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“Ai gatti neri porta sfortuna essere attraversati da un’auto”: il bias del gatto nero (BCB)

I gatti neri vengono percepiti come meno amichevoli e più aggressivi rispetto alle loro controparti non nere. Come mai esiste il bias del gatto nero?

Di Tatiana Pasino

Pubblicato il 05 Feb. 2021

Esistono molti aneddoti sul “bias del gatto nero” (BCB), un fenomeno dove i gatti dal manto nero sono visti in modo negativo, sono adottati di meno e vengono fatti sopprimere in modo più frequente rispetto ai gatti di altri colori (Jones & Hart, 2019).

 

Come mai esiste e come si è formata questa discriminazione? 

Esistono diverse ipotesi alla base di questa discriminazione: la prima è legata alla cultura religiosa. In molte culture, il colore nero ha una connotazione negativa ed è la rappresentazione simbolica della morte, del lutto e del diavolo (Adams & Osgood, 1973; Allan, 2009; Kaya & Epps, 2004; Sherman & Clore, 2009). È possibile che il gatto nero venga visto in modo sinistro per l’associazione superstiziosa che spesso viene fatta (Sherman & Clore, 2009). A livello psicologico, il colore nero gioca un ruolo chiave per la formazione di pregiudizi o di atteggiamenti superstiziosi: ad esempio, quando un gatto nero attraversa la strada, molte persone pensano alla sfortuna (Jones & Hart, 2019). La seconda ipotesi è che atteggiamenti razziali e pregiudizievoli nei confronti di persone con la pelle scura siano stati generalizzati verso gli animali: Meier e colleghi (2004) notarono come i colori brillanti vengono categorizzati come positivi, mentre quelli scuri sono categorizzati come negativi. Ci sono pregiudizi negativi associati alla tonalità della pelle, per questo motivo le persone con la pelle scura sono discriminate (Alter et al., 2016). Ci sono delle evidenze empiriche di come questa forma di pregiudizio venga applicata anche agli animali e non solo agli umani: i cani e i gatti neri vengono percepiti in modo più negativo rispetto alle loro controparti (animali bianchi o colorati) e vengono adottati meno (Brown & Morgan, 2015; Leonard, 2011; Lum et al., 2011; Reeger, 2011; Woodward et al., 2012; Workman, 2016). Quando un gatto viene selezionato per l’adozione, le persone evidenziano come due criteri importanti siano la giocosità e la amicalità (Sinn, 2016; Southland et al., 2019). Stelow e colleghi (2016) osservarono come il colore del manto del gatto non sia correlato ad una variazione nei livelli di aggressività, nonostante ciò, i gatti neri sono valutati come meno amichevoli rispetto ai gatti colorati e di conseguenza sono adottati di meno (Kogan et al., 2013; Workman e Hoffman, 2015). Questa valutazione potrebbe essere correlata alla percezione della mimica facciale: dato che gli umani usano i segnali micro-facciali per leggere segnali sociali ed emotivi (Bennet et al., 2017; Leyhausen, 1979), si ipotizza che il colore scuro del mantello dei gatti neri renda la lettura delle espressioni più difficile (Jones & Hart, 2019).

Dato che oltre agli aneddoti esistono scarse evidenze empiriche, Jones e Hart (2019) hanno cercato di studiare il fenomeno esaminando le differenze degli atteggiamenti delle persone 1) mostrando foto di gatti neri o di altri colori, 2) valutandone l’aggressività percepita, l’affettuosità e la volontà di adottare, 3) esaminando se i livelli di religiosità, le credenze superstiziose e gli atteggiamenti razziali pregiudizievoli dei partecipanti fossero legati nello specifico ai gatti neri, infine 4) se tale pregiudizio fosse correlato ad una possibile difficoltà nel comprendere le emozioni dei gatti scuri. Il campione, composto da 101 soggetti – nello specifico, 17 uomini e 84 donne – sono stati reclutati tramite i social media. Il 75,2% dei partecipanti erano caucasici, il 24,8% dei partecipanti erano ispanici, afroamericani, asiatici e nativi americani. Per quanto riguarda le credenze religiose, il 68,3% dei partecipanti erano cristiani, il 24,7% agnostici o atei, 1% ebrei, 1% mussulmani e 5% altro.

I risultati indicano come, indipendentemente dall’etnia e dalle credenze religiose, i gatti neri vengono percepiti come meno amichevoli e più aggressivi rispetto alle loro controparti non nere (Jones & Hart, 2019). Tenendo in considerazione la religiosità, la superstizione e gli atteggiamenti razziali, i risultati indicano come solamente la superstizione prevede in modo significativo dei pregiudizi sfavorevoli contro i gatti neri. Infine, è stata confermata l’ipotesi secondo cui le persone che non riescono a identificare chiaramente le espressioni dei gatti neri hanno un pregiudizio più forte, in quanto la lettura delle emozioni è significativamente correlata con l’adozione (Jones & Hart, 2019).

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Adams, F. M., & Osgood, C. E. (1973). A cross-cultural study of the affective meanings of color. Journal of Cross-Cultural Psychology, 4(2), 135–156.
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  • Alter, A. L., Stern, C., Granot, Y., & Balcetis, E. (2016). The bad is black effect: Why people believe evildoers have darker skin than do-gooders. Personality and Social Psychology Bulletin, 42(12), 1653–1665.
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  • Leonard, A. (2011). The plight of “Big black dogs” in American animal shelters: Colorbased canine discrimination. Kroeber Anthropological Society, 99(1), 168–183.
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  • Workman, M. K., & Hoffman, C. L. (2015). An evaluation of the role the Internet site Petfinder plays in cat adoptions. Journal of Applied Animal Welfare Science, 18(4), 388–397.
  • Workman, M. K. (2016). Perceptions of personality: How what we see influences our perceptions about and behavior toward companion animals. In M. PreRgowski (Ed.) Companion animals in everyday life (pp. 61–72). New York, NY: Palgrave Macmillan.
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