto percepito sicuro, come quello della stanza di terapia, è essa stessa un’esperienza riparatrice della rottura causata dal trauma, restituendo fiducia nell’altro e ponendo le basi per un lavoro terapeutico che possa ripristinare il naturale flusso vitale della persona.
Tuttavia, non è raro che le persone percepiscano in modo talmente soverchiante la carica emotiva del loro trauma, da essere intollerabile il solo volgere il pensiero all’evento subito, causando un’importante criticità nel lavoro terapeutico.
Dalla necessità di risolvere questo blocco, senza rischiare di ritraumatizzare il paziente, nasce l’innovativa Flash Technique (FT), sviluppata negli ultimi anni dallo psicoterapeuta americano Philip Manfield, originariamente come intervento integrativo nella fase di preparazione del protocollo standard della terapia EMDR, ma evolvendosi successivamente come intervento integrabile in altri approcci di psicoterapia.
Nel libro di recente uscita “Flash Technique – Rendere più accessibili e rielaborare le memorie traumatiche più travolgenti”, gli psicologi e psicoterapeuti Massimo Amabili e Alessandro Di Domenico – curatori di questo interessante testo scritto insieme alle colleghe Alessia Ciccola, Cristina Fratini, Katja Gasperini, Daniela Pozzi e Letizia Silvestrini – ci guidano alla conoscenza della Flash Technique, delle sue origini, delle ipotesi neurofisiologiche alla base e delle sue potenzialità terapeutiche, offrendo anche descrizioni dettagliate di casi clinici.
La Flash Technique: le origini
Philip Manfield, psicoterapeuta sistemico familiare americano, ricercatore per la John F. Kennedy University (Berkeley, California), trainer e coordinatore dell’Associazione Internazionale EMDR per la California del Nord, dopo molti anni di esperienza clinica, aveva l’esigenza di trovare un modo per facilitare il lavoro con EMDR in tutti quei casi in cui le persone presentavano un materiale traumatico talmente disturbante da non riuscire a rimanere emotivamente saldi quando vi accedevano, per cui tendevano a esserne sopraffatte o a inibirsi totalmente o a rifiutare di lavorare sul loro trauma. Un primo spunto gli venne dalla “Tecnica della Titolazione Abbinata” di Krystyna Kinowski, adattamento a sua volta dell’esercizio della “Pendolazione” di Peter Levine.
L’obiettivo era quello di “titolare” i ricordi soverchianti, come si fa in chimica quando si fa cadere un liquido con il contagocce, in modo da limitare la quantità di trauma a cui esporre il paziente.
Per favorire questo, si lavorava affinché il paziente individuasse dapprima un’immagine positiva (risorsa) a cui connettersi, al fine di sentirsi più resiliente, dopodiché veniva guidato verbalmente a spostarsi ripetutamente dalla risorsa al materiale traumatico e viceversa, invitandolo quindi a rimanere “ai bordi” del trauma e verificando ogni volta se il contatto col ricordo fosse troppo intenso e se la persona riuscisse a tornare a connettersi con la risorsa. In questo modo, i pazienti venivano incoraggiati a pensare al ricordo target per un tempo sempre più breve, finché fossero in grado di tollerare l’emozione generata dall’esposizione.
Dopo anni di applicazioni Manfield riscontrò che questa tecnica, associata a esposizioni molto brevi ai ricordi traumatici, sembrava accelerare significativamente l’elaborazione e questa metodologia risultava ben tollerata da pazienti di ogni età.
La possibilità di permettere al paziente di elaborare un ricordo altamente disturbante, senza accedervi in modo vivido, ha definito il nome stesso della tecnica: “Flash Technique”.
La Flash Technique: gli elementi fondanti
Gli elementi distintivi che compongono la sessione di lavoro con la Flash Technique sono tre:
- la stimolazione bilaterale (BLS), riscontrabile anche nell’EMDR e principalmente nella forma della stimolazione tattile alternata (tapping);
- il Focus Emozionale Positivo (FEP) inteso come una memoria, un’attività o elemento positivi particolarmente ingaggianti e positivamente coinvolgenti;
- l’Eye blinking che consiste nell’aprire e chiudere gli occhi per 3/4 volte su richiesta del terapeuta, rappresentando una forma di interruzione di ciò che è presente in memoria di lavoro.
La procedura consiste nel guidare i pazienti a identificare il ricordo da elaborare, esplicitando di non doverci pensare in maniera fattuale, ma semplicemente sfiorando il pensiero come “attraversare una candela con il dito senza bruciarsi” e, successivamente, di focalizzarsi su un esperienza positiva (FEP), associando stimolazioni bilaterali di tipo tapping e introducendo triplette di eye blinking in cui il terapeuta, pronunciando la parola “Flash”, chiede al paziente coinvolto nella memoria positiva, di aprire e chiudere gli occhi rapidamente per 3 volte, verificando ogni volta il livello di disturbo accedendo lievemente al target.
L’interruzione che avviene attraverso l’eye blinking, unita agli altri elementi della Flash Technique, permette di elaborare le memorie dolorose senza che la persona riporti i particolari del ricordo, risultando anche adatta al lavoro sulle memorie preverbali, di cui si hanno pochissimi e non delineati dettagli. Tutto questo contribuisce a diminuire la probabilità che si attivino meccanismi di difesa, favorendo un contatto leggero e misurato con la memoria traumatica, in modo che la persona resti dentro la finestra di tolleranza e possa approdare ad una nuova prospettiva adattiva. Le memorie non vengono quindi cancellate ma i ricordi traumatici vengono riorganizzati all’interno di una narrazione più articolata, senza che le emozioni negative continuino a generare interferenza traumatica.
La Flash Technique: applicazioni e prospettive future
La Flash Technique è una tecnica che si sta dimostrando versatile e adatta alla psicoterapia individuale e di gruppo non solo per l’età adulta, ma anche per l’età evolutiva. Nella prefazione del libro, infatti, la dott.ssa Anna Rita Verardo (Supervisore e Trainer EMDR Europe) spiega come la Flash Technique si presenti “come un approccio comprensibile e potrebbe essere accolta dai più piccoli come un gioco coinvolgente, consentendo loro di saltare tra un ricordo negativo e uno positivo, avvicinandosi in modo più graduale ai ricordi disturbanti”.
Come specificano gli autori stessi, sono necessari ancora studi di approfondimento sia sull’efficacia che sui meccanismi di azione della Flash Technique e, come ogni nuova tecnica, esistono anche dei limiti, tra i quali le criticità di applicazione a pazienti altamente dissociativi oppure la possibilità di non arrivare a una piena elaborazione della memoria target, qualora ci fosse un ricordo generatore sottostante non ancora affrontato. Tuttavia, tra i punti di forza della Flash Technique si riscontra il suo essere percepita più leggera e delicata dai pazienti e, allo stesso tempo, il suo rivelarsi decisa, veloce e rispettosa dei processi di elaborazione del cervello, insieme alla rapidità di efficacia nel ridurre l’intensità del disturbo percepito sui traumi soverchianti e la persistenza degli effetti terapeutici. La Flash Technique inoltre permette di ridurre i rischi non solo di ritraumatizzazione del paziente, ma anche di traumatizzazione vicaria per il terapeuta.
Inoltre essendo la Flash Technique una tecnica di intervento sulla persona e sulla sua salute, necessita, come affermano gli autori, di “una formazione continua e robusta” e pertanto vengono riportate nel libro anche indicazioni utili sui corsi validi per apprendere efficacemente la Flash Technique.
Concludendo, “Flash Technique – Rendere più accessibili e rielaborare le memorie traumatiche più travolgenti” è un testo che offre ai clinici uno sguardo approfondito su un nuovo strumento volto ad arricchire la loro “cassetta degli attrezzi”, per aiutare al meglio le persone ad attraversare le loro vicende difficili in modo che diventino finalmente storia ed esperienza.
Tutto inizia da una interruzione … da una interruzione tutto può ricominciare