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Il biofeedback: tra parametri fisiologici e consapevolezza corporea

Il biofeedback è un intervento trasversale utile ad alleviare sintomi comuni a molti disturbi e a migliorare il benessere generale

Di Redazione

Pubblicato il 09 Feb. 2024

Che cosa è il biofeedback

Il biofeedback è un processo che permette di ottenere una maggiore consapevolezza e capacità di regolazione dei processi fisiologici che normalmente si svolgono senza un controllo volontario costante, come l’attività cardiaca, la respirazione e la tensione muscolare.

Il biofeedback include un insieme di tecniche che, attraverso sensori che permettono di registrare e monitorare in tempo reale i dati biometrici, consentono di attivare o disattivare i processi fisiologici a seconda delle necessità. È importante sottolineare che il biofeedback non va inteso come una tecnica di rilassamento, appunto perché attraverso il biofeedback è anche possibile attivare i processi fisiologici. 

I dati biometrici e parametri fisiologici rispetto ai quali viene applicato il biofeedback sono vari. Tra questi, quelli considerati più frequentemente sono i parametri fisiologici relativi alla respirazione (ritmo e schema di respirazione, livello di anidride carbonica nel sangue), al sistema cardiovascolare (frequenza cardiaca e sua variazione, vasodilatazione periferica), al sistema neuromuscolare (elettromiografia di superficie), elettrodermico (attività delle ghiandole sudoripare), termico (temperatura periferica della pelle) ed elettroencefalografico (segnali elettrici cerebrali misurati dallo scalpo). 

A seguito della fase di registrazione, i dati biometrici rilevati vengono restituiti al paziente, quasi in tempo reale; i dati biometrici restituiti al paziente divengono quindi delle informazioni relative al proprio funzionamento fisiologico.

A che cosa serve il biofeedback

In tal senso, restituire queste informazioni sul funzionamento fisiologico consente all’individuo di apprendere e migliorare la propria consapevolezza rispetto ai cambiamenti fisiologici e alle proprie modalità di risposta, spesso in concomitanza di pensieri, emozioni, comportamenti. 

Un secondo obiettivo del biofeedback è quello di migliorare l’auto-regolazione volontaria delle proprie reazioni fisiologiche, per favorire pattern di risposta fisiologica più adattive, ad esempio in casi in cui vi siano pattern di attivazione anomali in termini fisiologici, come iperattivazione del sistema nervoso simpatico o parasimpatico in risposta ad eventi stressanti. Tali pattern disfunzionali di risposta fisiologica agli stressors possono favorire l’esordio e il mantenimento di condizioni psicopatologiche e anche disturbi fisici correlati allo stress (es. emicrania). 

Infine, un terzo obiettivo del biofeedback riguarda la possibilità di generalizzare le abilità apprese durante le sessioni di terapia al contesto e alle situazioni della propria vita quotidiana. 

Applicazioni del biofeedback

Le linee guida per il trattamento con biofeedback (Khazan, 2013) evidenziano l’utilità di questo tipo di interventi in particolare per alcune condizioni patologiche e disturbi specifici. Tra questi ritroviamo ad esempio, la cefalea muscolo-tensiva, l’emicrania, il trattamento degli acufeni e del dolore muscolare cronico, la fibromialgia, la sindrome del colon irritabile, condizioni di dolore cronico e l’asma. 

In considerazione dei disturbi e sintomi psicopatologici, il biofeedback è un intervento trasversale utile ad alleviare sintomi comuni a molti disturbi e per migliorare il benessere generale. Può essere scelto come trattamento principale o come trattamento aggiuntivo nelle seguenti condizioni: 

  • il paziente ha scarsa consapevolezza emotiva e/o delle sensazioni corporee.
  • il paziente presenta un eccessivo/scarso arousal fisiologico, modalità di risposta disadattiva che costituisce un fattore eziologico o di mantenimento di un sintomo/disturbo.

Il biofeedback può essere utile nel momento in cui in terapia si lavora per promuovere la regolazione emotiva (Lehrer, 2020), per promuovere la consapevolezza degli stati emotivi nelle loro diverse componenti e la loro regolazione. 

Esempi di intervento possono essere un assessment psicofisiologico con biofeedback di alcuni indici fisiologici (es. conduttanza cutanea) associati a interventi di psicoeducazione sulla consapevolezza dei segnali associati all’ansia.

Un sottotipo particolare di biofeedback è il neurofeedback. Il neurofeedback è un tipo di biofeedback che lavora sulle onde cerebrali e attraverso il quale si apprende ad autoregolare l’attività cerebrale. Il neurofeedback si basa sull’assunto che gli stati mentali possono essere cambiati attraverso l’utilizzo di un allenamento. Questo cambiamento può essere rivolto al riequilibrio oppure all’ottimizzazione delle funzioni cerebrali. Il cervello tende a mantenere pattern di attivazione o configurazioni di attivazione stabili nel corso del tempo. Questi pattern sono in relazione con come noi vediamo il mondo, agiamo, pensiamo, viviamo le emozioni e apprendiamo. Una specifica attivazione cerebrale corrisponde a specifici comportamenti e stati cognitivi e/o affettivi. Modificando una certa attivazione cerebrale posso agire per modulare un sintomo o un’attivazione specifica. Va sottolineato che il neurofeedback è un intervento che può essere pensato come integrazione e supporto a un percorso di psicoterapia; può essere utile per alleviare condizioni comuni a molti disturbi, ad esempio per un riequilibrio e ottimizzazione di alcuni stati mentali come attenzione, calma e riflessione prima dell’azione, oppure nel caso in cui vi è persistente difficoltà di accesso e regolazione degli stati interni.

Nel campo della psicologia dello sport, il biofeedback e il neurofeedback possono essere considerate tecniche efficaci per facilitare l’apprendimento dell’autoregolazione dell’attivazione fisiologica. Tuttavia, in letteratura ci sono molte ricerche spesso condotte su campioni con scarsa numerosità, disomogenei e con interventi su sport specifici, difficilmente replicabili o generalizzabili (Morgan e Mora, 2017). Pertanto, in generale in questo ambito si utilizzano adattamenti dei protocolli efficaci a livello clinico, ma con obiettivi differenti.

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