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Opera senza autore – Recensione del film

'Opera senza autore' ha grande fascino, elementi narrativi e figurativi s’intrecciano suscitando risonanze che tengono lo spettatore attaccato allo schermo

Di Antonio Scarinci

Pubblicato il 18 Gen. 2022

Il film Opera senza autore è ispirato dal libro Ein Maleraus Deutschland. Gerard Richter Das Drama einer Familie.

 

Attenzione! L’articolo può contenere spoiler

Il personaggio del protagonista Kurt Barnert è basato sulla vita del pittore Gerard Richter. La narrazione si snoda lungo tre periodi storici.

La Germania nazista di fine anni trenta, periodo in cui un giovanissimo Kurt è “innamorato” della zia Elisabeth, uno spirito libero, stigmatizzata come schizofrenica la poveretta verrà prima sterilizzata e poi uccisa nelle camere a gas per mano del professor Seeband.

Nel dopoguerra lo stesso professore diventerà, a sua insaputa, il suocero di Barnert e non esiterà a praticare un aborto alla figlia per preservare i suoi geni dalla “contaminazione” prodotta da un artista di ceto sociale inferiore.

L’ultimo periodo è relativo al passaggio di Kurt e sua moglie nella Germania Ovest poco prima della costruzione del muro di Berlino. Qui, finalmente, il pittore, dopo aver svolto la sua attività sotto il regime della Germania Est, anche con successo, ma sempre rispondendo ai canoni di un’arte al servizio del popolo, riuscirà finalmente ad esprimere liberamente la sua creatività.

I tratti che caratterizzano la sua opera suscitano fraintendimenti espressi dalla stampa alla sua prima esposizione: “attingendo a fototessere delle macchinette, istantanee rubate dagli album di famiglia, crea opere che per ragioni inspiegabili sostengono una forza reale… non ha nulla da dire, nulla da raccontare, si distacca da ogni tradizione e per la prima volta nella storia dell’arte crea un’opera senza autore”. In realtà, come già gli aveva detto il suo maestro d’arte, il professor van Verten, “i tuoi occhi hanno visto più di tutti noi”.

Il film Opera senza autore ha un grande fascino, elementi narrativi e figurativi s’intrecciano per tre ore suscitando suggestioni e risonanze che tengono lo spettatore attaccato allo schermo. Nello sviluppo della storia sono presenti temi che potremmo definire archetipici.

Lo slancio vitale della zia Elisabeth contrapposto alla selezione naturale praticata con le camere a gas dai nazisti.

L’orrore e la distruzione della guerra verso la creazione e la bellezza artistica.

La mancanza di struttura morale del professor Seeband, algido, opportunista e incapace di empatia, e la riconoscenza gratuita del maggiore russo al quale il ginecologo fa nascere, dopo un parto a rischio, il primogenito.

La libertà creativa ed espressiva dell’artista contro la coercizione dell’arte realista del regime sovietico.

L’eros e la sensualità della relazione di Ellie e Kurt verso la fatuità dell’amore del professore e di sua moglie.

La verità dei sentimenti in contrasto con i camuffamenti e gli inganni di chi cerca di nascondere verità scomode.

La bellezza di una creatività che irrompe in modo estemporaneo contro il grigiore e il clima plumbeo degli apparati burocratici che limitano e ingabbiano.

Percorsi d’individuazione che consentono di esprimere ciò che si è, contrapposti a traiettorie ideologiche tracciate secondo criteri autoritativi.

I tredici minuti di applausi con cui è stato accolto alla Mostra del Cinema di Venezia e la candidatura a due premi Oscar sono del tutto meritati.

 

OPERA SENZA AUTORE – Guarda il trailer del film:

 

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Antonio Scarinci
Antonio Scarinci

Psicologo Psicoterapeuta Cognitivo Comportamentale

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Opera senza autore. Regia di F. Henckel von Donnersmarck (premio Oscar per il film La vita degli altri) con Tom Scilling, Paula Beer e Sebastian Koch.
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