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L’attaccamento nelle dinamiche terapeutiche: un modello integrato – Report dal webinar

Report dal webinar "L'attaccamento nelle dinamiche terapeutiche" - Relatori: Furio Lambruschi e Giorgio Rezzonico; Coordinatore: Saverio Ruberti

Di Loris Andreotti

Pubblicato il 24 Giu. 2021

Che cosa significa e quali sono le caratteristiche di un modello integrato in psicoterapia? I relatori del webinar, svoltosi il 28 Aprile scorso, hanno dialogato sulla possibilità di costruire modelli clinici a più assi, capaci di conciliare teoria dell’attaccamento e organizzazioni di significato personale, preziosi nella formulazione dei casi e nella costruzione della prassi terapeutica.

 

Dopo il primo webinar “L’attaccamento nella costruzione della realtà“, un secondo incontro, in presenza degli autori. In questa occasione interviene il dott. Furio Lambruschi, psicologo e psicoterapeuta e didatta esperto di età evolutiva, autore del capitolo “Attaccamento e organizzazioni di significato personale: un modello a tre assi per la formulazione del caso”, presente nel testo oggetto di dibattito Attualità e prospettive dell’attaccamento: dalla teoria alla pratica clinica a cura di Giorgio Rezzonico e Saverio Ruberti.

Lambruschi torna a parlare di Guidano e Liotti e di come il contributo di questi si sia dimostrato un illuminante apri pista in favore di un approccio, ad oggi, maggiormente slegato dai vincoli offerti dalle loro teorie. Necessaria senz’altro, aggiunge Lamburschi, minore categorizzazione. L’idea è quella di fornire un aggiornamento del modello costruttivista evolutivo:

un modello sufficientemente complesso e rispettoso della ricerca della psicopatologia dello sviluppo; in grado di render conto dei rapporti tra configurazioni d’attaccamento, sviluppo del sé e relative possibili uscite psicopatologiche, ma anche delle possibili articolazioni e connessioni tra le diverse organizzazioni, vale a dire le cosidette organizzazioni miste, che rappresentano, di fatto, la maggior parte delle situazioni cliniche reali – Modello a tre assi (Lamburschi , 2018, 2020)

I modelli di attaccamento non ci dicono tutto, sostiene Lamburschi, ma esprimono chiaramente come gli individui imparano a regolare gli stati emotivi all’interno dei propri legami di attaccamento su due polarità:

1° asse reciprocità fisica: ad un polo l’evitante; pazienti difesi distazianti. Lo stile di regolazione che contraddistingue questi pazienti è quello deattivante (quando c’è pericolo imparo a regolare gli effetti riducendone la carica); all’altro polo i resistenti; pazienti coercitivi preoccupati. Lo stile di regolazione che contraddistingue questi pazienti è quello iperattivante.

Aggiunge:

All’interno dei legami primari di attaccamenti, si struttura il senso di sé in termini di amabilità non amabilità da un lato e sicurezza e non sicurezza dall’altro

Questa è la funzione affettiva del parenting (genitorialità).

Le organizzazioni del sé emergente dall’Asse primario della reciprocità fisica sono di due tipi: distaccato (afferente al polo Evitante) e, l’estremo opposto, controllante.

L’altra funzione importante del parenting è la funzione educativa. Al tema della sintonizzazione emotiva e condivisione empatica si aggiunge l’elemento confine, l’adesione alle regole morali, cioè come ci si comporta nella vita, stimolando la dimensione affiliativa e di adesione alle regole. Due le emozioni fondamentale volte a regolare il sistema: senso di colpa (controllo dall’interno) e vergogna (controllo dall’esterno). Emozioni definite secondarie.

2° asse reciprocità semantica: Si interseca con il primo, con agli estremi “lassità strutturale”, con funzionamento contesto-dipendente e, al polo opposto, “rigidità strutturale”, con funzionamento a moralità interna.

Le organizzazioni del sé emergenti dall’Asse della reciprocità secondaria sono di due tipi: contestualizzanti (afferenti alla lassità) e, l’estremo opposto, normativi.

Ciò trova riscontro nel concetto di “disciplina sensibile” (Juffer, Bakermans-Kranenburg, van Ijzendoorn, 2008, 2014), in cui la giusta spinta del genitore verso l’adesione ai valori morali o sociali non è avvertita dal bambino come minacciante il mantenimento dello stato affettivo (Lambruschi 2021)

L’intersezione dei due assi genera uno spazio all’interno del quale è possibile rintracciare le innumerevoli organizzazioni del sé. Non categorie predefinite ma sfumature rintracciabili in una diagramma a torta.

È possibile evidenziare una componente depressiva associata a pattern “freddi” con l’incontro tra il DEP (Distaccato) e l’OSS (normativo), e una comorbilità con quadri fobici e pattern “caldi” originati dall’incontro tra il FOB (controllante) e L’OSS (normativo).

Entrambi i soggetti presentano sintomi ossessivi ma taluni tendono a nasconderli: impossibile condividerli con la figura di attaccamento relazionale. La loro funzione è autoregolatoria. A differenza dei primi abbiamo pazienti invece che tengono catalizzata l’intera famiglia intorno ai propri sintomi ossessivi. Entrambi presentano temi di responsabilità morale.

Nella parte alta della torta ritroviamo: forte sensibilità al giudizio; grande bisogno di un pensiero forte esterno che mi definisca; aspetti di vulnerabilità.

Cos’è che fa la differenza in termini di gravità? A partire da quali contenuti, funzionamento ed emozioni?

3°asse: livelli di integrazione del Sé (competenze metacognitive e di mentalizzazione). Attenzione alle modalità processuali di elaborazione degli stessi schemi piuttosto che ai contenuti. Sono le competenze autointegranti del sé a determinare la processualità e la gravità della patologia.

Il terzo asse rende conto di questi livelli di funzionamento del sé, cioè integrazione del sé e delle competenze metacognitive. La parte alta del modello descrive un funzionamento generativo del sé, adattativo; la parte bassa del modello mostra invece i diversi livelli di riduzione delle competenze autointegranti e della capacità di leggere la mente degli altri e la propria. Condizione quest’ultima che porta a forme di psicopatologia sempre più complesse.

Le variabili del parenting sono mind-mindedness (Meins, 1997, Meins et al., 2003) e insightfulness (Oppenheim, Kore-Karie, 2002). L’inclinazione del genitore a concepire fin dalla prima infanzia il proprio figlio come agente mentale e quindi la tendenza a descrivere o produrre inferenze sui suoi stati emotivi e mentali. Ciò spiega le future capacità del bambino di comprendere la mente altrui, di sviluppare un’adeguata capacità di distinguere tra apparenza e realtà, nonché tra differenti visioni della realtà: in altre parole di sviluppare più spiccate competenze metacognitive (Main 1983,1991, Kaplan, 1987; Fonagy e Target, 1997; Fonagy Steel, Leigh, Kennedy, Mattoo, Taarget,1995, Fonagy, Gergely e altri, 2002; Allen e Fonagy, 2008; Meins Ferryhough Russel e Clark-Carter , 1998, 1998; Arnott, 207, 2008; Lambruschi e Lionetti, 2015)

Segue l’intervento di Rezzonico che conferma l’utilità degli schemi nella concettualizzazione del caso così come l’importanza della flessibilità nel costruire un intervento attorno al paziente, in favore anche di un’integrazione di modelli differenti. L’autore riporta l’interrogativo: “Quante sono le organizzazioni di personalità; le quattro che conosciamo?” Inoltre, “Esistono le organizzazioni miste?” Guidano aveva dato una riposta precisa: “Le persone hanno occhiali diversi e il mondo lo vedono con il colore delle proprie lenti”. Le organizzazioni di personalità ci forniscono importanti riferimenti ma tali devono restare, dice Rezzonico. Il modello di Guidano rappresenta un validissimo strumento di concettualizzazione generale della psicopatologia dell’essere umano, poi però ci sono temi più specifici -ad esempio l’attaccamento disorganizzato– per i quali risultano utili strumenti propri del lavoro di Liotti.

Alla domanda posta “Quanto è possibile far coincidere la gravità della condizione clinica con il grado di consapevolezza da parte del paziente?” Rezzonico risponde:

Alcuni pazienti presentano un altissimo funzionamento in assenza di consapevolezza rispetto al proprio disagio, altri mostrano un quadro diametralmente opposto.

Lambruschi segue:

Consapevolezza tacita è la risposta. Al di là delle capacità metacognitive del paziente spesso la semplificazione e l’acquisizione implicita portano al miglior livello di consapevolezza. Vale per i pazienti tanto quanto per noi terapeuti.

 

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