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Aspetti neuropsicologici e dinamiche familiari in genitori di bambini con disturbo dello spettro autistico

Sono stati individuati fattori che possono interferire nella relazione genitore-figlio e che possono compromettere la riabilitazione di persone con autismo.

Di Sara Magliocca

Pubblicato il 01 Feb. 2021

Ricerche che hanno indagato le difficoltà legate alla gestione di un figlio con disturbo dello spettro autistico (ASD), riportavano tra i parenti di primo grado, in particolare le madri, elevati livelli di stress e minore senso di benessere che si ripercuotevano negativamente sulla qualità della vita dei loro figli.

 

L’impatto della disabilità di un individuo nel contesto familiare, varia a seconda delle caratteristiche specifiche e della condizione sindromica esaminata.

Ricerche che hanno indagato le difficoltà legate alla gestione di un figlio con disturbo dello spettro autistico (ASD), riportavano tra i parenti di primo grado, in particolare le madri, elevati livelli di stress e minore senso di benessere che si ripercuotevano negativamente sulla qualità della vita dei loro figli (Benjak et al., 2009; Phetrasuwan & Shandor Miles, 2009; Schieve et al., 2007).

Secondo la letteratura, i genitori di bambini con ASD hanno spesso difficoltà emotive; mostrando tratti alessitimici, ridotta consapevolezza emotiva, difficoltà nel mentalizzare, percepire, riconoscere e descrivere verbalmente i propri ed altrui sentimenti (Szatmari et al., 2008). Inoltre, riportando un tasso più elevato di ansia sociale e depressione, necessitano anch’essi un supporto psicologico da parte dei servizi di cura (V. Goussé et al., 2011).

Nei genitori sono state riscontrate anche problematiche neuropsicologiche, ricondotte all’ipotetica presenza di un “fenotipo allargato” (broad phenotype; Véronique Goussé et al., 2002; Klusek et al., 2014; Shi et al., 2015), implicato nell’origine dell’autismo. In virtù della ancora oscura eziologia che determinerebbe la patologia nel figlio; questo fenotipo spiegherebbe la presenza in forma lieve nei familiari del soggetto affetto, di tratti sintomatologici del disturbo (S. Folstein & Rutter, 1977; Le Couteur et al., 1995), dando la possibilità di individuare i meccanismi genetici alla base ed effettuare una buona diagnosi differenziale.

Alcune problematiche riportate dalla letteratura rimandano a deficit cognitivi, del linguaggio, delle funzioni esecutive, della working memory (Gokcen et al., 2009), degli aspetti pragmatici della comunicazione (Pickles et al., 2000), problematiche nell’articolazione, nella lettura e nell’ortografia; con punteggi significativamente più bassi nei test di intelligenza verbale (S. E. Folstein et al., 1999).

Esplorando ulteriori aspetti, come le dinamiche riscontrate nel nucleo familiare di soggetti con ASD, sono stati individuati fattori potenzialmente interferenti nella relazione genitore-figlio, che possono compromettere il percorso riabilitativo di quest’ultimo.

In particolare, in la letteratura, le madri di bambini autistici venivano descritte con tratti maggiori di rigidità; mentre i padri venivano delineati come più distaccati (Seidman et al., 2012).

Lo studio di Zingale et al. (2017), ha indagato le caratteristiche cognitive, emotive e relazionali peculiari in 30 genitori di bambini affetti da autismo e associata disabilità intellettiva (DI); confrontandole con quelle emerse da 22 genitori di bambini affetti dalla sindrome di Prader-Willi  (PWS) e DI associata. La PWS, ad eziologia nota, si caratterizza per iperfagia, comportamenti ossessivi, impulsività, instabilità emotiva, disabilità intellettiva (Angulo et al., 2015) e, similmente all’ASD, comporta un elevato carico emotivo da parte della famiglia. Anche la DI si ripercuote sui genitori; provocando restrizione nelle attività del nucleo, oltre che problemi di stress e sintomi depressivi (Mulroy et al., 2008).

Dall’indagine, non sono emerse differenze tra i genitori con figli affetti da ASD e quelli con Prader-Willi rispetto al quoziente intellettivo misurato con la WAIS-R (Wechsler Adult Intelligence Scale-Revised; Wechsler, 1981) nelle sue componenti verbali ed esecutivo-pratiche.

Tuttavia, andando a verificare le risposte date in alcuni subtest, questi avevano riportato migliori abilità di ragionamento verbale, di giudizio sociale e orientamento nella realtà.

Nel complesso, queste prime valutazioni del funzionamento cognitivo, non confermano il profilo dei genitori di soggetti con ASD riportato dalla letteratura in termini di presenza di un fenotipo allargato; in quanto oltre a maggiori deficit nelle componenti verbali dell’intelligenza (Piven & Palmer, 1999), avrebbero dovuto mostrare compromissione delle funzioni esecutive e delle abilità di memoria (Gokcen et al., 2009), anch’esse non riscontrati nella presente indagine.

I genitori di bambini affetti da ASD hanno riportato caratteristiche peculiari nel test CBA (Cognitive Behavioural Assessment; Zotti et al., 1995), che indaga alcuni costrutti psicologici. Tra questi è emersa maggiore ansia, paura per il sangue/medici, pensieri intrusivi e ruminazione; mentre non sono emersi sintomi depressivi riscontrati in letteratura (V. Goussé et al., 2011; PIVEN et al., 1991).

Per quanto concerne le dinamiche familiari, valutate con il FACES IV (Olson, 2008); famiglie con bambini affetti da ASD sperimentavano minore soddisfazione; essendo meno coese, più disimpegnate e caotiche nella distribuzione dei ruoli, rispetto a quelle aventi un membro affetto da sindrome di Prader-Willi.

Nonostante lo studio presenti alcuni limiti riguardanti la ridotta numerosità dei campioni e l’impossibilità di fare un confronto con la letteratura sulle varabili neuropsicologiche di genitori di bambini con ASD e PWS, poco indagate, sono stati esplorati aspetti rilevanti. Tra questi, il ruolo delle dinamiche familiari, che potendo interferire con le abilità di coping adattive messe in campo per fronteggiare la patologia, andrebbero esplorate ulteriormente in campioni più grandi e con diversi quadri sindromici.

In tutti i casi, la disabilità di un membro della famiglia impatta notevolmente sui processi transazionali della stessa; sulle dinamiche e gli aspetti della sfera emotiva espressi dagli individui che ne sono coinvolti. Con lo scopo di porre al servizio della crescita evolutiva le strategie di coping e incrementare i fattori di resilienza della famiglia, si rendono necessari programmi di intervento che non coinvolgano solo il membro affetto da disabilità, ma che prevedono la presa in carico di tutto il sistema familiare.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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