Durante la gravidanza, l’immagine corporea subisce un declino a seguito delle variazioni di peso e forma del corpo. Questi aspetti individuali di insoddisfazione e tendenza al confronto sociale, sono concomitanti alla presenza di problematiche cognitive associate alla propria percezione corporea, aggravando il disturbo alimentare.
I disturbi alimentari sono problematiche strettamente connesse al contesto socioculturale occidentale, che attribuisce forte rilevanza alle forme del corpo, promuovendo ideali di bellezza associati alla magrezza. Il rischio conseguente può essere l’adozione di diete drastiche, il ricorso all’esercizio fisico estremo, l’induzione di vomito e l’assunzione di lassativi (Ferrand et al., 2009), che provocano danni significativi alla salute fisica e al funzionamento psicosociale.
L’anoressia consiste nella restrizione alimentare concomitante alla presenza di dispercezione dell’immagine corporea, perdita di peso e debolezza. La letteratura ha individuato come l’associazione di questa con tratti psicotici sia fonte di un persistente perfezionismo, sbalzi d’umore e disturbo ossessivo compulsivo correlato. La psicosi che emerge in concomitanza all’ansia precedente al pasto e che rende l’individuo sensibile e reattivo agli stimoli, ha spesso un’origine infantile e antecedente il disturbo alimentare (Damercheli, N. Kakavand AR, 2017; Pourghassem Gargari B. et al., 2010).
Durante la gravidanza, la patologia alimentare in donne che ne hanno sofferto precedentemente, può regredire per il timore di provocare danni al feto. Tuttavia, in alcuni casi, c’è il rischio di una ricaduta, favorita dall’aumento di peso e dall’insoddisfazione corporea conseguenze (Bardone-Cone et al., 2013). Anche se tendenzialmente i sintomi miglioreranno nel post-partum (Kordi M. et al., 2014), queste donne sono a rischio di aborto spontaneo, anomalie elettrolitiche, travaglio pretermine, restrizione della crescita intrauterina e inadeguato aumento di peso nel feto. I comportamenti di restrizione calorica, possono anche influire causando ritardi nello sviluppo del bambino e, nel peggiore dei casi, morte materna e fetale ( Rahmanian, V. et al., 2017).
Durante la gravidanza, l’immagine corporea, ovvero il modo in cui ci vediamo e veniamo visti dagli altri (Bardone-Cone et al., 2013), subisce un declino a seguito delle variazioni di peso e forma del corpo, risentendo anche a causa dei condizionamenti della società moderna che valorizza il corpo perennemente magro (Alah-Gholilo, K. et al., 2013).
Questi aspetti individuali di insoddisfazione e tendenza al confronto sociale, sono concomitanti alla presenza di problematiche cognitive associate alla propria percezione corporea (Trindade & Ferreira, 2014), aggravando il disturbo alimentare. Ad esempio, coloro che tendono alla ruminazione, sono vittime del confronto con l’altro ed avendo elevati livelli di perfezionismo, tendono a perseguire standard irrealistici (Mashalpourfard M. et al., 2014).
Il perfezionismo è un tratto di personalità che consiste nello sforzarsi ad essere impeccabili, ponendosi standard irrealisticamente elevati, al contempo valutando criticamente il proprio ed altrui comportamento (Roshanfar, A. Mokhtari, S. Padash, 2013). Sebbene sia nel perfezionismo adattivo che disadattivo l’obiettivo è il raggiungimento del successo, nel primo arrivare allo standard prefissato aumenterà i livelli di autostima, mentre nel secondo l’insoddisfazione per l’obiettivo irrealistico implicherà l’emergere del criticismo verso di sé, che avrà ripercussioni negative individuali (Atadokht, 2016).
Il perfezionismo condiziona fortemente la salute mentale in quanto la preoccupazione per gli errori, che lo caratterizza, è implicata nell’anoressia e nelle abitudini alimentari dannose (Erozkan et al., 2011).
A partire dalle indagini che hanno riscontrato un’associazione tra disturbi alimentari, immagine corporea e perfezionismo nella popolazione (ad es. Mashalpourfard M. et al., 2014) e la loro rilevanza nel compromettere la salute mentale; Kiani-Sheikhabadi M. et al. (2019), hanno indagato la relazione tra questi fattori in 187 donne che stavano affrontando una gravidanza.
Il perfezionismo adattivo non era implicato nell’insorgenza dei disturbi alimentari, nell’anoressia nervosa e nel desiderio di abbuffarsi tra le donne del campione. La componente disadattiva di perfezionismo, invece, si associava positivamente alla patologia alimentare ed ai comportamenti correlati.
Dunque, coerentemente con la letteratura (Welch et al., 2009), il disturbo alimentare in gravidanza può essere favorito o meno dalle tendenze di perfezionismo nei soggetti; soprattutto quelle disadattive, che peggiorano la sintomatologia legata all’alimentazione, l’anoressia nervosa ed il desiderio compulsivo di mangiare (Boone et al., 2010).
Il perfezionismo negativo comporta un atteggiamento ostile verso i propri errori, tendenza a biasimarsi e percepire una mancata corrispondenza tra proprie prestazioni ed aspettative. Le donne incinte con questa componente, potrebbero fare valutazioni imprecise sul proprio peso ed aspetto corporeo, adottando comportamenti rischiosi, ovvero diete ed esercizio fisico eccessivo, che favoriscono lo sviluppo di un disturbo alimentare.
Secondo altre indagini, la componente di perfezionismo è talmente implicata che in alcuni casi può predire indipendente dagli altri aspetti, l’insorgenza di una patologia alimentare (Ariapooran & Shirzadi, 2012).
Il perfezionismo positivo rende le donne meno propense a sviluppare un disturbo alimentare, poiché raggiungeranno l’obiettivo desiderato avendo fiducia nelle proprie capacità (Bardone-Cone et al., 2007); saranno meno propense a preoccuparsi per l’aumento o la perdita di peso e non si biasimeranno.
I risultati mostrano anche una relazione negativa tra l’immagine corporea con i sintomi del disturbo alimentare, l’anoressia nervosa e il desiderio di abbuffarsi. In linea con la letteratura, questa sintomatologia si riduce con l’insorgenza di un’immagine corporea positiva e la soddisfazione verso il proprio aspetto fisico (Mashalpourfard M. et al., 2014).
Infatti, all’aumentare del valore attribuito al proprio corpo, si riducono i comportamenti tipici dell’anoressia nervosa, il desiderio di mangiare ed in generale il rischio di insorgenza della patologia alimentare (Mashalpourfard M. et al., 2014). Al contrario, le donne che si sentono fisicamente poco attraenti, avranno un basso valore fisico e saranno più propense ad adottare una dieta restrittiva che aumenterà l’incidenza e la gravità del disturbo alimentare.
Sebbene i cambiamenti fisici durante la gravidanza condizionano l’immagine corporea, con il rischio di comparsa di disturbi alimentari; ad aggravare la condizione giocano un ruolo i contesti familiari e sociali, che influenzano l’ideale del proprio corpo, generando sofferenza quando questo non rispetta i canoni estetici.
In generale, i medici dovrebbero intervenire effettuando una diagnosi precoce ma soprattutto fare prevenzione. Specialmente le ostetriche, che sono a contatto con le future madri, dovrebbero essere istruite ed istruire sui bisogni nutrizionali di base e gli effetti delle diete restrittive in gravidanza.
Inoltre, per prevenire l’insorgenza di un disturbo legato all’immagine corporea, sarebbe utile rafforzare l’autostima delle future madri; oltre che sostenerle nella rielaborazione dei contenuti che recepiscono dai media, la loro visione del corpo e dell’ideale di bellezza femminile.
A questo proposito, è possibile agire mediante interventi psicoeducativi rivolti alle donne incinte ed ai loro coniugi al fine di ridurre l’incidenza del disturbo alimentare in gravidanza.