In Italia ogni anno circa 4.000 persone si suicidano. Se consideriamo i tentativi di suicidio e i comportamenti autolesivi ci rendiamo immediatamente conto di quanto il problema sia rilevante; Terapia cognitivo comportamentale breve per la prevenzione del suicidio affronta proprio queste tematiche.
Dagli studi compiuti, sono emerse diverse tendenze nei trattamenti che prevengono efficacemente i tentativi di suicidio. In particolare, le terapie cognitivo-comportamentali presentano diverse somiglianze che sembrano essenziali per prevenire il suicidio: un modello teorico; la manualizzazione e la fedeltà clinica; l’enfasi sull’aderenza del paziente; l’allenamento delle competenze; il rispetto dell’autonomia del paziente; la capacità di gestione delle crisi; e un format che preveda la terapia individuale.
Il corposo manuale di Bryan e Rudd illustra la terapia cognitivo comportamentale breve per la prevenzione del suicidio (BCBT), un approccio psicoterapeutico innovativo fondato su solide evidenze empiriche.
I due autori descrivono tutte le procedure e gli interventi che compongono il protocollo.
La prima parte di questo manuale fornisce una discussione sui principi teorici e concettuali alla base dell’approccio e della sua implementazione.
La seconda parte si concentra sulla prima seduta, la più strutturata dell’intero trattamento.
La parte terza descrive le procedure e gli interventi della prima fase della BCBT, che generalmente abbraccia le sedute dalla due alla cinque.
La quarta parte del manuale illustra le procedure e gli interventi che compongono la seconda fase del protocollo. In questa fase del trattamento, l’attenzione si sposta sul sistema di convinzioni suicidarie del paziente, ipotesi e credenze di base che sostengono pensieri e comportamenti legati al suicidio.
L’attività di prevenzione delle ricadute è svolta nelle sedute undici e dodici con esercizi d’immaginazione guidata.
Il manuale termina con due appendici che includono le copie di tutti i fogli di lavoro per i pazienti, le dispense richieste per effettuare la BCBT, e le copie degli strumenti clinici come le check-list, i modelli di documento per la valutazione del rischio di suicidio e gli script per gli esercizi di rilassamento e mindfulness.
Nel volume gli autori riportano numerosi casi di studio con dialoghi estrapolati da sedute per fornire esempi di come il protocollo possa essere utilizzato con pazienti che riflettono un’ampia gamma di livelli di rischio e complessità clinica.
Inoltre, mostrano come sia possibile stabilire una forte relazione collaborativa con un paziente suicida, valutare il rischio di un atto anticonservativo e lavorare per riportare il paziente in sicurezza.
Sono descritti strumenti d’intervento di efficacia comprovata per sviluppare la regolazione delle emozioni e la capacità di gestione delle crisi e per smantellare il sistema di credenze suicidarie proprie del paziente.
Alla prima seduta, come già rilevato, è data la massima importanza. Dopo aver fornito una panoramica della BCBT e aver descritto la struttura del trattamento, attraverso la valutazione narrativa, il clinico costruisce l’alleanza e la concettualizzazione del caso e ottiene le informazioni necessarie per valutare il rischio di suicidio.
La prima fase del trattamento, che è tipicamente della durata di quattro sedute, si concentra sulla disattivazione della modalità suicida e sulla stabilizzazione dei sintomi attraverso il training delle abilità di regolazione delle emozioni.
Nelle successive cinque sedute la BCBT si concentra sul sistema di credenze suicidarie che è alla base della vulnerabilità a lungo termine al suicidio.
Nelle due ultime sedute, l’attenzione si sposta sull’integrazione delle competenze e la prevenzione delle ricadute.
Il protocollo prende in considerazione due tipi di rischio suicidario, il rischio di base che varia da individuo a individuo in relazione alla propria costellazione di predisposizioni storiche e di sviluppo e il rischio acuto che comporta l’aspetto del rischio temporaneo o transitorio.
Dal punto di vista della teoria della vulnerabilità fluida, i fattori di rischio cognitivo e comportamentale meritano un’attenzione particolare nel trattamento perché attuare un cambiamento in questi due domini può modificare direttamente e in modo affidabile il rischio di base.
Una lettura quella del manuale Terapia cognitivo comportamentale breve per la prevenzione del suicidio che va consigliata a ogni clinico che prima o poi si troverà ad affrontare un paziente con rischio suicidario o che ha già compiuto un tentativo e potrà giovarsi in quel caso delle preziose indicazioni che troverà illustrate nel volume.