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La fine della coscienza? (2022) di Ciuffardi e Perissi – Recensione

Ciuffardi e Perissi nel libro 'La fine della coscienza?' affrontano il tema della coscienza, uno dei grandi misteri irrisolti che fatichiamo a spiegare

Di Antonio Scarinci

Pubblicato il 02 Nov. 2022

La tesi sostenuta nel libro La fine della coscienza?” è che bisognerebbe adottare una prospettiva epistemologica ampia, capace di recuperare la dimensione prettamente qualitativa dell’esperienza cosciente.

 

 Il sistema di credenze di ognuno cerca di dare significato al mondo e alle grandi questioni irrisolte che riguardano anche la coscienza.

Per affrontare questo tema gli autori di “La fine della coscienza? Dalla mente bicamerale all’intelligenza artificiale” fanno riferimento al contributo di Julian Jaynes, illustrato nel saggio “Il crollo della mente bicamerale e l’origine della coscienza”, ripreso da autori di grande prestigio quali Zemir Zeki, Eric Kandel e Richard Dawkins.

La prospettiva con la quale Ciuffardi e Perissi affrontano il tema è fenomenologica e considera i fenomeni della coscienza come “prodotti culturali e a loro modo rappresentativi della modalità complessa e multidimensionale con la quale il cervello si fa mente e l’uomo si fa società, cultura e infine storia”.

Il modello epistemologico preso in considerazione è il costruttivismo – la distanza, però, da un costruttivismo radicale per il quale esistono solo le mappe e non il territorio è netto – che può consentire di comprendere il rapporto tra osservato e osservatore e favorire il salto di paradigma che serve per rendere conto di anomalie da studiare pensando in maniera diversa rispetto a quanto fatto sino ad ora.

Grandi intuizioni nascono, infatti, da osservazioni apparentemente banali o da curiosità attinte da discipline differenti. Studiare “cose strane e particolari” in quest’ottica può essere molto utile per far avanzare il sapere.

Il libro si apre con un capitolo dedicato alla storia della coscienza.

Il nostro cervello ha sviluppato l’emisfero sinistro a discapito dell’emisfero destro senza soppiantarlo del tutto.  La metà sinistra è deputata alla razionalità, alla spiegazione scientifica, quella destra volta alla trascendenza e alla dimensione artistica.

Prima che nascesse la coscienza intesa in senso moderno i due emisferi si parlavano alla pari, mentre oggi la focalizzazione dei processi mentali elimina tutto ciò che non è oggetto di essi, perciò non siamo più guidati da voci interiori di esseri soprannaturali e non consideriamo ogni fenomeno intenzionale e dotato di libero arbitrio.

Molti neuroscienziati considerano la coscienza moderna nient’altro che l’epifenomeno dell’attività elettrica e biochimica del cervello. Il linguaggio, pertanto, assume un ruolo dominante nel definire che cosa sia cosciente oppure no.

Ciuffardi e Perissi riportano una serie di controesempi per mettere in discussione questa tesi, e nel ripercorrere le tappe della storia del concetto di coscienza, facendo riferimento a Kandel, Fodor, Dennet, Metzinger, Damasio, concludono che “se l’intero flusso di coscienza può essere interpretato nei termini di un “presente ricordato” (Edelman, 2007), essenziale per intrecciare le varie percezioni in un’unità dotata di senso e coerenza, la mente bicamerale potrebbe essere allora intesa come l’impronta di un passato ancestrale che non muore mai, capace di far ritorno ricorsivamente nel presente sotto forma di immagini senza tempo, strane reminiscenze e percezioni extracorporee alle quali noi attribuiamo un significato paranormale, dai poteri della mente agli avvistamenti dei dischi volanti, ai fenomeni di difficile comprensione come le esperienze di premorte”.

La coscienza rimane comunque uno dei grandi misteri irrisolti poiché non sappiamo spiegare come emerga dal livello microscopico sottostante, il modo in cui si forma l’esperienza soggettiva, l’autoconsapevolezza che rende conto del libero arbitrio.

La tesi del libro è che proprio per questo bisognerebbe adottare una prospettiva epistemologica ampia, capace di recuperare la dimensione prettamente qualitativa (qualia) dell’esperienza cosciente, inevitabilmente diversa per ciascun osservatore.

E qui, nel secondo e terzo capitolo, i riferimenti sono Maturana, Varela, Heidegger contro la prospettiva eliminativista di Dennet e contro l’emergere dell’intelligenza artificiale cui erroneamente, almeno per il momento, qualcuno attribuisce la capacità di raggiungere e persino superare le facoltà più propriamente umane.

Il quarto capitolo si apre con la domanda: In quale punto si colloca il confine tra la coscienza e la realtà “esterna”?

All’epoca della mente bicamerale il rapporto era caratterizzato da un realismo ingenuo, tutto ciò che veniva percepito era considerato come la realtà effettiva. In seguito si è fatta largo una percezione orientata da credenze e pregiudizi per lo più inconsapevoli, e da quella che Bessel definisce equazione personale.

Il fenomeno della coscienza si sviluppa proprio a partire dalla percezione più o meno distorta della realtà intorno a noi, determinando una dimensione parallela che si sovrappone al mondo fisico e, come sostiene Erwin Schrödinger, citato dagli autori, “la sola possibilità è di accettare l’esperienza immediata che la coscienza sia un singolare di cui non si conosce il plurale”.

Il processo di continua costruzione e attribuzione di significato sembra valere anche per la psichiatria e per la psicoterapia, giacché possiedono una valenza diversa a seconda della teoria o modello di riferimento.

Nel quinto capitolo s’illustrano una serie di evidenze, non ancora spiegate, che mettono in evidenza come la coscienza consente alle persone comuni di attribuire un significato alle proprie azioni e comportamenti, sviluppando una visione soggettiva della realtà e la capacità di agire su di essa, che può comprendere anche l’aver vissuto esperienze strane, atipiche o insolite.

 Ma la tendenza a bypassare la coscienza, presente anche in alcuni approcci psicoterapeutici manualizzati con protocolli specifici che non tengono conto della singolarità con la quale si percepisce la realtà in collegamento con l’ambiente, tanto da far avanzare l’ipotesi di una mente estesa e distribuita, non limitata al cervello umano, ma ampliata fino a diventare un tutto unico con l’ambiente circostante (Sheldrake), andrebbe a produrre un disadattamento evolutivo.

I due autori citano una serie di fatti a dimostrazione della tesi: il brusco calo nell’elaborazione degli stimoli da parte del cervello a causa dell’uso eccessivo della tecnologia; l’aumento di procedure meccanizzate e soluzioni standardizzate; l’effetto Flynn nei paesi più sviluppati; il dilagare dei disturbi dell’apprendimento; la pervasività del fenomeno della droga e di altre forme di dipendenza; l’abuso degli psicofarmaci, la demenza digitale, ecc..

D’altra parte Ciuffardi e Perissi continuano nei capitoli successivi del libro a mostrare, con una serie di esempi riguardanti lesioni del cervello che dovrebbero comportare la perdita di funzioni, ma che inopinatamente e inspiegabilmente non si verificano, quanto lo schema della profezia che si autoavvera, cioè le assunzioni che facciamo sulla nostra esperienza che in qualche misura la strutturano e la orientano verso conseguenze che lungi dall’essere inevitabili fanno leva sulla nostra spesso inconsapevole complicità, siano determinanti nella produzione di senso sia in termini negativi, sia positivi.

L’essere dotati di una coscienza, o almeno il credere di esserlo, consente alle persone comuni di attribuire un significato alle proprie azioni e comportamenti, sviluppando una visione soggettiva della realtà e la capacità di agire su di essa, che può comprendere anche l’aver vissuto esperienze strane, atipiche o insolite. Ma se la coscienza costituisce un tratto adattivo transitorio, il cui sviluppo è avvenuto in risposta a un ambiente mutevole, rischia di fare la fine di altri adattamenti che in natura si sono estinti perché diventati perfettamente inutili, superflui o ridondanti.

Già i resti dell’antica mente bicamerale, secondo Jaynes, è possibile intravederli tutt’intorno a noi, come se stessimo visitando un sito archeologico.

Maghi, astrologi, cultori dei fenomeni paranormali persino psichiatri e psicologi forniscono visioni del mondo strutturate per trovare esattamente ciò che cercano, operando in modo antitetico al principio di falsificazione di Popper.

Nel corso dei millenni, siamo passati dall’impossibilità che la mente bicamerale aveva nel discernere fra fatti veri e leggende, alla concezione opposta, in base alla quale verità e finzione narrativa sono due poli inconciliabili.

I misteri spesso si collocano negli occhi di chi guarda piuttosto che all’interno di quanto osservato, negando l’evidenza dei dati a disposizione, ma anche all’opposto producendo una mole infinita di dati, nella convinzione che essa esaurisca ogni discorso.

È, quindi, necessario formulare teorie e modelli in grado di essere falsificati andando alla ricerca, in maniera contro-intuitiva, non delle prove a favore, bensì di quelle sfavorevoli e contrarie.

Gli autori ritengono che attraverso un’indagine seria delle anomalie e delle cose strane che a volte si verificano nella realtà, sia possibile imparare moltissimo sulle modalità di funzionamento della mente in condizioni normali.

Questa visione ha una caduta anche sulla psicoterapia, che per gli autori consiste in un’attività artistica con basi scientifiche che, tenendo conto delle tecniche e del setting clinico, cambia ogni volta che il saper fare e il saper essere del terapeuta entrano in risonanza con ogni singolo paziente.

Il modello clinico, sviluppato a partire dalla mente bicamerale, mira proprio a incrementare il livello di coscienza delle persone, portandole a riflettere sugli eventi accaduti, anche su quelli presunti, e sul senso di sé, in modo da attivare le capacità di ragionamento critico e altre risorse interiori, affinché sia possibile trarre un significato personale da una storia anche strana.

In questo senso ci sembra che Ciuffardi e Perissi evidenzino la necessità di coniugare il rigore del metodo scientifico, gli aspetti di una coscienza bicamerale ancora presente con funzioni evolutive e adattive e volta a tener conto degli aspetti di singolarità, e una riflessività e autoconsapevolezza che non può rischiare di eclissarsi, a favore di una coscienza moderna che fa coincidere il funzionamento biochimico ed elettrico del cervello con la mente.

 

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Antonio Scarinci
Antonio Scarinci

Psicologo Psicoterapeuta Cognitivo Comportamentale

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Ciuffardi, G., Perissi, T. (2022). La fine della coscienza? Dalla mente bicamerale all’intelligenza artificiale, Torino: Golem Edizioni.
  • Jaynes, J. (1984). Il crollo della mente bicamerale e l’origine della coscienza, Milano: Adelphi Edizioni.
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