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Narrazioni e storie in Psichiatria (2020) di Piero Benassi – Recensione del libro

"Narrazioni e storie in Psichiatria" racconta storie di gente incastrata nella propria vita immaginativa fatta di interpretazioni, idee fantastiche.

Di Claudio Lombardo

Pubblicato il 29 Apr. 2021

Narrazioni e storie in Psichiatria fa comprendere, a pieno titolo, cosa si intenda per Psichiatria, successi, fallimenti, critiche, apprezzamenti e consensi, raccolti in un crogiuolo per crearne una sintesi superiore: le narrazioni dei pazienti.

 

…eppure i fenomeni più strani non sono che variazioni spinte all’estremo di qualcosa che si trova virtualmente in tutti gli uomini… (Narrazioni e storie in psichiatria, pag. 48)

Ho apprezzato la pubblicazione di Piero Benassi, per l’onestà di “giocare a carte scoperte” senza bluff o discorsi tendenziosi. Più che offrire un tentativo nuovo, fa comprendere, a pieno titolo, cosa si intenda per Psichiatria: successi, fallimenti, critiche, apprezzamenti e consensi raccolti in un crogiuolo per crearne una sintesi superiore: le narrazioni dei pazienti. Il libro, Narrazioni e storie in Psichiatria, che pone le sue basi nella Medicina Narrativa (introdotta da Rita Charon) è utile “per riconoscere, assorbire, interpretare ed essere mossi dalle storie di malattie” dei pazienti. In altri termini è un approccio che tenta di prendere consapevolezza della disabilità, capire come è stata costruita l’identità personale del disabile quale membro di una famiglia o di un gruppo. La narrazione si deve affiancare ai dati oggettivi della patologia in una visione integrata. In questo ha un ruolo fondamentale la relazione medico-paziente.

La malattia mentale

La malattia diventa lo strumento più adeguato a interpretare la realtà (pag. 45)

La malattia mentale riguarda le alterazioni del nostro “palcoscenico interiore”, un palcoscenico il cui sipario non viene chiuso definitivamente neanche dalla morte, per la ragione che possono essere tramandate alle successive generazioni.

La malattia mentale è una colla destrutturante, che non è limitata alla propria mente ma si estende con valenza eco-sociale: in una società “standardizzata” nei comportamenti, sussiste il rischio di patologizzare piccole stranezze mediante forme di pensiero collettivo, i.e il modo in cui “le persone pensano a come pensi “ e a come ti comporti. Il pensiero degli altri – non essendo neutro –, se incentrato su una base culturale scettica e pessimistica, può risultare stigmatizzante della particolarità comportamentale e possiede l‘autorità (in quanto espressione della maggioranza) di innescare meccanismi perversi, amplificando difetti contenuti nell’individuo definito “strano”. Se questa prospettiva oggi è vera, altrettanto reale è stata in un passato abbastanza recente. Una prospettiva sociale che deve essere contemplata dallo specialista, insieme a quella individuale, ai vissuti, alle percezioni, alle emozioni ed ai sentimenti del paziente.

Invero, Benassi cita le tre fasi di conoscenza della malattia: a) disease, si riferisce alla malattia in senso biomedico basata su parametri organici di natura chimico-fisica (alterazioni ematologiche, temperatura, ecc.); b) illness, si riferisce al modo in cui il malato, la sua famiglia e la rete sociale percepiscono, definiscono, spiegano e valutano la patologia e vi reagiscono; c) sickness, si riferisce alla modalità con cui la società rappresenta la malattia.

Qualsiasi discorso generale sulla malattia mentale dovrebbe abbozzare queste doverose distinzioni.

Psichiatria

Psichiatria, parola oscura, eclissata nei pensieri della collettività. Pensieri non lucidi, di parole che recano una certa ansia poiché agganciate alle immagini manicomiali del secolo scorso e resi indelebili dalla filmografia: grida, urla, vomiti, offuscamento dei sensi, ribellioni, calci, pugni, sputi, spesso accompagnati da pratiche totalmente inadeguate alla cura: oli, salassi, decotti, isolamenti. Un vero e proprio  “nichlismo terapeutico”. Anche se siamo lontani dall’accusa di Foucault, che vedeva la psichiatria come “forza sociale repressiva che rende legittimo l’abuso di potere”, come potremmo lasciare questa rappresentazione? Questo habitat ovattato di conoscenze e frammenti di una scienza le cui vicende (a volte detentive, prepotenti, bizzarre), in termini etici, equiparavano quelle dell’eugenetica? Vicende che descrivono la paura di essere malati.

Piero Benassi, tenta di depurare questa visione, parlandoci della condizione di sofferenza del malato:

La psichiatria […] è chiamata a scendere nel cuore dei pensieri e delle emozioni malate, a mantenere un ascolto empatico e, quindi, ben comprensivo dell’ascolto dell’altro, essere in grado di immedesimarsi nella vita dell’interessato, al fine di comprenderne i fenomeni e, quindi, di raggiungere una reciprocità relazionale che rappresenta il rapporto veramente terapeutico (il psicofarmaco – naturalmente – deve ridurre – mai annullare – certe ideazione e smorzare le sofferenze più acute). (pag.62)

Energia e salute mentale

Il libro prosegue con particolari scientifici finanche curiosi, come la dottrina del magnetismo animale e del fluido magnetico universale, in cui tutte le malattie sarebbero dovute ad un disturbo (come nel sonnambulismo) della circolazione del fluido nel corpo umano, in cui la guarigione sarebbe preceduta da una “crisi”; fa comprendere “l’energia  e i suoi significati” legati al concetto di salute mentale.

Tuttavia, i discorsi, non si limitano al contesto terapeutico individuale ma gravitano (anche) attorno a quello gruppale, dato che “il gruppo, un “universo sociale in miniatura”, è la sede naturale in cui ciascuno soddisfa i propri bisogni”; ognuno può trasmettere idee, ansie e preoccupazioni…soluzioni per fornirle ad altri in una reciproca metabolizzazione.

(In un passaggio del libro Benassi afferma: “Le realtà connesse alla vita umana appartengono al dominio della complessità: i fenomeni che vi si producono sono il frutto di continue e reciproche interazioni”).

Evoluzione della cura e relazione medico-paziente

Il progresso nella cura è attuabile nel momento in cui

l’interessato prova l’esperienza emotiva della situazione terapeutica, per scoprire l’inadeguatezza delle proprie reazioni interpersonali tramite l’esame di altre realtà, cioè di verificare le opinioni altrui.

La terapia deve essere bio-psico-sociale, cioè deve coinvolgere gli aspetti biologici, psicologici ma ugualmente di derivazione esterna e sociale.

Importante è anche l’utilizzo degli psicofarmaci, non solo per l’effetto stabilizzante la reazione emotiva, ma per scatenare e far emergere un’ideazione dal subconscio del paziente che potrà essere elaborata (e risolta) insieme all’aiuto dello specialista. Importante il loro utilizzo a sub-dosi e sotto un profilo personalizzato. Durante il racconto di un caso, Benassi afferma:

Ho cercato pazientemente di dimostrargli che il dosaggio di un farmaco ansiolitico (dopo avergli spiegato l’effetto che fa il farmaco), deve essere individuato da colui che assume il medicinale, in rapporto agli effetti neutri – negativi o positivi – mano a mano ottenuti. In effetti molti medici somministrano psicofarmaci a dosi fissi, ma il rapporto medico-paziente si realizza completamente quando si raggiunge l’accordo sui fenomeni o disturbi che si devono curare.

Conclusioni e Narrazioni

Andiamo alla parte più concreta del libro, in termini Narrativi, ovvero “una serie di casi clinici”, in cui le storie dei pazienti, energizzate dal moto dialettico dell’autore, giungono al lettore semplici e attraenti. I racconti riguardano la materializzazione sul corpo di concetti simbolici; di geni e di pazzi (idee espresse da “una mente vulcanica di idee che lascia fluire come esempio di doti narrative che non hanno confini”); storie sulla paranoia e varie psicosi deliranti; storie di problemi con figli e di coniugi avvolti nella foschia della distanza; racconti di isolamento sociale in cui “si vive tutto, anche l’incubo, come fosse una cosa naturale”; problematiche adolescenziali, transgender, alcolismo, dipendenza da droghe e via dicendo.

Il libro ripercorrere impressioni, timori, ansie, turbamenti emotivi in cui se “non si può vivere la realtà, la si immagina” e, quindi, storie di gente “incastrata” nella propria vita immaginativa fatta di interpretazioni, idee fantastiche, spinte narcisistiche…  Assolutamente da leggere!

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Benassi, P (2020) Narrazioni e storie in Psichiatria. Consulta Librieprogetti
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