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Terapia a Seduta Singola in Italia: cosa ci dice la ricerca?

La Terapia a Seduta Singola può aiutare a ridurre i tempi di attesa dei servizi di salute mentale e a dare una risposta subitanea ai bisogni dei clienti.

Di Vanessa Pergher, Flavio Cannistrà

Pubblicato il 22 Dic. 2020

L’Italian Center for Single Session Therapy ha condotto la prima ricerca italiana sulla Terapia a Seduta Singola allo scopo di verificare se il numero più frequente di sessioni in psicoterapia in Italia sia 1 e il numero di pazienti che ritengono una seduta di Terapia a Seduta Singola sufficiente e la loro soddisfazione rispetto alla risoluzione del proprio problema.

 

In Italia è acceso il dibattito riguardante la riduzione delle liste di attesa nei servizi di salute mentale.

Le ricerche dimostrano che tempi d’attesa lunghi possono essere correlate a un peggioramento dei sintomi (Reichert & Jacobs, 2018) e, parallelamente, si è scoperto che le persone traggono beneficio già dai primi momenti del trattamento psicologico.

Modelli di terapia breve, come la Terapia a Seduta Singola, possono aiutare a ridurre i tempi di attesa e a dare una risposta subitanea ai bisogni dei clienti. Nella Terapia a Seduta Singola il terapeuta cerca di trarre il massimo da ogni incontro con il paziente, “come se” quella fosse l’unica seduta, lavorando con l’assunto che altre sedute, sebbene possibili, potrebbero non essere necessarie.

La ricerca sulla Terapia a Seduta Singola nasce nel 1990 quando Talmon cominciò a investigare sul perché molti dei suoi pazienti usufruissero di una sola sessione di psicoterapia. Le sue scoperte hanno scardinato l’idea comune che i cambiamenti psicologici necessitino di lungo tempo per avvenire, con conseguente focalizzazione delle psicoterapie sul lungo termine. A partire da questi risultati, diverse ricerche condotte in varie parti del mondo si interessarono al fenomeno, arrivando tutte a dimostrare che le persone generalmente si ritengono soddisfatte dopo un incontro di Terapia a Seduta Singola, riportando miglioramenti nelle loro funzioni psicologiche.

Fino ad oggi in Italia non sono stati condotti studi sulla Terapia a Seduta Singola, probabilmente dovuto al fatto che questo modello è stato introdotto solo recentemente nel Paese (Cannistrà & Piccirilli, 2018).

La presente ricerca svolta dall’Italian Center for Single Session Therapy vuole porsi come test preliminare sull’effettiva praticabilità della Terapia a Seduta Singola in Italia.

Il numero più frequente di sedute di psicoterapia è 1 (uno)?

Il primo studio condotto dall’Italian Center for Single Session Therapy si è svolto tra gennaio 2014 e dicembre 2016 e ha voluto indagare se in Italia il numero più frequente di sedute di psicoterapia (Non Terapia a Seduta Singola) fosse 1 (uno).

Il campione era formato da 499 adulti che si sono rivolti autonomamente a: un servizio pubblico di salute mentale, a un centro familiare no profit e ad un libero professionista, tutti nei dintorni di Roma. Le terapie sono state condotte analizzando i dati di diversi professionisti della salute mentale (psicologi, psicoterapeuti e psichiatri). Nessuno dei professionisti era formato in Terapia a Seduta Singola.

Il 26% del campione ha beneficiato di un solo colloquio e questo dato ha confermato i dati delle precedenti ricerche che indicano che il numero più frequente (moda) di sedute in psicoterapia è 1. Il limite principale di questo studio, evidenziato nella ricerca, sta nell’essersi riferiti a un campione rappresentativo della sola Regione Lazio, sebbene sia ipotizzabile la generalizzazione dei risultati.

Quante persone che richiedono una Terapia a Seduta Singola fanno effettivamente un solo colloquio? Qual è il loro livello di soddisfazione?

Il secondo studio si è svolto da aprile 2018 ad aprile 2019, e ha coinvolto 85 pazienti che hanno richiesto una Terapia a Seduta Singola, condotte da 7 liberi professionisti della salute mentale dislocati in varie parti d’Italia, tutti formati in TSS dall’ICSST e con almeno un anno di esperienza nell’applicare il Modello Italiano descritto da Cannistrà e Piccirilli (2018).

Alla fine del colloquio ai pazienti veniva chiesto se ritenessero quella seduta sufficiente o se avessero bisogno di altri incontri. È stato poi somministrato un questionario di follow – up volto ad indagare la percezione dei pazienti rispetto al problema presentato in seduta, quanto questa percezione era attribuita all’andamento della seduta, se avessero richiesto un ulteriore colloquio e una domanda aperta in cui spiegare il perché della loro scelta.

Nel questionario, oltre al genere, all’età e il tipo di problema per il quale avevano richiesto la consultazione, veniva chiesto come si sentivano rispetto al problema, se avessero richiesto un ulteriore colloquio e una domanda aperta in cui spiegare il perché della loro scelta.

I risultati mostrano che: dopo il primo colloquio, il 70.6% dei clienti ritiene di sentirsi meglio o molto meglio rispetto al problema portato in seduta; il 28% non ha riscontrato cambiamenti e una persona si è sentita peggio.

Il 90,7% dei clienti che sono migliorati ha attribuito il proprio miglioramento alla singola sessione, in diversa misura.

Il 45,9% dei clienti ha considerato quell’unica sessione come sufficiente, mentre il 54,1% ha richiesto un secondo incontro.

Tra chi ha ritenuto sufficiente un solo incontro, le motivazioni sono state “Mi sento meglio, non ho bisogno di altre consultazioni.”, “Ho bisogno di vedere come va”, “Motivi pratici indipendenti dalla terapia”, “Ho detto no, ma ora mi rendo conto di averne bisogno”, “La terapia non mi ha aiutato”.

Tra coloro che invece hanno scelto un ulteriore incontro, il 72% ha dichiarato di averne bisogno perché un solo incontro non era sufficiente, l’11% non ha fornito una ragione, mentre il 17% ha scelto di parlare di un altro problema: questo dato è interessante, perché significa che costoro tornano per una seconda seduta, ma gli è stato sufficiente un solo incontro per considerare risolto o gestibile autonomamente il problema precedente.

Questi risultati sono in linea con gli studi internazionali, che indicano che tra il 40 e il 60% di chi riceve una Terapia a Seduta Singola pianificata non chiede ulteriori consultazioni. Questo accade invece per il 20-40% di chi riceve un primo colloquio di terapia tradizionale che non utilizza i principi e le tecniche della TSS.

Per concludere, l’implementazione della Terapia a Seduta Singola può migliorare l’accessibilità ai servizi di salute mentale per chi è alla ricerca di un aiuto professionale. Questo può rivelarsi particolarmente utile in un Paese come l’Italia, dove gli accessi ai servizi di salute mentale sono molto bassi a causa di un’alta percentuale di bisogno inespresso legato a ragioni economiche e attitudini culturali.

Diminuendo il numero di sessioni per cliente, la TSS può ridurre le liste di attesa e rendere i servizi più accessibili oltre che evitare il deterioramento delle condizioni dei clienti. I professionisti, inoltre, sarebbero in grado di aiutare un maggior numero di persone.

 

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