Il food craving è definito come il desiderio incontenibile di cibo, ove è presente l’inabilità o la difficoltà di gestione alimentare da parte della persona (Holtzman, 2019).
L’assunzione incontrollata di cibo è stata indagata in studi che si focalizzano su cibi ipercalorici: in termini fisiologici e psicologici, si ipotizza che l’impatto dello zucchero su determinate aree cerebrali contribuisca ad un’attivazione simile a quella fornita da sostanze come l’eroina e altri oppiacei (Davis & Carter, 2014; Drewnowski, 1992; Rodriguez-Martin & Maule, 2015; Tanda & di Chiara, 1998) o che tale tipologia di craving sia innata, probabilmente perché in passato avere accesso ad un tipo di cibo più nutriente era un rinforzo elevato (Gearhardt et al., 2012; Ventura & Mennella, 2011).
L’eziologia del food craving
I modelli che includono i fattori culturali nell’eziologia del craving ipotizzano l’esistenza di un desiderio innato nei confronti di determinate sostanze (come cibi ipercalorici) che, se consumate, vengono vissute in modo ambivalente a causa di restrizioni per la salute o per rispecchiare un determinato canone corporeo (Holtzman, 2019). Mintz (1985) ha scritto un rendiconto storico sulla divulgazione dello zucchero in Europa, dimostrando che il desiderio di dolcezza è una spiegazione insufficiente per spiegare il suo utilizzo e la sua diffusione, in quanto sono presenti anche molti fattori culturali, politici ed economici potenzialmente influenti. Un recente lavoro sulle differenze alimentari cross-culturali dimostra l’esistenza universale di diverse credenze e pratiche riguardo al cibo, non solo in termini di alimenti, bensì anche riguardo a come si mangia, a ciò che ha un determinato sapore e ai sentimenti che sono la causa e la conseguenza dell’assunzione di cibo (Batsell et al., 2002; Berzok, 1991; Duruz, 1999; Harbottle, 1997, Holtzman, 2019).
Alcune teorie in questo ambito si strutturano sulla polarità esistente tra il desiderio di mangiare cibi golosi e la necessità di evitarli. Di conseguenza, sono presenti dei limiti sulla comprensione del food craving su cibi salutari oppure sull’incontrollabilità sperimentata all’interno di società dove non viene posta l’enfasi sulle restrizioni nei confronti di determinati alimenti (Holtzman, 2019).
Nello specifico, Hormes e Rozin (2010) hanno osservato come in molte lingue non esista un termine che traduca la parola “craving”, portando gli autori a domandarsi che cosa sia una “naturale” esperienza culinaria umana rispetto ad un’esperienza costruita in termini culturali, come la restrizione o il desiderio di assunzione (Hormes & Niemic, 2017). Le abitudini alimentari giapponesi possono essere un interessante punto di confronto: nonostante l’elevato consumo di alimenti specifici o abitudini precise da anni (come le bacche di gogji o l’educazione sull’assunzione di cibo salutare), i dati sanitari indicano nel 2005 un incremento del tasso di obesità, circa del 3,2% (OECD, 2005).
Il food craving nella cultura orientale
Holtzman (2019) ha svolto una ricerca per comprendere la connotazione orientale di desiderio verso il cibo. È stato somministrato un questionario ad un campione composto da 130 Giapponesi residenti a Tokyo (con un’età compresa tra i 19 e i 78 anni) per comprendere la frequenza, le caratteristiche e le rappresentazioni esistenti riguardo al food craving in Giappone (Holtzman, 2019). Nello specifico, ai soggetti è stato chiesto di valutare la frequenza di assunzione, il gradimento provato e il livello di desiderio nei confronti di 116 cibi e bevande comunemente disponibili. I dati ottenuti sono stati confrontati con altri, raccolti attraverso la somministrazione del Food Craving Inventory (White et al., 2001) e del Food Preference Questionnaire (Geiselmann et al., 1998), per facilitare un confronto con studi precedentemente svolti in popolazioni non giapponesi. È interessante notare come il food craving è riportato dal 63,1% del campione, mentre il 74,6% riporta il desiderio di consumare solo determinati alimenti, e come i cibi assunti in modo incontrollato variano notevolmente da quelli consumati in occidente, maggiormente densi di chilocalorie e meno salutari. I dati ottenuti dalla ricerca di Holtzman (2019) mostrano come l’elemento più desiderato in Giappone sia il riso (43,8%), seguito da bevande energizzanti (35,4%) e the caldo (24,6%). Altri prodotti alimentari citati sono insalata (18,5%), ramen (17,7%), riso al curry (16,9%), kaarage (cioè pollo fritto cinese, 13,1%) e sashimi (16,2%). Oltre a fornire un confronto interculturale, questo studio suggerisce una ridefinizione concettuale del craving alimentare stesso e un maggior approfondimento sulla gamma di fattori motivazionali e delle sensazioni che lo elicitano (Holtzman, 2019).