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Sempre più vicini e più distanti

I dispositivi mobili sembra siano in grado di agevolare la comunicazione a distanza, inibendo però l’efficacia di una conversazione faccia a faccia.

Di Tatiana Pasino

Pubblicato il 22 Gen. 2021

I cellulari non solo contribuiscono a cambiamenti psicologici, bensì contribuiscono alla modificazione della comunicazione relazionale per cui i soggetti faticano a comunicare con individui co-presenti mantenendo interazioni con altre persone assenti fisicamente.

 

Gli strumenti tecnologici alterano il comportamento umano e modificano il modo in cui gli individui comunicano, sia fisicamente che a distanza (Allred & Atkin, 2020). L’accesso alla tecnologia dei dispositivi mobili è in costante aumento. Nel 2016, l’utilizzo di dispositivi mobili da parte della popolazione americana ha superato l’80% ed è stato stimato che raggiungerà l’82,7% nel 2020 (Anderson, 2019). Secondo il Pew Research Center, in media un bambino riceve il suo primo cellulare a 10 anni e ha un account di un social media intorno ai 12 anni (Anderson, 2019). Anche quando si trovano nella stessa casa, il 31% dei genitori utilizzano messaggi di testo per comunicare con i propri figli (Influence Central, 2016). I cellulari non solo contribuiscono a cambiamenti psicologici, bensì contribuiscono alla modificazione della comunicazione relazionale per cui i soggetti faticano a comunicare con individui co-presenti mantenendo interazioni con altre persone assenti fisicamente (Gergen, 2002). Il lavoro di Leung e Wei (2000) suggerisce come i dispositivi mobili agevolino una comunicazione a distanza e inibiscano l’efficacia di una conversazione faccia a faccia (Przybylski e Weinstein, 2013). La comunicazione faccia a faccia è un aspetto importante dello sviluppo relazionale (Berger e Calabrese, 1975). Il grado di comunicazione varia e la volontà di comunicazione rappresenta la predisposizione a parlare con un’altra persona tramite un incontro faccia a faccia (McCroskey e Baer, 1985). Nonostante siano due costrutti diversi, ansia e disponibilità a comunicare sembrano essere correlati (McCroskey, 1992): individui che provano ansia generalizzata tendenzialmente sono meno disposti a comunicare di persona.

La teoria cognitiva sociale (SCT) di Bandura (1986) presenta una spiegazione dell’azione e della motivazione umana da una prospettiva socio-cognitiva, secondo cui le conoscenze di un individuo possono essere correlate all’osservazione degli altri nel contesto di interazioni sociali, esperienze ed influenze esterne ai media (Bandura, 2008).

Riprendendo la SCT di Bandura, lo studio di Allred e Atkin (2020) esamina l’effetto dei cellulari sulla volontà di comunicare e sull’ansia. I risultati ottenuti da un sondaggio online – su un campione composto da 498 soggetti – indicano una correlazione significativa tra cellulare e ansia. L’ansia sarebbe negativamente associata alla volontà di impegnarsi in una conversazione di persona (Allred & Atkin, 2020).

I risultati della regressione lineare non hanno indicato una relazione tra dipendenza da cellulare e disponibilità a comunicare di persona. Infine, è stato utilizzato un modello di effetti indiretti per osservare se l’ansia media la relazione tra dipendenza da cellulare e disponibilità a comunicare: i risultati ottenuti suggeriscono un piccolo ma significativo effetto indiretto (Allred & Atkin, 2020). I risultati delle due ipotesi significative confermano come i cellulari siano utilizzati per rimanere in contatto con persone lontane e come siano una potenziale minaccia alla comunicazione con altre persone co-presenti (Allred & Atkin, 2020).

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Allred, R. J., & Atkin, D (2020). Cell phone addiction, anxiety and willingness to communicate in face-to-face encounters. Communication Reports.
  • Anderson, M. (2019, June 23). Mobile technology and home broadband 2019. Pew Research Center.
  • Bandura, A. (1986). Social functions of thought and action: A social cognitive theory. Englewood Cliffs, NJ: Prentice-Hall, Inc.
  • Bandura, A. (2008). Social cognitive theory of mass communication. In J. Bryant & M. B. Oliver (Eds.), Media Effects: Advances in Theory and Research (pp. 94-124). New York, NY: Routledge.
  • Berger, C. H., & Calabrese, R. J. (1975). Some explorations in initial interaction and beyond: Toward a developmental theory of interpersonal communication. Human Communication Research, 1, 99–112.
  • Gergen, K. J. (2002). The challenge of absent presence. In J. E. Katz & M. Aakhus (Eds.), Perpetual contact (pp. 227–241). Cambridge, UK: Cambridge University Press.
  • Influence Central. (2016). Kids & tech: The evolution of today’s digital natives.
  • Leung, L., & Wei, R. (2000). More than just talk on the move: A use-and-gratification study of the cellular phone. Journalism & Mass Communication Quarterly, 77, 308–320.
  • McCroskey, J. C. (1992). Reliability and validity of the willingness to communicate scale. Communication Quarterly, 40, 16–25.
  • McCroskey, J. C., & Baer, J. E. (1985, November). Willingness to communicate: The construct and its measurement. Paper presented at the Annual Meeting of the Speech Communication Association, Denver, CO.
  • Przybylski, A. K., & Weinstein, N. (2013). Can you connect with me now? How the presence of mobile communication technology influences face-to-face conversation quality. Journal of Social and Personal Relationships, 30, 237–246
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