expand_lessAPRI WIDGET

Le lacrime di gioia come espressione emotiva del senso della vita – Intervista al Dr B. Paoli

Bernardo Paoli racconta la sua intuizione che ha guidato la strutturazione di una ricerca che ha messo insieme le lacrime di gioia ed il senso della vita

Di Valentina Nocito

Pubblicato il 17 Mag. 2022

Le lacrime di gioia come espressione emotiva del senso della vita, l’intervista video a Bernardo Paoli sulla ricerca recentemente pubblicata.

 

Il pianto di gioia, un’esperienza emotiva a tutt’oggi poco esplorata e conosciuta, ed ecco che uno dei ricercatori coinvolti, durante i suoi viaggi tra India e Giappone, comincia ad indagare il rapporto che intercorre tra lacrime di gioia e senso della vita.

Nata dal lavoro di Bernardo Paoli, Rachele Giubilei ed Eugenio De Gregorio, la ricerca viene poi pubblicata in lingua inglese sulla rivista scientifica Frontiers in Psychology.

Una ricerca qualitativa molto originale, che a partire dal ruolo adattivo delle emozioni e dall’influenza culturale sulle stesse, ha provato a mettere a fuoco tre dimensioni mediante la realizzazione di un’intervista semistrutturata presente e consultabile nell’appendice della ricerca (i link e riferimenti alla fine dell’articolo):

  • Lacrime di gioia (TOJ – Tears of joy);
  • Significato della vita (MOL – Meaning of life);
  • Caratteristiche personali.

I risultati della ricerca in questione sono stati da me poi approfonditi con uno degli autori, Bernardo Paoli (Fig. 1), psicologo, psicoterapeuta, formatore e divulgatore attivo sul web in merito a tematiche inerenti la psicologia, scrittore ed autore di diversi libri e pubblicazioni, che ringrazio per la disponibilità offertami per la realizzazione della video intervista.

Lacrime di gioia e senso della vita Intervista a Bernardo Paoli Fig 2

Fig. 1: Bernardo Paoli, psicologo e psicoterapeuta

Il primo quesito rivolto a Bernardo Paoli ha riguardato proprio la nascita di tale ricerca.

La sua ricerca, racconta, doveva essere più ampia, ma come ci spiega lo stesso, un privilegio della ricerca qualitativa è anche quello di partire con un’idea e lasciare poi che le cose accadano.

Nata dall’indagare su come la cultura incida sul vissuto e l’espressione delle emozioni nelle persone, si è man mano focalizzata in particolar modo su come le persone vivessero le lacrime di gioia, spinti anche dalla scarsa letteratura in merito ed il considerare la stessa come una sottocategoria della gioia, una gioia talmente grande che per autoregolarsi spinge il nostro organismo ad attivarsi al fine di per autoregolare tale esplosione di gioia.

Bernardo Paoli continua a raccontarci che la sua intuizione da psicoterapeuta ha guidato la strutturazione della ricerca, mettendo insieme il pianto di gioia ed il senso della vita.

L’ipotesi iniziale, dunque, è stata quella di considerare che il pianto di gioia possegga una sua specificità, ossia di sottolineare le esperienze che si collegano al senso della vita delle persone e nello specifico al raggiungimento di obiettivi molto importanti da una parte, ed il senso di connessione profonda con gli altri dall’altra.

Ho chiesto inoltre di spiegare alcuni punti divulgati dallo stesso, in merito ai risultati della ricerca in oggetto, di seguito riportati:

  • Chi non piange di gioia tende a descriversi in modo “duro”, come una persona molta sicura di sé.
  • Si piange di gioia anzitutto raggiungendo un importante traguardo personale.
  • L’inattesa felicità del pianto di gioia si rende più facilmente accessibile a chi desidera con forza raggiungere un obiettivo, ma non è del tutto sicuro delle proprie capacità.
  • Il profilo tipico che è emerso durante le interviste, è quello di un essere umano che piange di gioia poche volte nella vita, ritiene che la vita abbia senso, e che il senso della vita corrisponda anzitutto nell’aiutare gli altri e ritiene che vi sia una forte connessione fra il senso della propria vita e gli episodi in cui ha pianto di gioia.

Spiega Bernardo Paoli che una delle caratteristiche del pianto di gioia sembra essere che lo stesso nasca come qualcosa di inaspettato. I termini infatti più utilizzati dagli intervistati in merito al pianto di gioia, racconta l’autore, sono stati: Felicità, Inaspettato e Raggiungimento.

Continua a spiegare Bernardo Paoli, che un ulteriore risultato che è stato messo in risalto consiste in un collegamento stretto tra il non piangere di gioia e la rigidità rispetto al proprio vissuto emotivo. I giapponesi, cultura che non facilita l’espressione delle emozioni, sembra tendono a piangere molto meno, mai o una sola volta nella vita (media età del campione 42-43 anni), a differenza degli indiani, età media del campione 24-26 anni, che tendono a piangere 3-4 volta nella vita.

Sembra dunque, dai dati di tale ricerca, che i soggetti che descrivono se stessi in maniera molto “dura” tendano a piangere meno di gioia, all’opposto invece chi vive di più il pianto di gioia per situazioni come la nascita del figlio, il conseguimento e completamento di un percorso di studio, il matrimonio, il senso di connessione con il proprio gruppo. La cosa inoltre sorprendente per i ricercatori è stata la descrizione di un non riconoscimento delle proprie abilità che Bernardo Paoli legge come qualcosa di estremamente positivo per il benessere psicologico dell’individuo in quanto questo livello di incertezza è anche quello che consente di elevare la performance ed al tempo stesso di vivere questa gioia traboccante quando si arriva a raggiungere un risultato importante.

Bernando Paoli aggiunge inoltre la lista dei termini con cui le persone hanno descritto l’esperienza del pianto di gioia:

  • Istantanea
  • Istintiva
  • Inattesa
  • Incomprensibile
  • Significativa
  • Potente
  • Emozionante
  • Scioccante
  • Travolgente
  • Rilevante
  • Estesi
  • Di vittoria
  • Di conquista
  • Ho avuto un insight
  • Ho avuto una comprensione profonda
  • Mi sono sentito libero
  • Mi sono sentito amato, speciale…
  • Mi sono sentito sulla strada giusta
  • Mi sono sentito felice
  • Ha avuto un grosso impatto su di me

Quanto emerso dalla ricerca, ha spinto e sostenuto sempre di più l’ipotesi di partenza dunque, ossia che il pianto di gioia è un qualcosa di più che una sottocategoria della gioia, mettendolo in relazione per l’appunto quest’ultimo con il senso della vita.

 

Per guardare l’intervista >> CLICCA QUI

 

Si parla di:
Categorie
SCRITTO DA
Valentina Nocito
Valentina Nocito

Psicologa e Psicoterapeuta Cognitivo Comportamentale

Tutti gli articoli
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
CONSIGLIATO DALLA REDAZIONE
Felicità a tutti i costi: un'illusione odierna, tra confronto e obiettivi irrealistici
Perché non sono felice come gli altri?

La convinzione di dover essere felici crea la trappola della felicità: più rincorro la felicità come obiettivo di vita più sarò frustrato e meno sarò felice

ARTICOLI CORRELATI
Si può vivere senza ansia?

Eliminare l'ansia non è possibile, ma imparare a conviverci sì. Per riuscirci è d'aiuto fare riferimento ad alcune tecniche di psicoterapia

Dipendenza affettiva e ansia da relazione
Ansia da relazione e dipendenza affettiva

Nelle relazioni sentimentali sono diversi i meccanismi disfunzionali che possono instaurarsi, tra questi la dipendenza affettiva e l'ansia da relazione

WordPress Ads
cancel