Le ali della libertà è anche e soprattutto una rappresentazione accurata del concetto di speranza, di come un uomo innocente possa trovare il modo di sopravvivere all’idea che la sua vita gli sia stata rubata e che si ritrovi a pagare per un crimine che non ha commesso.
Andy: «Sai io dove andrei? A Zihuatanejo!»
Red: «Zihu… cosa?»
Andy: «Zihuatanejo. È nel Messico, un piccolo porto sull’Oceano Pacifico. Sai che dicono del Pacifico i messicani?»
Red: «No».
Andy: «Dicono che non ha memoria. È lì che voglio vivere il resto della mia vita: in un posto caldo senza memoria». (Le ali della libertà – Frank Darabont, 1994)
Con questa immagine il protagonista de Le ali della libertà, Andy Dufresne (Tim Robbins) racconta al suo amico Red (Morgan Freeman) la sua idea di libertà, di redenzione. Anche se Andy, che ha trascorso circa vent’anni nella prigione di Shawshank, non ha davvero bisogno di redimersi. Le ali della libertà, film del 1994 diretto da Frank Darabont e basato sul racconto di Stephen King L’eterna primavera della speranza. Rita Hayworth e la redenzione di Shawshank, contenuto nella raccolta Stagioni diverse, è la storia di un uomo, il giovane bancario Andy Dufresne, condannato per l’omicidio della moglie e del suo amante. Pur proclamandosi innocente, Andy si ritrova a scontare la sua pena nel carcere di Shawshank. Ma il film di Darabont non è solo la narrazione delle vicende della vita carceraria. Certo, dipinge le difficoltà e le vessazioni che i nuovi arrivati si trovavano ad affrontare a quel tempo – la vicenda ha inizio nel 1947 – in un istituto di pena del New England; specie i detenuti come Andy che, nonostante tutto, sembra mantenere un’insolita calma per essere in un posto come quello e sapere di doverci restare per sempre. Le ali della libertà è anche e soprattutto una rappresentazione accurata del concetto di speranza, di come un uomo innocente possa trovare il modo di sopravvivere all’idea che la sua vita gli sia stata rubata e che si ritrovi a pagare per un crimine che non ha commesso.
Con queste premesse, si potrebbe pensare che Andy non sia nient’altro che un ottimista, ma – sebbene vicini tra loro – i concetti di ottimismo e speranza non sono esattamente sovrapponibili. L’ottimismo è considerato da alcuni un vero e proprio tratto di personalità che esercita una notevole influenza sul comportamento inducendo la persona ad aspettarsi risultati positivi da ogni tipo di esperienza futura (Laudadio, Mancuso, 2015). La speranza è un costrutto dalle varie sfumature. In psicologia, una delle teorie più conosciute è quella di Snyder, il quale ha individuato tre componenti centrali della speranza: goals, agency e pathways. Nel suo modello, accanto agli obiettivi si pongono l’agency – ovvero la convinzione di poter dare forma alla nostra vita rendendo le cose possibili – e i pathways – i percorsi che seguiamo e i piani che elaboriamo per raggiungere i nostri obiettivi (Weir, 2013). Le componenti agency e pathways si influenzano reciprocamente in modo continuo durante il processo che porta infine al conseguimento dell’obiettivo (Snyder, 2000). Andy sembra avere proprio un obiettivo – che viene rivelato solo alla fine della storia – un piano per raggiungerlo e la consapevolezza di poterci riuscire.
Nonostante viva i primi anni di detenzione vittima di violenza, nonostante la dura esperienza della vita carceraria e sebbene ritrovatosi da solo in quel posto così diverso dalla vita che era abituato a fare, Andy Dufresne riesce sempre a trovare con ostinazione una ragione per andare avanti. Lo fa diventando un punto di riferimento per le guardie della prigione – che, con la sua esperienza da vice direttore di una banca, si rivolgono a lui per fare la dichiarazione dei redditi o qualche investimento sicuro – oppure dando una mano a qualche giovane detenuto che non aveva mai preso il diploma. Andy è diverso da tutti gli altri e per questo viene notato e benvoluto dai suoi compagni e stringe una solida amicizia con Red che, tra tutti gli ospiti di Shawshank, era stato il primo a interessarsi a lui, forse affascinato dalla sua aria quasi spensierata che era difficile vedere da quelle parti. E rimane ancora più sorpreso quando Andy si avvicina a lui – famoso per essere un mago del contrabbando – e gli chiede di procurargli Rita Hayworth e, dopo di lei, altre bellissime attrici da appendere alle umide pareti della sua cella. Red ha trascorso più tempo dentro alle mura di Shawshank che fuori, si definisce un uomo istituzionalizzato e sa che, semmai dovessero concedergli la libertà, non sarà più in grado di vivere nel mondo reale. A Shawshank era utile, era colui che procurava le cose agli altri detenuti; fuori di lì nessuno avrebbe avuto bisogno di lui. Red, come molti altri, aveva riadattato il proprio modo di vivere al contesto istituzionale – quello penitenziario, appunto – con le sue regole – esplicite e non – e lo aveva fatto al punto da perdere la capacità di pianificare e immaginare il suo rientro nella società come individuo utile e produttivo.
Ma a volte la speranza riesce ad insinuarsi dove sembra esserci solo rassegnazione e spesso rappresenta
l’ultima risorsa a disposizione della persona quando questa si trova ad affrontare difficoltà non facilmente superabili. […] l’ultimo baluardo in grado di impedire alla persona di cadere nella disperazione più cupa. (Meazzini, 2017)
Nel corso della storia, Red affronta più volte la valutazione della commissione per la libertà vigilata che ha il compito di decidere se un detenuto possa definirsi riabilitato. Ma Red è cinico e disilluso al riguardo, al contrario di Andy che è forse l’unico uomo in quel posto ancora in grado di conservare una certa luce negli occhi, come chi si aspetta qualcosa di buono ed è consapevole che – con il giusto impegno e un po’ di fortuna – potrà arrivare dove vuole. Andy non smette di sperare durante i lunghissimi anni trascorsi a Shawshank, lo fa impegnandosi per gli altri, o anche semplicemente lavorando le pietre raccolte nel cortile con il suo martello da roccia; spera, fino al giorno in cui il suo piano potrà finalmente realizzarsi. Le ali della libertà non è solo un grande classico del cinema che riesce ogni volta ad emozionare, è molte altre cose: è una storia di amicizia, è il racconto della vita tra le mura di una prigione, è redenzione e, soprattutto, è un ritratto di speranza. Così, sognando un futuro diverso sulle spiagge assolate di Zihuatanejo, Andy spera e, inaspettatamente, riesce a convincere persino il cinico Red che
La speranza è una cosa buona, forse la migliore delle cose, e le cose buone non muoiono mai. (Le ali della libertà – Frank Darabont, 1994).