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Psicoterapia di Dio (2018) di Boris Cyrulnik – Recensione

In "Psicoterapia di Dio" Boris Cyrulnik affronta il tema della religione e della spiritualità in ottica psicologica e neuroscientifica

Di Giulia Campanale

Pubblicato il 29 Ago. 2023

Aggiornato il 31 Ago. 2023 10:42

Introduzione

In questo interessante volume, Boris Cyrulnik, neuropsichiatra e psicoanalista francese, propone un’attenta disamina focalizzata sulla nascita del sentimento religioso da un punto di vista psicologico, sociale e spirituale, sottolineando come la presunta esistenza di un’istanza invisibile ed eterna possa agire sull’animo umano fino a modificarne il funzionamento cerebrale, psichico, sociale e affettivo, portando i circuiti emotivi a procedere in modo diverso anche dal punto di vista neurobiologico.

In questi ultimi anni la collaborazione sinergica tra la psicologia della religione e le neuroscienze ha permesso un’osservazione e uno studio più approfondito degli effetti mentali scaturiti dal sacro, dal trascendente e dall’idea di Dio. Che si tratti del Dio dei cristiani, di quello dei musulmani o di quello degli ebrei, che si tratti di un’entità benevola garante dell’equilibrio cosmico o di una presenza punitiva e intransigente, si può affermare con indubbia certezza che il “bisogno” di Dio sia un sentimento universale e primordiale, tipico dell’esistenza e della condizione umana in ogni cultura, tant’è che sono miliardi le persone che quotidianamente si rivolgono a Lui offrendo il proprio tempo e le proprie risorse in cambio di effetti benefici sul corpo e sulla mente.

Lo sviluppo della spiritualità

La spiritualità sembra giocare un ruolo essenziale, positivo e terapeutico per i credenti nel mondo. L’autore cerca di analizzare il fenomeno attentamente, soffermandosi su come il bisogno spirituale emerge già nei primi anni di vita del bambino, quando il suo cervello stabilisce con Dio un “rapporto affettivo” acquisito per imprinting da modelli familiari, sociali, etici e ambientali.

Sembrerebbe che questo rapporto affettivo sia paragonabile a quello che si instaura con i genitori, tant’è che a seconda della modalità di attaccamento acquisita in famiglia il bambino si relazionerà e amerà Dio in modo sicuro e pacato, vedendolo come un’entità protettrice e benevola, oppure in modo insicuro e ambivalente, vedendolo come severo e intransigente, e alternando manifestazioni di fervore e di ostilità nei confronti del Divino.

Appoggiandosi proprio all’ontogenesi della teoria dell’attaccamento elaborata dallo psicologo John Bowlby, alle tecniche di neuroimaging ed a confronti con l’ateismo, l’agnosticismo e molto altro, Boris Cyrulnik evidenzia come tutto nasca e si consolidi grazie alla teoria della mente, la quale permette l’incontro fra un cervello in grado di rappresentarsi un mondo completamente assente nel reale (astrazione) e un contesto culturale in grado di dare forma e sostegno a questa dimensione mentale.

Quali effetti

La religione e la spiritualità non si limiterebbero ad avere solo una cornice socio-culturale, ma si imprimerebbero nel nostro cervello anche per via biologica, influenzando e condizionando stati emotivi, scelte di vita e abitudini quotidiane. In particolare, la fede in Dio sembrerebbe avere interessanti risvolti acquietanti, riscontrabili in vere e proprie modificazioni neurobiologiche che porterebbero ad alleviare gli stati di ansia promuovendo uno stato di calma e pace interiore, consolidando i processi di socializzazione e comunità.

Dio si porrebbe quindi come una figura di attaccamento rassicurante, gratificante, incoraggiante e protettiva, con significativi effetti sul benessere psico-fisico dei credenti e sul loro livello di resilienza. Se l’ambiente familiare e culturale propone a un individuo l’esistenza di una fede spirituale, questi disporrà di una preziosa arma mentale che gli fornirà il sostegno emotivo, la solidarietà e la trascendenza necessarie per combattere qualsiasi eventuale disagio che potrebbe affliggerlo.

È infatti con l’imponenza metafisica che si riesce a sovrastare l’angusta realtà quotidiana, elevandosi al di sopra del mondo umano reale e permettendo a chi l’abbraccia di rispondere al proprio bisogno di trovare spiegazioni assolute e un senso al destino, di evitare la vertigine del vuoto e di assoggettarsi a un grande disegno cui nulla può sottrarsi. Quando l’uomo sceglie di credere in un significato ultimo, quella fede non si limita più unicamente a credere nella propria verità di pensiero, ma rende “vero” ciò a cui si crede permettendo in un certo senso la realizzazione di quella possibilità.

Secondo l’autore, inoltre, comprendere quali elementi soggiacciono alla creazione di un rapporto sano con la religione e con la spiritualità può rivelarsi utile per prevenire comportamenti nefasti, fanatici e che metterebbero a rischio il tessuto sociale, nonché a costruire un modello sociale aperto e tollerante nei confronti delle diversità religiose e delle posizioni dei non-credenti.

Con una prosa delicata e allo stesso tempo intensa rivolta a credenti, non credenti, agnostici o semplicemente ai più curiosi, Boris Cyrulnik in “Psicoterapia di Dio” offre un’interessante guida alla scoperta dell’origine culturale, sociale e soprattutto psicologica del sentimento religioso e dell’incessante ricerca di senso ad esso associata.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Cyrulnik B. (2018). Psicoterapia di Dio. Torino: Bollati Boringhieri.
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