expand_lessAPRI WIDGET

Terapia cognitivo-comportamentale migliorata (CBT-E) a distanza, per disturbi alimentari, durante la pandemia da COVID-19

Durante la pandemia anche il trattamento dei disturbi alimentari è stato spesso svolto da remoto. Quali sono stati vantaggi e svantaggi della CBT-E online?

Di Arianna Belloli

Pubblicato il 07 Mag. 2021

Aggiornato il 08 Feb. 2024 14:59

Rivolgendo il focus attentivo su una psicoterapia disturbo-specifica come la Terapia Cognitivo-Comportamentale Migliorata (Enhanced Cognitive Behaviour Therapy; CBT-E) per disturbi alimentari (DA), fondata su un protocollo evidence-based (Fairburn, 2010), la ricerca scientifica fornisce dati confortanti in merito alle procedure di somministrazione a distanza (Massa, 2020).

 

Il contesto pandemico di lockdown, introdotto dai governi a seguito della diffusione del Coronavirus (COVID- 19), ha inevitabilmente stravolto il setting della psicoterapia, inducendo terapeuti e pazienti a ricorrere a modalità di conduzione alternative, da remoto.

Un conseguente interrogativo, trasversale a ciascun orientamento psicoterapico, concerne i possibili cambiamenti sull’esito del trattamento; a seguito del mutamento del setting a distanza. Quest’ultimo, per la prima volta nella storia della psicoterapia, da fattore psicoterapico specifico per eccellenza subisce una conversione a fattore aspecifico, comune a ciascun trattamento (Luborsky, Singer & Luborsky 1975); in quanto ciascun orientamento è stato indotto ad implementare nuove strategie per riprodurre il più fedelmente possibile il colloquio clinico vis à vis, in presenza.

Rivolgendo il focus attentivo su una psicoterapia disturbo-specifica come la Terapia Cognitivo-Comportamentale Migliorata (Enhanced Cognitive Behaviour Therapy; CBT-E) per disturbi alimentari (DA), fondata su un protocollo evidence-based (Fairburn, 2010), la ricerca scientifica fornisce dati confortanti in merito alle procedure di somministrazione a distanza (Massa, 2020). In un breve lasso di tempo di emergenza sanitaria gli enti clinici, che erogano questa terapia specifica, si sono trovati costretti a modificare forzatamente le usuali procedure dettate dal protocollo di riferimento; senza avere la possibilità e le tempistiche idonee per testarne l’efficacia e correndo, dunque, il rischio di innescare conseguenze avverse e iatrogene; non in linea con i principi focali del trattamento. I capisaldi che definiscono il modello teorico e clinico della CBT-E sono, infatti, i seguenti: l’impostazione transdiagnostica (psicopatologia condivisa ed evolvente del DA: il nucleo psicopatologico è in medesimo in ogni manifestazione fenomenologica del disturbo; Fairburn, Cooper, Shafran, 2003), il ruolo attivo del paziente nel trattamento, la flessibilità e soprattutto l’individualizzazione del trattamento caso-specifica per affrontare le esigenze del singolo paziente (Dalle Grave, 2018).

Nonostante l’ipotetico rischio iniziale, secondo cui tali linee guida e obiettivi terapeutici sarebbero potuti essere impattati dalle limitazioni della modalità online, i risultati si sono rivelati positivamente sorprendenti; in termini di efficacia clinica riscontrata. Il ruolo collaborativo del paziente è stato paradossalmente esacerbato dalla modalità a distanza, in quanto in molti casi si è massimizzata la percezione di responsabilizzazione verso l’aderenza al trattamento; innescando un maggiore ingaggio e motivazione al cambiamento (Massa, 2020). Un primo fattore, apparentemente non sostanziale, che ha garantito un maggior beneficio nella modalità a distanza, è stato la possibilità di non dover ricorrere all’obbligo di utilizzare le mascherine anti-covid, imprescindibili invece nella comunicazione vis à vis; le quali limitano notevolmente la comunicazione verbale e non verbale; inficiando il potere espressivo della mimica facciale. Un aspetto che, invece, è rimasto invariato è stato la condivisione della formulazione personalizzata del caso clinico, resa condivisibile da piattaforme di video-call come Zoom, che permettono la condivisione di lavagne virtuali che il terapeuta può utilizzare come strumento terapeutico, in sostituzione al tradizionale formato cartaceo.

In merito ad uno degli aspetti più delicati del trattamento, la misurazione condivisa del peso, i terapeuti hanno optato nell’eseguirla durante una video-chiamata e nel far riportare in itinere il valore sul grafico, sempre in modalità condivisa; in modo tale da non lasciare il paziente da solo in una fase così critica del percorso e poter affrontare sul momento le possibili difficoltà emotive connesse. Altri vantaggi, di natura pratica, che sono emersi da questa nuova modalità, riguardano la possibilità di limitare i costi e le tempistiche impiegate dai pazienti per seguire il trattamento: come ad esempio i costi e i tempi del viaggio per recarsi in struttura; oltre che permettere maggiore agilità per le supervisioni cliniche, attraverso la partecipazione attiva del supervisore durante tutti i momenti più significativi del trattamento (sedute, tavole rotonde e riunioni d’équipe settimanali). Dopo aver citato tutti gli inaspettati vantaggi esperiti da questa modalità alternativa, risulta opportuno sottolineare anche i possibili limiti annessi e soprattutto il fatto che tali vantaggi non sono ugualmente riscontrabili in ciascun paziente. È, infatti, emerso che non tutti i pazienti sono in ugual modo versatili alle procedure a distanza: alcuni, ad esempio, presentano scarsa dimestichezza con le piattaforme tecnologiche, innescando un effetto percepito opposto rispetto a coloro che hanno esperito maggior ingaggio al trattamento. All’interno di questa casistica rientrano i pazienti che pre-pandemia presentavano già scarsi livelli di aderenza al trattamento; i quali, a seguito di queste limitazioni, hanno riscontrato un ulteriore calo di motivazione e ingaggio terapeutico.

Questi risultati corroborano ulteriormente l’importanza dell’istanza nucleare della CBT: delineare un trattamento ad hoc “cucito su misura” sulle esigenze del singolo paziente, valutato nella sua singolarità, e non sulla base di una generica casistica media espressa dai dati statistici (Dalle Grave, Calugi, Conti, Doll & Fairburn, 2013). Questi risultati preliminari, nonostante siano stati generati da un contesto deleterio di estrema emergenza sanitaria, hanno fornito delle solide basi per stimolare ricercatori e clinici a postulare soluzioni alternative, non preventivate, che possono solamente arricchire e apportare conoscenza allo stato dell’arte della psicoterapia in generale e della CBT-E nello specifico (Murphy, Calugi, Cooper & Dalle Grave, 2020).

 

Si parla di:
Categorie
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
CONSIGLIATO DALLA REDAZIONE
Terapia cognitivo-comportamentale per i disturbi alimentari: cosa dice la ricerca
Lo stato attuale della terapia cognitivo comportamentale per i disturbi dell’alimentazione

Un editoriale ha fatto il punto sullo stato attuale della CBT-ED, l'unico approccio raccomandato dalle NICE per trattare i disturbi alimentari in età adulta

ARTICOLI CORRELATI
L’ossessione del peso in gravidanza: la pregoressia

La pregoressia descrive la riduzione dell’apporto calorico e l’impegno in esercizio fisico eccessivo per controllare l’aumento di peso in gravidanza

Disturbo Evitante Restrittivo dell’Assunzione di Cibo (ARFID) e Disturbi dell’Immagine Corporea: quali connessioni?

Vi è una comorbidità o shift tra ARFID e disturbi dell’alimentazione con eccessiva valutazione di peso, forma del corpo e alimentazione?

cancel