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Tecniche di neuroimaging

Consentono di registrare l’attività neurale e di identificare le regioni del cervello coinvolte nello svolgimento di una serie di attività.

Di Redazione

Pubblicato il 16 Lug. 2023

Introduzione alle tecniche di neuroimaging

I neuroscienziati molto spesso eseguono esperimenti controllati attraverso tecniche di neuroimaging (Risonanza Magnetica funizonale (fMRI), Tomografia Assiale a emissione di Positroni (PET), MagnetoEncefalografia (MEG), Stimolazione Magnetica Transcranica (TMS), etc.) che consentono di registrare l’attività neurale e, di conseguenza, di identificare le regioni del cervello coinvolte nello svolgimento di una serie di attività. In questo modo si ottengono delle mappe funzionali di particolari aree del cervello imputate allo svolgimento di specifici compiti.

fMRI

La fMRI (risonanza magnetica funzionale) è una tecnica introdotta di recente per studiare nel dettaglio l’attività cerebrale. Essa nasce negli anni novanta ad opera di Thulborn e Ogawa, che intuirono l’importanza dell’ossigenazione sanguigna nel tempo (segnale BOLD, Blood Oxygenation Level Dependent), per acquisire immagini relative a una determinata area cerebrale. L’effetto BOLD era stato studiato da L. Pauling, che l’aveva legato a delle immagini strutturali cerebrali per renderle più informative da un punto di vista funzionale. La risonanza magnetica funzionale, dunque, permette di localizzare l’attività cerebrale sfruttando le variazioni emodinamiche. Questo metodo di indagine si basa sul cambiamento del segnale MRI, al quale si associa la risposta emodinamica e metabolica in una regione in cui si ha un’attivazione neuronale indotta da stimoli interni o esterni. L’fMRI, è legata strettamente a contesti sperimentali e di ricerca per individuare, sia in soggetti normali che in soggetti patologici, le aree del cervello attivate durante compiti di stimolazione. In questo modo si ottengono mappe di attivazione (funzionali) che consentono di illustrare quali aree cerebrali sottendono funzioni cognitive specifiche. Chiaramente i compiti fatti svolgere da un soggetto in fMRI sono specifici rispetto a una funzione svolta da una determinata area. L’fMRI lavora in relazione ai cambiamenti di magnetizzazione che si registrano tra il flusso ematico povero di ossigeno ed il flusso ematico ricco di ossigeno, avendo come base da cui partire acquisizioni di immagini MRI anatomiche del soggetto, che consentono di ricostruire l’intera struttura cerebrale di base. Quando si genera un incremento di attività cerebrale in un’area si determina un maggiore afflusso sanguigno in quell’area con conseguente aumento locale della quantità di ossigeno. Di conseguenza anche il flusso sanguigno aumenterà perché è necessaria una quantità maggiore di emoglobina ossigenata. Nelle aree attivate, quindi, l’aumento della concentrazione di ossiemoglobina è indice di un incremento dell’attività elettrica cerebrale. La fMRI non produce immagini dirette di quello che avviene nel cervello, poiché queste immagini sono un effetto indiretto, derivante dalla risposta emodinamica, dell’attività neuronale. Si tratta, sostanzialmente, di mappe di distribuzione statistica, derivate da effetti medi, dell’attivazione di un’area nello svolgimento di un compito specifico.

PET

La PET (tomografia a emissione di positroni) e SPECT (tomografia computerizzata a emissione di fotoni singoli, single photon emission computed tomography) sono largamente impiegate nella pratica clinica specialmente in neurologia, poiché consentono una dettagliata analisi a livello dell’attività metabolica del sistema nervoso centrale, e di conseguenza una accurata diagnosi precoce di molte importanti patologie. A differenza della radiografia, della TAC e della risonanza magnetica strutturale, strumenti che restituiscono immagini prettamente anatomiche di alterazioni morfologiche sul distretto cellulare analizzato, la PET fornisce informazioni di tipo funzionale, ovvero determina quali zone del corpo metabolizzano maggiormente un tracciante, sostanza che permette di rilevare con maggiore precisione un’area che funziona di più rispetto ad altre. Per alcuni aspetti la PET è simile alla Risonanza Magnetica funzionale, ma le informazioni fornite sono più dettagliate e accurate.

TMS

La TMS (stimolazione magnetica transcranica) è una tecnica non invasiva di stimolazione elettromagnetica, a corrente indotta, del cervello e del sistema nervoso in generale. Essa consente di studiare il funzionamento dei circuiti e delle connessioni neuronali all’interno del cervello, provocando una micro lesione transitoria che inibisce il funzionamento dell’area oggetto d’indagine. La stimolazione magnetica transcranica comporta la stimolazione profonda ma non invasiva e indolore del cervello, allo scopo di ottenere risposte in relazione all’area cerebrale stimolata e per modificarne l’eccitabilità e la plasticità. La stimolazione magnetica transcranica è largamente utilizzata a scopo di ricerca, ma di recente sono stati osservati benefici in ambito clinico, dove è utilizzata per trattare disturbi psichiatrici e neurologici quali la depressione, le allucinazioni, la malattia di Parkinson. L’utilizzo della stimolazione magnetica transcranica è stato approvato dalla Food and Drug Administration (FDA) per essere utilizzata nel trattamento dell’emicrania. Mentre, l’utilizzo della TMS ripetuta (rTMS) è consentito nel trattamento della depressione resistente ad altri trattamenti, sia terapeutici sia farmacologici

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