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Malinconici trent’anni

Quali sono le caratteristiche dell’individuo di trent’anni di oggi? Cosa caratterizza la psicologia del trentenne della seconda decade del XXI secolo?

Di Andrea Carbone

Pubblicato il 06 Apr. 2021

Aggiornato il 09 Apr. 2021 12:37

Il trentenne di oggi si trova spesso in imbarazzo di fronte sia al successo lavorativo e matrimoniale dei genitori sia alle richieste esigenti della modernità che avanza. Si sente in difetto su tutto, sui suoi successi e sui suoi fallimenti. I primi sono confrontati con modelli utopici di perfezione sociale; i secondi con i millantati successi dei genitori.

 

In uno dei suoi romanzi, la scrittrice Oriana Fallaci scriveva che i trent’anni sono anni stupendi e definendoli liberi, ribelli e fuorilegge sia perché ancora lontani dalla malinconia della maturità sia perché ormai sono lontani dalla angosciosa attesa che caratterizza la gioventù. La Fallaci dichiarava che i trent’anni sono l’età in cui l’individuo è come un campo di grano maturo, fertile e non ancora avvizzito, pieno di vita. Secondo l’autrice a trent’anni si è in cima alla montagna della vita dove si può ammirare da un lato la strada in salita che si è appena percorsa, dall’altro la strada in discese che si deve percorrere.

Chi scrive è prossimo alla soglia dei trent’anni e non si sente né pieno di vita né in cima alla montagna da cui ammirare il panorama. Chi scrive queste parole si trova semmai sulla cima di una collinetta ad ammirare un panorama malinconico. Certamente si sente fertile e pieno di vita, non avvizzito, ma non libero e ribelle. Tantomeno fuorilegge. La ragione è che i trent’anni di cui parlava la Fallaci nel suo libro si riferiscono ad un altro tempo, in cui avere questa età era più semplice.

Se ci si ferma a leggere cosa si può trovare in rete riguardo i trent’anni si tratteggia un disegno decisamente diverso da quello che la Fallaci raccontava nel suo romanzo. Innanzitutto si è colpiti dai numeri: 5, 10, 15 cose da imparare o da fare arrivati a trent’anni; le 15 regole che deve seguire il trentenne; 30 consigli per i 30 anni, e così via. Se si decide di approfondire ci si accorge che queste regole, consigli e cose da fare ai trent’anni sono talmente vaghe da poter andare bene per tutti e contemporaneamente per nessuno. E questo porta ad una ipotesi contraria a quella proposta all’inizio: i trent’anni sono l’età dell’incertezza, del non sentirsi né questo né quello, del sentirsi chiamare “signore” o “signora” dai ragazzini e “giovanotto” o “signorina” dai più anziani. Per i primi siamo già vecchi e incapaci di stare al passo coi tempi; per i secondi siamo ancora all’inizio e abbiamo ancora tanta strada da fare. E quindi la verità dove sta?

I più pessimisti vedono nei trentenni di oggi una popolazione di invisibili segnati dalla solitudine dell’esistenza, ignorati dalla politica, dalle riforme sociali e dalla cultura predominante che guarda al potenziamento dei giovanissimi e alla salvaguardia dei più anziani.

Chi scrive è uno psicologo che studia e lavora nel campo della psicoanalisi. E da psicologo si domanda: quali sono le caratteristiche dell’individuo di trent’anni di oggi? Cosa caratterizza la psicologia del trentenne della seconda decade del XXI secolo?

Quasi cento anni fa, il dottor Freud, che molti avranno sentito nominare, delineava un ritratto dei trentenni dell’epoca: l’uomo aveva caratteristiche giovanili ed entusiaste e aveva grandi potenzialità di sviluppo; la donna spesso era più rigida e immutabile nella sua psicologia e meno energica. Senza fare una distinzione così netta tra uomo e donna, impopolare e infruttuosa, si può dire che entrambe le descrizioni si adattano ai trentenni di oggi, energici ed entusiasti o al contrario rigidi e poco elastici. O piuttosto si può dire che si può essere un trentenne sia energico ed entusiasta sia rigido e immutabile? Sono certamente caratteristiche che possono stare insieme, nel buon nome della variabilità individuale.

Una paziente sulla soglia dei trent’anni mi raccontò di quanto la angosciasse il pensiero di compiere trent’anni e di non aver fatto ancora nulla della sua vita. Non aveva approfondito gli studi, non aveva vissuto da sola prendendo in affitto un appartamento, non aveva sperimentato la vita da single. Inquieta davanti a queste mancanze si mostrava allo stesso tempo rigida e affermava di sentirsi vecchia per fare certe cose, di aver avuto la sua chance negli anni precedenti e di non averla colta, dicendo che non le restava altro che sposarsi e avere un figlio. La nostra signorina era quindi a cavallo della descrizione freudiana: da un lato era entusiasta della vita e voleva intraprendere nuove strade e fare nuove esperienze, dall’altro era già rigidamente fissa a un obiettivo maturo quale il metter su famiglia e continuare col suo lavoro.

Allora è questa la caratteristica della nostra generazione di trentenni: siamo sia energici che pigri, sia volenterosi che arrendevoli, sia entusiasti che rigidi, sia ribelli che malinconici.

La schiera dei trentenni che fanno parte della generazione Y, di cui fa poco orgogliosamente parte chi scrive, è una generazione di mezzo un po’ malinconica. Da una parte si trova a guardare con nostalgia al passato e al tempo delle generazioni precedenti, come quella dei propri genitori, i quali a trent’anni avevano già i figli, già una casa e già un lavoro avviato o consolidato, se non una carriera. Dall’altra parte si trova a guardare con aria malinconica il presente traballante e il futuro incerto: i trentenni di oggi sono spesso ancora in formazione, sono in un mondo lavorativo più complesso e competitivo e sono in un universo di relazioni interpersonali più complicate. Il trentenne di oggi si trova spesso in imbarazzo di fronte al successo lavorativo e matrimoniale dei genitori e in imbarazzo di fronte alle richieste esigenti della modernità che avanza. Il trentenne si sente in difetto su tutto, sui suoi successi e sui suoi fallimenti. I primi sono confrontati con modelli utopici di perfezione sociale; i secondi sono confrontati con i millantati successi dei genitori con i quali si genera talvolta un confronto e un conflitto insanabile.

Questa malinconia dei trent’anni non è un difetto e non è un pregio. Malinconico non è neanche un attributo negativo. Esso è una connotazione evidente di un modo di stare al mondo diverso dalla generazione di trentenni che ci ha preceduto, più ottimista e ribelle, quella descritta dalla Fallaci. E chissà come saranno i trentenni che ci succederanno, quelli della successiva generazione alla nostra, la generazione Z.

In molti non si ritroveranno nella descrizione che chi scrive ha tratteggiato e certamente questa non è una descrizione universale che comprende tutti gli individui della stessa età o generazione. Queste riflessioni sono un modo di porre attenzione su una età di passaggio, come quella dell’adolescenza, che è complessa proprio perché fa da ponte tra due fasi diverse, quella della gioventù spensierata e quella della maturità contemplativa.

Il grande scrittore Honoré de Balzac scriveva di una sua eroina che all’età di trent’anni guardava alla sua vita e ne faceva un bilancio, concludendo che aveva ancora tutta la vita davanti a sé e che aveva la possibilità di disporne come voleva, per diventare finalmente un essere umano.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Balzac, H. de. (2010) “La trentenne” Milano: Mondadori.
  • Fallaci, O. (1965). “Se il sole muore”. Milano: Rizzoli.
  • Freud, S. (2016) “Introduzione alla psicoanalisi” Torino: Bollati Boringhieri.
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