Teoria dell’autoaffermazione
La teoria dell’autoaffermazione è stata proposta originariamente da Claude Steele nel 1988.
Secondo l’autore ognuno di noi tende a mantenere una visione di se stesso come persona adeguata, morale, competente, stabile e in grado di tenere sotto controllo importanti questioni personali; nel momento in cui alcuni aspetti di questa visione vengono messi in discussione, sperimentiamo un disagio psicologico.
Perdere il lavoro, vedere la nostra squadra del cuore subire una sconfitta o ricevere una critica sulle nostre opinioni politiche, sono tutte situazioni a cui siamo quotidianamente esposti e che possono rappresentare una vera e propria minaccia psicologica. Steele (1988) definisce la minaccia psicologica come un allarme interiore che si attiva in risposta alla percezione di una sfida ambientale che mette in discussione la propria adeguatezza e promuove nell’individuo delle risposte difensive per proteggere l’integrità del sé.
In tal senso, l’integrità del sé è un elemento fondamentale in quanto fornisce alla persona un senso di efficacia globale (Cohen & Sherman, 2014). Tuttavia, mantenere tale integrità non implica essere superiore o eccellente in tutti i settori, ma percepirsi come abbastanza competente in un insieme di ambiti valutati importanti dall’individuo stesso. Allo stesso modo, il motivo dell’auto-integrità non è stimare o lodare se stessi, ma piuttosto agire in modi degni di meritare stima o lode.
Autoaffermazione: che cos’è?
Un’autoaffermazione è un atto che dimostra la nostra adeguatezza (Steele 1988). Raggiungere un grande risultato, come vincere una gara sportiva, è un esempio di autoaffermazione che può avere un grande impatto sulla visione di noi stessi.
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