Potremmo definire il connettoma umano come “la descrizione complessiva della rete strutturale di elementi e connessioni che formano il cervello umano” (Sporns, 2011).
In matematica la teoria del caos è lo studio, attraverso modelli propri della fisica, dei sistemi dinamici che esibiscono una sensibilità esponenziale rispetto alle condizioni iniziali. I sistemi di questo tipo, pur governati da leggi deterministiche, sono in grado di esibire un’empirica causalità nell’evoluzione delle variabili dinamiche. Questo comportamento casuale è solo apparente, dato che si manifesta nel momento in cui si confronta l’andamento temporale asintotico di due sistemi con configurazioni iniziali arbitrariamente simili tra loro.
Difficilmente pensabile non vuol dire casuale o caotico… anche il caos ha le sue regole e la mente umana è un profondo buco nero di caos ordinato.
“Come sono organizzati i neuroni del nostro cervello per percepire, pensare ed eseguire altre prodezze mentali? La risposta è nel connettoma (…) la totalità delle connessioni tra i neuroni di un sistema nervoso” (Seung, 2012).
Metaforicamente Sebastian Seung, in premessa al suo libro “Il connettoma. La nuova geografia della mente”, paragona la complessità cerebrale ad una fitta foresta di alberi intricati, sostenendo come la sfida delle neuroscienze sia comprendere tale complessità, a partire dalla conoscenza dei singoli rami, ovvero i neuroni.
A seguire lo stesso autore definisce il connettoma quale “…architettura che ci differenzia come individui anche nel caso dei gemelli identici, perché i connettomi si modificano nel corso della vita a seconda delle esperienze e degli accadimenti che per ognuno sono diversi…” (Seung, 2012). Seguendo tale approccio, potremmo affermare che, se da un punto di vista genetico il genoma definisce la nostra essenza in potenza in quanto normalmente non modificabile, il connettoma estrinseca il pensiero umano nel suo evolversi, in quanto inserito in un contesto che alimenta la persona, definendola attraverso un’omeostasi dinamica all’interno di un quadro sistemico.
La relazione fra uomo e ambiente, percipiente e percepito acquista nuova forza in quella determinazione prospettica che intende quel “soffio di vita” che rende ogni persona “individuo” ancor più correlata all’ambiente di riferimento.
Con ciò, se già le scienze sociali ed antropologiche avevano dimostrato il nostro essere figli del tempo e dello spazio, oggi tale concetto potrà essere notevolmente rafforzato ed approfondito attraverso la connettomica che, quale trait d’union tra Physis e Psychè, sta perseguendo l’idea secondo la quale la coscienza, risiederebbe non tanto nella fisicità della mente, quanto nelle connessioni neurali viste quale “respiro vitale” costituente la mappa universale dell’animo umano”.
Comprendere il connettoma significherebbe capire le basi biologiche del comportamento, memoria, attenzione, carattere; vorrebbe dire decodificare le psicopatologie da un punto di vista eziologico prevenendole od intervenendo su queste, mezzo attivazione o disattivazione dei circuiti neurali interessati.
Viviamo in una realtà che è organizzata come una rete complessa di schemi interconnessi, all’interno di una società che crea legami a vari livelli: comunitari, personali, familiari. Ognuno di noi fa parte di questa rete, costituendone un punto, un nodo. La rete è elemento comune dell’esperienza umana in termini soggettivi e collettivi, ma non solo… l’individuo è biologicamente costituito da reti: il Sistema Nervoso Centrale e Periferico, l’organizzazione delle proteine, il genoma, possono essere considerati quali sistemi di rete complessi che regolano l’esistenza e la possibilità di vita di ogni essere umano.
Lo studio e la conoscenza di questi sistemi diventano quindi importanti per la comprensione della vita stessa.
Tale organizzazione sistemica, nonché topografica, può essere analizzata attraverso la scienza delle reti, una disciplina che riprende appunto la matematica, la fisica e l’informatica.
Per poter studiare il cervello servendosi delle reti è quanto mai indispensabile comprendere quali tipi di connettività possono essere presi in considerazione e matematicamente analizzati.
Vi sono tre diversi tipi di connettività, collegate ad altrettante tecniche di immagine visiva (Sporns, 2011):
- La connettività strutturale ha come scopo quello di descrivere le connessioni a livello anatomico che legano i vari elementi neurali. Per l’analisi e lo studio del cervello questi elementi neurali fanno riferimento a diverse entità che variano in funzione della scala utilizzata per la loro analisi. Questo primo tipo di connettività può essere considerata sia per lo studio di neuroni singoli, sia tra gruppi di neuroni, ma offre anche la possibilità di effettuare un’analisi fra regioni diverse della corteccia attraverso le loro connessioni. È possibile interpretare la connettività strutturale come un’analisi del movimento spazio-temporale delle connessioni cerebrali, in quanto si limita ad indagare la modalità attraverso cui avviene il passaggio delle informazioni nonché l’efficienza di tale scambio, ma non approfondisce le motivazioni sottostanti a tali collegamenti. Da un punto di vista delle indagini strumentali, è possibile vagliare questa tipologia di connettività attraverso tecniche di tracciamento delle vie neurali: Imaging a Risonanza Magnetica e la DTI Risonanza Magnetica con Tensore di Diffusione.
- La connettività funzionale ha come obiettivo quello di descrivere come avviene l’appaiamento dinamico fra diverse regioni cerebrali e come questo possa essere spiegato nei termini di relazione esistente fra le aree interessate. La connettività funzionale può essere indagata attraverso l’EEG e la Risonanza Magnetica Funzionale al fine di ricavare la sequenza temporale degli eventi analizzati e comprendere l’intensità delle correlazioni fra diverse regioni cerebrali e l’eventuale deviazione dall’ipotesi di indipendenza statistica tra i segnali che vengono a generarsi in queste aree, spesso molto distanti fra loro. La presenza di una correlazione significativa fra aree indica come vi sia una forma di dipendenza seppur per un tempo brevissimo, rendendo complesso lo studio di questo tipo di connettività (Sporns, 2013). Benché vi possa essere un legame correlazionale, questo non implica necessariamente un rapporto di causalità diretta tra l’attivazione dei vari elementi neurali.
- La connettività efficace è descrivibile quale volontà di indagare il legame causale delle connessioni neurali. Rappresenta un passo avanti rispetto alle caratteristiche indagate dalla precedente. Questo tipo di connettività può essere analizzata attraverso strumenti che permettono di registrarne i segnali, dimostrandone la dipendenza dalla dimensione temporale. Anche per questo tipo di connettività, come per quella funzionale, è importante tenere in considerazione la cinematica esistente fra le varie connessioni, proprio perché l’obiettivo è quello di spiegare cause e frequenza statistica attraverso cui questi modelli si presentano.
Questi tre tipi di connettività sono fra loro sì indipendenti, ma con caratteristiche anatomiche e funzionali estremamente correlate fra loro. Non è possibile ad esempio studiare la strutturale tralasciando la componente fisiologica o le caratteristiche biofisiche del segnale, in quanto hanno il compito di modulare il parametro più importante che questi tipi di connettività valutano ovvero il tempo in cui avvengono le relazioni fra elementi neurali e la permanenza di tale legame, così come la registrazione delle correlazioni dell’attività elettrica devono per forza appoggiarsi ad un substrato di connessioni anatomiche.
Le neuroscienze si sono impegnate ed occupate di comprendere come avvengano i meccanismi neurobiologici nella mente, intendendo il sistema cerebrale un sistema complesso. Il punto di partenza è “l’emergenza” intesa quale prodotto dell’interazione fra processi cerebrali, ambiente dell’organismo e ambiente, a partire proprio dalle caratteristiche del cervello inteso come sistema complesso, dinamico e plastico (Gagliasso, 2013).
“La mente è il prodotto delle interazioni fra esperienze interpersonali e strutture funzioni del cervello (…) emerge da processi che modulano flussi di energia e di informazioni all’interno del cervello e fra cervelli diversi (…) si forma all’interno delle interazioni fra processi neurofisiologici interni ed esperienze interpersonali. Lo sviluppo delle strutture e delle funzioni cerebrali dipende dalle modalità con cui le esperienze, e in particolare quelle legate a relazioni interpersonali, influenzano e modellano i programmi di maturazione geneticamente determinati dal sistema nervoso. In altre parole, le “connessioni” umane plasmano lo sviluppo delle connessioni nervose che danno origine alla mente” (Siegel, 2001).
Non è possibile scindere il corpo dalla mente e la mente dal corpo e questi dall’ambiente in cui si trovano: “gran parte della fisiologia cerebrale non è né hardware, né software. Piuttosto è una fisiologia umida, come fluidi, ormoni, trasmettitori, sostanze biochimiche ed endocrine- tutte cose per le quali il cervello risulta essenzialmente connesso con il corpo intero e con il resto della fisiologia nella sua globalità” (Dbru, 2010).
In questa visione due sono gli elementi imprescindibili che definiscono l’attuale concezione del sistema cognitivo: la differenziazione e l’integrazione. Entrambe caratterizzano gli stati di coscienza, la loro variabilità e nel contempo la visione unitaria della mente nel suo complesso (Ogawa, 1997). Le basi neurali della coscienza e dei sistemi cognitivi si rintracciano nei complessi processi sistemici (Edelman & Tononi, 2000) in grado di plasmare, modificare e definire la fisionomia ed il funzionamento cerebrale. Plasticità, variabilità e dimensione relazionale, sono dunque le caratteristiche essenziali e definitorie del cervello, che consentono il reciproco scambio ed adattamento con l’ambiente.
Ridondanza, complessità, plasticità, dimensione storica ed individuale si pongono come elementi centrali di una visione del cervello e della sua modalità di funzionamento epigenetica e stocastica (Edelman & Gally, 2001). Ogni cervello è unico per struttura dinamica, in quanto le mappe e le connessioni sono continuamente in evoluzione, come esito delle nostre percezioni, di come ci rapportiamo agli eventi, delle relazioni che instauriamo, dei movimenti che facciamo, delle esperienze che viviamo (Meares, 2012).
Variabilità, differenziazione ed integrazione definiscono le proprietà del cervello e della coscienza, che muta costantemente le connessioni neurali del sistema nervoso: il nostro connettoma (Siegel, 2001).
Richiamando il pensiero di William James (James & Preti, 2004) sul carattere mutevole ed unitario della coscienza e del suo incessante flusso, gli scienziati impegnati nello studio del connettoma ne vedono il substrato neurobiologico: “…ogni fiume ha un letto, e senza questo solco nella terra l’acqua non saprebbe in quale direzione scorrere. Ecco… dal momento che il connettoma definisce le vie di scorrimento dell’attività neurale, possiamo considerarlo il letto del fiume della coscienza. È una metafora molto potente. Nel lungo periodo, come l’acqua del fiume plasma lentamente il letto, così l’attività neurale cambia il connettoma” (Seung, 2013).
Non è possibile la comprensione del funzionamento cerebrale al netto della comprensione topografica del complesso sistema di reti e connessioni al servizio della conoscenza “funzionale” del cervello stesso. Si è ribadita precedentemente l’interdipendenza reciproca sussistente fra connettività strutturale e funzionale e, benché la mappatura topografica sia assolutamente indispensabile per scopi di natura semantica, non è altresì possibile operare un tale tipo di riduzionismo “geografico”. Ciò che si evidenzia come necessario, deve essere complementare alla comprensione di come avviene a livello cerebrale il passaggio delle informazioni. Per questo, lo studio dinamico delle reti cerebrali può essere uno strumento fondamentale per ricavarne modelli funzionali. In questo senso la connettività strutturale sembra essere il tipo di connettività più adeguata agli scopi dichiarati.
Potremmo definire il connettoma umano come “la descrizione complessiva della rete strutturale di elementi e connessioni che formano il cervello umano” (Sporns, 2011).
Le peculiarità del connettoma sono intrinseche alla definizione stessa e fanno riferimento in primis alla mappatura topografica del complesso network neurale. La dimostrazione è evidente e “tangibile” attraverso gli strumenti di neuroimaging che contribuiscono a convalidare e validare l’esistenza stessa del connettoma; in secundis, alla caratteristica descrittiva delle connessioni cerebrali, che supera l’aspetto meramente “riproduttivo” dell’architettura cerebrale, per arrivare ad una profonda esplicitazione dell’organizzazione multiscala, caratteristica di questo sistema.
Ulteriore caratteristica definitoria è legata alla proprietà descrittiva del connettoma che permette di evidenziare una rete, non limitandosi alla sola raccolta di dati; proprio tal punto giustifica il coinvolgimento e matematico e della scienza delle reti, precedentemente citate.
Il legame tra fisica, statistica e neuroscienze, permette al connettoma di configurarsi come il fondamento teorico dello studio della funzionalità del cervello, in stretta relazione alla sua struttura (Sporns, 2011).
Ad oggi non vi è la conoscenza completa del connettoma di più organismi viventi, se non del nematode Caenorhabditis elegans, un verme delle dimensioni di un millimetro circa, il cui habitat è il sottosuolo di zone con un clima temperato.
Il caso “C. elegans” è particolare in quanto la mappatura delle connessioni neuronali è disponibile su singoli neuroni e sinapsi, il cui numero è decisamente inferiore se paragonato a quello di altri organismi superiori. La matrice di adiacenza ottenuta è formata da 279 nodi (ovvero neuroni) connessi fra loro da 6393 sinapsi, 890 giunzioni elettriche e 1410 giunzioni neuromuscolari, per un totale complessivo di 8693 archi, niente se si pensa ai numeri del cervello umano. Questa matrice è il risultato dell’analisi di migliaia di sezioni in cui il verme è stato scomposto dello spessore medio di 50nm analizzate tramite microscopio elettronico (Withe et al., 1986). Attraverso questa tecnica è stato possibile conoscere in maniera precisa la lunghezza dei collegamenti sinaptici e soprattutto la posizione spaziale dei neuroni. Vi è stata anche la possibilità di studiare la relazione fra l’organizzazione topografica della rete e lo spazio fisico in cui è immersa.
L’analisi suddetta ha permesso di evidenziare un’eccedenza di caratteristiche non randomiche, in quanto si è osservato come le connessioni avvengono soprattutto fra neuroni spazialmente vicini, sfruttando un principio di “risparmio” nella lunghezza degli archi. Questo risultato è dimostrabile osservando l’alta densità di connessioni disposta sulla diagonale principale della matrice di adiacenza, costruita rispettando l’ordine dei nodi in cui i rispettivi neuroni sono disposti lungo l’asse longitudinale di elegans.
La conseguenza di questa predisposizione ad instaurare legami con neuroni spazialmente vicini è legata a molteplici cause, rispetto alle reti random analoghe: nel sistema nervoso del verme sono prevalenti quelli a forma triangolare, espressione di una forte tendenza ad ottimizzare la connettività locale, a scapito di quella globale. Ulteriore conseguenza è l’effetto “Little word” della rete neuronale di elegans (Duncan et al., 2003), calcolato attraverso un coefficiente di clustering C di gran lunga superiore ed un cammino caratteristico simile in confronto a rispettivi valori per una rete random equivalente avente funzione di test.
Sono chiaramente da porre in evidenza i limiti del caso C. elegans che non possiede nemmeno un cervello vero e proprio, in quanto, da un punto di vista morfologico, è composto da neuroni non centralizzati ma sparsi lungo tutto il corpo, meglio definito quale anello neurale, aventi nome, forma e posizione definita e caratteristica. L’intera mappatura di elegans è stata inizialmente denominata Diagramma di cablaggio e solo successivamente connettoma, implicando un forte richiamo alla genomica e non all’ingegneria (Seung, 2012), potendo infine definirlo quale totalità delle connessioni tra i neuroni di un sistema nervoso.
Da queste riflessioni ed evidenze, potremmo rappresentare, parimenti ad elegans, il nostro cervello come una fitta rete di connessioni complesse. Il quesito logico e conseguente è il pensare se da questa fitta rete fosse possibile scoprire qualcosa in più di noi come esseri umani o ancora meglio, se fosse possibile scoprire qualcosa in più di noi come singoli individui caratterizzati da una esclusiva unicità.
La risposta avanzata da Seung a queste domande è sicuramente affermativa (Seung, 2012). Egli infatti sostiene che la prima vera possibilità offerta dalla conoscenza del connettoma abbia a che fare con la nostra unicità. Sappiamo che esistono differenze individuali anche molto marcate e che dipendono da fattori fenotipici e genotipici, ma il connettoma riesce a spingersi ancora più in là essendo un marcatore individuale che ci consente di cogliere la pluralità delle differenze e nel contempo l’unicità delle nostre caratteristiche: perché siamo più introversi dei nostri amici, più curiosi, meno attenti, più aggressivi e meno tolleranti ecc ecc.
La comprensione del connettoma potrebbe rivelarsi utilissima in molti campi: dalla medicina alla sociologia, dalla fisica alla psicologia. Pensiamo ad esempio quanto potrebbe essere utile per lo studio dei disturbi mentali, che potrebbero essere trattati attraverso la riparazione dello stesso. Per estensione potremmo affermare che ogni cambiamento che avviene dentro di noi, è un cambiamento del nostro connettoma.
Ad oggi ancora non si sa come le esperienze della vita siano in grado di produrre un cambiamento nel connettoma, ma vi sono significative ipotesi su come ripesatura, riconnessione, ricablaggio e rigenerazione, siano estremamente influenzate dalle nostre esperienze e dai geni stessi.
Quindi la connettomica sarebbe quella branca delle scienze psicologiche, complementare alla genomica, ma con l’elemento in più costituito dalla pluralità delle esperienze.
Se questi assunti fossero corretti la sfida delle neuroscienze sarebbe quella di conoscere il potenziale delle quattro “R”: ripesatura, ricablaggio, riconnessione e rigenerazione. Da questa conoscenza poi, si dovrà essere in grado non solo di riconoscere i cambiamenti ai quali tendiamo, ma anche i giusti mezzi per poterli raggiungere. Gli studi neuro scientifici avranno così la possibilità di comprendere ed intervenire su disturbi complessi come quelli mentali, guarire le conseguenze derivanti da traumi cerebrali ed in generale migliorare la qualità della vita delle persone.
Certo, al di là del potenziale di questo traguardo, non bisogna farsi prendere da facili entusiasmi. Studiare il connettoma di elegans ha richiesto molti anni e anche un grande investimento economico, ed elegans ha solo 7000 connessioni, il cervello umano è 100 miliardi di volte più grande e il suo numero di connessioni un milione di volte superiore alle lettere del genoma (Tang et al., 2012).