Il presente articolo si propone di dare una lettura della prima stagione del telefilm The Haunting che integri la prospettiva psicodinamica e quella sistemico-relazionale. È consigliato leggerlo solo dopo aver visto The Haunting of Hill House.
Attenzione! L’articolo contiene spoiler
‘I fantasmi non esistono, li abbiamo creati noi. Siamo noi i fantasmi‘ dice il personaggio di Pasquale Lojacono nella commedia Questi fantasmi scritta dal noto drammaturgo Eduardo De Filippo nel 1945. Un messaggio molto simile sembra mandarlo la serie tv Netflix The Haunting.
In particolar modo, la prima stagione The Haunting of Hill House mette in luce il legame profondo che unisce tutti gli elementi della famiglia. I tagli emotivi, le alleanze e il mito di una casa spettrale sono aspetti che tengono legati i componenti della famiglia anche a chilometri di distanza.
Il comune denominatore che appartiene ad ogni membro è il timore di restare col proprio vuoto interiore. I sentimenti materni della madre Liv in particolar modo hanno effetto a cascata sui figli.
Liv si presenta come una donna con uno spaventoso timore del vuoto che regna dentro di sé. Questo la rende molto dipendente dai figli che, identificandosi come riempitori di quel vuoto, non riescono a vedere la versione più autentica di sé stessi. Il sogno di Liv relativo alla perdita dei due figli sembra nascere dalla possibilità di non essere più ‘piena’ di loro.
La donna infatti esterna consapevolmente la malinconia dovuta alla crescita dei due gemelli, i più piccoli della famiglia. Con molta minore consapevolezza sogna che il figlio maschio morirà di overdose e la figlia femmina morirà impiccandosi. I fantasmi che guidano le paure di Liv non sono appartenenti alla casa, ma al suo vissuto intrapsichico e come ogni famiglia indifferenziata che si rispetti questi spettri vivono anche in tutti gli altri membri della famiglia.
Nelly, la più sacrificale, sin da piccola non ha avuto le basi dalla madre per rimanere con l’angoscia del proprio vuoto interiore. Sentendo troppo lacerante prima il vuoto materno, poi quello lasciato dall’amato marito, auto-avvera la profezia della madre. La ‘donna dal collo storto’ presente ogni notte accanto a lei non è altro che la visione che la madre ha di lei nel momento in cui dovessero separarsi. Impossibilitata a mantenere la costanza dell’oggetto, quando l’oggetto amato non è più davanti a sé, Nelly non può fare altro che cadere nella più atroce disperazione. Con la fantasia di riavvicinarsi all’oggetto d’amore si uccide, divenendo lo spettro di cui aveva tanta paura.
Luke, poco meno sacrificale di Nelly, può salvarsi solo nel momento in cui gli altri fratelli incontrano gli spettri che aleggiano nell’indifferenziato intrapischico familiare.
In particolar modo questo processo si completa quando Steven, il fratello maggiore che aveva tagliato emotivamente i rapporti con il resto della famiglia, sceglie di vedere i fantasmi familiari.
Il padre risulta l’ultimo elemento impossibilitato a salvarsi e si uccide, proprio come la moglie, per l’incapacità di stare col vuoto incontenibile, lasciato dalla perdita dell’amore della figlia Nelly.
La stanza rossa è il luogo metaforico dove è possibile l’incontro emotivo tra i diversi membri della famiglia. Questa rappresenta anche l’unico spazio di autenticità e spontaneità, dove desideri, paure ed emozioni personali possono emergere in un sistema che tende a sacrificare l’individualità.
L’indistruttibilità della casa rappresenta proprio l’innegabilità degli spettri presenti in questa famiglia, come in ogni altra. La coraggiosa capacità dei fratelli di accettare i fantasmi come parte di sé li fa andare avanti, rendendo più spontaneo e saldo il legame fraterno e liberando le parti più autentiche di loro stessi.
Il messaggio più forte di The Haunting of Hill House sembra essere questo: ognuno di noi in quanto appartenente ad una famiglia ha i propri spettri e il primo passaggio per non permettere che ci danneggino è accettarli come parte di noi.