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La relazione medico-paziente nel setting medico

L’adesione del paziente al trattamento proposto dipende da alcune variabili che sono elicitate dalla relazione medico-paziente e dalla loro comunicazione

Di Vincenzo Amendolagine

Pubblicato il 11 Mag. 2022

Aggiornato il 13 Mag. 2022 12:43

Il paziente segue più facilmente il percorso terapeutico nella misura in cui è soddisfatto delle spiegazioni ricevute e ha compreso fino in fondo in maniera inequivocabile quanto gli è stato detto dal medico, la relazione medico-paziente ha quindi un ruolo fondamentale.

 

Abstract

Esistono differenti fenomenologie di pazienti nel contesto medico, che richiedono degli approcci relazionali diversificati. Fra di essi si possono citare il paziente oppositivo, il manipolativo, il richiedente, l’irascibile, il piacevole e quello che “sa tutto”. L’adesione del paziente al trattamento terapeutico proposto dipende da più fattori, rapportabili alle caratteristiche di personalità del paziente, a quelle del medico e agli aspetti comunicazionali che si strutturano nel rapporto fra chi cura e chi è curato.

Keywords: pazienti, medici, aderenza terapeutica.

Le differenti fenomenologie dei pazienti

La gamma dei pazienti che si interfacciano con i contesti di cura è polimorfa. Infatti, in accordo con Ripamonti (2015), possiamo avere differenti tipologie di pazienti nel setting medico, come ad esempio:

  • il paziente oppositivo;
  • il paziente manipolativo;
  • il paziente richiedente;
  • il paziente irascibile;
  • il paziente piacevole;
  • il paziente che “sa tutto”.

Spesso il confrontarsi con le differenti tipologie di pazienti, che presentano caratteristiche relazionali diversificate, può elicitare nel medico delle condizioni di disagio. Infatti,

le difficoltà relazionali che derivano dall’interazione con determinate tipologie di pazienti possono non solo interferire con il processo terapeutico, ma anche aumentare i livelli di distress del medico […]. La consapevolezza che atteggiamenti e comportamenti disfunzionali del paziente non dipendano necessariamente dall’interlocutore può aiutare il medico […] a vivere con maggiore distacco emotivo eventuali attacchi, critiche, richieste eccessive o espressioni rivendicative (Ibidem, pp. 193).

Relativamente alle categorie dei pazienti sopra elencati, si possono fare alcune riflessioni e delineare delle strategie con cui relazionarsi con loro.

Il paziente oppositivo è un soggetto che presenta una scarsa aderenza al piano terapeutico proposto, frequentemente ingaggia delle sfide con il personale sanitario, svalutando quello che viene da loro detto. Il modo migliore per affrontare questo tipo di paziente è quello di non raccogliere le sfide e di avere un atteggiamento di accoglienza, con la finalità di capire quali sono le vere ragioni alla base dell’opposizione.

Il paziente manipolativo è quello che cerca di suscitare nel medico sentimenti positivi per essere accontentato nelle sue richieste: infatti, ha la necessità che i suoi bisogni e i suoi desideri siano soddisfatti e per ottenere questo non disdegna anche l’utilizzo di condotte seduttive. In questa circostanza il sanitario non deve lasciarsi coinvolgere in questo gioco seduttivo, ribadendo le ragioni alla base delle sue decisioni se queste non sono sintoniche con le richieste avanzate dal paziente.

Il paziente richiedente cerca costanti attenzioni e insiste perché il medico effettui tutta una serie di azioni e di procedure che possono non essere necessarie (Ibidem, pp. 195).

In questa circostanza il sanitario deve spiegare al paziente quello che può essere di pertinenza del personale sanitario e quello che invece esula per una serie di ragioni (etiche, pratiche o di altra natura) dalla competenza medica.

Il paziente irascibile è quello che tende ad essere aggressivo nei confronti del sanitario, in quanto è la modalità relazionale che utilizza prevalentemente quando si interfaccia con l’alterità. Alla base di questo atteggiamento ci sono spesso delle frustrazioni che il paziente vive nella propria quotidianità, che sottendono un disagio emotivo. In questa circostanza è bene che il sanitario faccia emergere questa emotività di fondo.

Il paziente piacevole è rappresentato dal soggetto che si mostra estremamente educato, segue alla lettera tutte le prescrizioni, tende ad esaltare la competenza del medico a cui si rivolge, si fida ciecamente del suo operato. In questa evenienza l’operatore sanitario dovrebbe porre attenzione ad evitare forme eccessive e poco realistiche di ottimismo, dettate dal non voler deludere il paziente.

Il paziente che “sa tutto” è quello che dimostra di avere una competenza in ambito sanitario derivata prevalentemente dalla lettura di riviste mediche o dalla navigazione in rete. Frequentemente egli porta al medico copia degli articoli che ha letto per renderlo edotto su alcune tematiche. A questo paziente va spiegato con cortesia e fermezza che la professionalità medica non si acquisisce con la lettura di articoli o consultando siti Internet specifici e che egli non ha il necessario distacco emotivo per occuparsi della sua patologia, in quanto è coinvolto emotivamente da essa.

L’adesione del paziente al trattamento terapeutico

Nel momento in cui propone ad un paziente un trattamento terapeutico, il medico non sa se l’utente aderirà alle indicazioni e alla cura proposti (Salovey, Rothman e Rodin, 1997). Questo dipende da numerosi fattori, alcuni imputabili alle caratteristiche personali del paziente, altri alle peculiarità del medico e altri rapportabili agli aspetti relazionali che sono elicitati dal rapporto fra due alterità (medico e paziente) che si confrontano.

Relativamente alle peculiarità personali del paziente, quelle che fanno la differenza sono le credenze che il paziente ha riguardo alla propria malattia, ovvero se la considera grave e fonte di uno scadimento della qualità della vita, e al percorso di cura, ossia se lo ritiene idoneo per la propria guarigione (Zani e Cicognani, 2000). Difatti, laddove il soggetto propende per la gravità della propria patologia e ha la convinzione che il percorso di cura proposto sia quello giusto, egli aderirà completamente al piano terapeutico. A questo proposito, diverse ricerche svolte (Ibidem) sottolineano che solo il 30% dei pazienti segue correttamente il percorso di cura, il 50% lo adotta in parte e una percentuale che oscilla fra il 20 e il 50% non lo segue.

Riguardo alle caratteristiche personali del medico, i pazienti rispondono meglio ad un farmaco nella misura in cui il medico che lo prescrive si dimostra ottimista, ha un atteggiamento terapeutico piuttosto che sperimentale, ovvero utilizza l’espressione “ti prescrivo questo farmaco efficace” piuttosto che dire “proviamo questo farmaco e vediamo che effetto ha”, e si mostra gioviale nei confronti del paziente (Amendolagine, 2021).

In rapporto agli aspetti relazionali che si instaurano fra medico e paziente, si possono fare alcune considerazioni. Differenti ricerche hanno messo in evidenza che l’adesione del paziente al trattamento proposto dipende da alcune variabili che sono elicitate dalla comunicazione che si instaura fra medico e paziente. In sostanza, il soggetto segue più facilmente il percorso terapeutico nella misura in cui è soddisfatto delle spiegazioni ricevute e ha compreso fino in fondo in maniera inequivocabile quanto gli è stato detto (Zani, Selleri e David, 1994). Per quanto riguarda la soddisfazione mostrata dal paziente, sono stati proposti due modelli esplicativi, ossia un modello affettivo e un modello cognitivo (Zani e Cicognani, op. cit.).

Secondo il modello affettivo, la soddisfazione del paziente origina dai comportamenti affettivi mostrati dal medico, ovvero

il suo essere amichevole piuttosto che distaccato e manageriale, mostrare di capire i timori (del paziente) […], essere dotato di abilità comunicative positive (Ibidem, pp. 144).

Secondo il modello cognitivo, la soddisfazione dell’utente è in funzione dell’efficacia razionale della comunicazione ricevuta, ossia l’input comunicazionale ricevuto deve essere inteso totalmente, espresso in parole semplici, che possono essere ricordate con facilità (Ley, 1989).

In aggiunta, la relazione che si instaura fra curato e curante ha anche una finalità psicopedagogica, che deve essere soddisfatta. In altre parole, tale relazionalità si pone come obiettivo l’insegnare al paziente a prendersi cura di sé e, soprattutto, a ricercare dentro di sé le risposte alle sue domande. Affinché questo avvenga, il medico, o in generale chi si occupa della cura del paziente, deve avere alcune caratteristiche, quali:

  • sviluppare uno stile relazionale improntato alla positività e all’ottimismo;
  • avere l’abilità di mettersi nei panni di chi ha di fronte e considerarlo nella sua globalità, ovvero come una persona da accettare senza remore o preconcetti (Amendolagine, op. cit.).

A tal riguardo, giova da parte del medico una forma di riflessione su di sé, che, in accordo con Ripamonti (op. cit.), deve rispondere ad alcune domande, quali:

Mi arrabbio facilmente, sono irritabile, mi metto sulle difensive?
Sono emotivo, mi rattristo facilmente, ho paura di certe situazioni?
Sono troppo brusco e impaziente?
Quanta compassione ed empatia ho per persone che mi sono totalmente estranee?
Qual è il mio livello di flessibilità?
Sono amichevole oppure asociale?
Posso sembrare calmo anche quando in realtà sono ansioso?
Ho il senso dell’umorismo e so come utilizzarlo in modo appropriato?
Devo sempre avere il controllo della situazione?
Sono capace di accettare le critiche?
Ho dei pregiudizi che possono influenzare la mia oggettività?.

In conclusione, esistono differenti fenomenologie di pazienti, che richiedono degli approcci relazionali diversificati. Fra di essi, si possono citare il paziente oppositivo, il manipolativo, il richiedente, l’irascibile, il piacevole e quello che “sa tutto”. L’adesione del paziente al trattamento terapeutico proposto dipende da più fattori, rapportabili alle caratteristiche di personalità del paziente, a quelle del medico e agli aspetti comunicazionali che si strutturano nel rapporto fra chi cura e chi è curato.

 

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SCRITTO DA
Vincenzo Amendolagine
Vincenzo Amendolagine

Medico, psicoterapeuta psicopedagogista. Insegna come Professore a contratto presso la Facoltà/Scuola di Medicina dell’Università di Bari Aldo Moro.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Amendolagine, V. (2021). Manuale di Psicologia Clinica, Psichiatria Clinica e Psicoterapia. Lecce: Libellula Edizioni Universitarie.
  • Ley, P. (1989). Improving patients’ understanding, recall, satisfaction and compliance, in Broome, A., K. (ed), Health psychology, London: Chapman and Hall.
  • Ripamonti, C., A. (2015). Manuale di psicologia della salute. Bologna: Il Mulino.
  • Salovey, P., Rothman, A., J. e Rodin, J. (1997). Social psychology and health behaviour, in Gilbert, D., Fiske, S. e Lindzey, G. (eds), Handbook of social psychology, New York: McGraw Hill.
  • Zani, B. e Cicognani, E. (2000). Psicologia della salute. Bologna: Il Mulino.
  • Zani, B., Selleri, P. e David, D. (1994). La comunicazione. Modelli teorici e contesti sociali. Roma: Carocci.
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