Bushido è un libro scritto da Simon Keegan, marzialista figlio d’arte, che si propone in veste di storico contemporaneo nella descrizione del ben noto Jujutsu britannico.
Partendo dall’esplicazione dell’etimologia giapponese di Jujutsu come ‘arte della cedevolezza’, nel suo libro l’autore ripropone, passo dopo passo, tutte le tappe evolutive del percorso che ha portato all’attuale stato dell’arte di questa disciplina.
Il suo arrivo in Gran Bretagna, alla fine dell’ottocento, corrisponde al periodo in cui erano protagonisti della letteratura personaggi come l’assassino seriale Jack ‘Lo squartatore’ ed il detective ‘Sherlock Holmes’.
Negli ultimi anni del XIX secolo Edward Willam Barton-Wright, nella capitale inglese, fonda il ‘Bartitsu Club’ in cui veniva insegnata una primitiva forma di autodifesa basata sul jujutsu nipponico miscelato con il wrestling e l’uso del bastone corto di Vigny.
Da Londra a Liverpool, allora una delle città più violente del Regno Unito, il passo fu breve. Qui il Jujutsu diviene ben presto appannaggio delle forze di polizia che lo utilizzano per la gestione dell’ordine pubblico ed in seguito dei corpi militari che serviranno il loro paese sia durante il Primo che nel Secondo Conflitto Mondiale.
Anche il movimento di emancipazione femminile delle suffragette inglesi, guidato da Edith Garrud, entrerà in contatto con questa dottrina, che ben si presta ad una sua pratica nel campo della difesa personale della donna proprio per le sue caratteristiche che limitano l’uso della forza bruta a favore di tecniche che sfruttano flessibilità ed armonia, senza tuttavia ridurre l’efficacia difensiva di quest’arte.
Con il tempo la popolarità del Jujutsu aumenta in maniera esponenziale, nascono così i primi consorzi, in primis la ‘British Jujitsu Association’ (BJA) e poi la ‘World JuJitsu Federation’(WJJF) del Soke Robert Clark, ancor oggi, dopo varie vicissitudini, icone di questa dottrina.
Un panorama quello del Jujutsu d’oltremanica che, dal punto di vista tecnico, nasce in Giappone per poi evolversi in un qualcosa di nuovo grazie all’integrazione della forma tradizionale con tecniche di combattimento, come la lotta ed il pugilato occidentale, e che vede, come ultimo gradino evolutivo, la nascita dell’MMA ovvero delle attualissime arti marziali miste.
Ma perché dare un titolo come Bushido ad un testo che, pur nel suo estremo rigore storico, fatto di citazioni ed illustrazioni grafiche di alto livello, non tratta praticamente mai aspetti morali?
È risaputo che sarebbe impossibile parlare di filosofia senza inquadrare il pensiero stesso all’interno di un determinato momento storico, ed è proprio quello che Simon Keegan ritengo che sottenda nel suo testo.
Il termine Bushido si riferisce ad un definito codice di condotta morale a cui, nel passato, facevano riferimento le caste guerriere giapponesi. La sua traduzione, in termini occidentali, viene usualmente scomposta in una serie di sette principi: onestà e giustizia, eroico coraggio, compassione, gentile cortesia, completa sincerità, onore, dovere e lealtà. Tuttavia l’ideogramma, ovvero il simbolo grafico che ne rappresenta l‘immagine e dunque il concetto, è semplicemente uno.
Per capire il Bushido dobbiamo dunque ricorrere ad un approccio olistico ovvero al fatto che il tutto possa esser semplicemente descritto da un solo vocabolo rappresentato in un singolo iconogramma che, in questo caso, può risultare molto evocativo e che riflette la storia dell’autore stesso: lui talento ereditario e dunque radice storico-filosofica, nonchè morale, di questa disciplina in Gran Bretagna, il suo paese d’origine.
Il Bushido di Simon Keegan dà forma, dunque, al ‘British Jujutsu’ di cui lui stesso è testimonial: un po’ come dire che l’etica e la morale trovano significato all’interno di un ben definito periodo storico e nel loro rappresentante più emblematico.
Al momento, il testo è scritto in lingua inglese ed unicamente distribuito nel Regno Unito, proponendosi, a mio avviso, come uno dei contributi più significativi in questo campo e definendo, in un qualche modo, un movimento che nel tempo era stato dai più narrato senza tuttavia trovare fino ad oggi una collocazione così ben delineata nella storia inglese contemporanea.