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Disturbi alimentari maschili e orientamento sessuale: un percorso tra dati storici e recenti evidenze dalla ricerca

L'omosessualità sembrerebbe essere maggiormente presente nei disturbi alimentari maschili, ma i limiti delle ricerche effettuate sono ancora molti..

Di Simone Cadeo

Pubblicato il 04 Set. 2020

Aggiornato il 08 Feb. 2024 15:01

I disturbi alimentari sono patologie a prevalenza spiccatamente femminile, tuttavia alcuni casi di uomini affetti da tali disturbi hanno portato la ricerca psicologica a interrogarsi, tra altre variabili, anche sul ruolo della sessualità maschile nella loro genesi.

 

In reazione all’orientamento sessuale, alcune ricerche hanno mostrato una maggior presenza di uomini omosessuali e bisessuali tra i maschi che soffrono di un disturbo alimentare (Robinson & Holdern, 1986; Carlat, Carmago & Herzog, 1997; Russel & Keel, 2002; Dakanalis et al., 2012). Secondo alcuni studi circa il 40% dei maschi portatori di disturbi alimentari riferisce il proprio orientamento come ‘non eterosessuale’ (Feldman & Meyer, 2007). Morgan (2008) riporta che ‘la maggior parte degli uomini che soffre di un disturbo dell’immagine corporea è eterosessuale e la maggior parte degli uomini omosessuali non riporta un disturbo dell’immagine corporea. Ciononostante circa un uomo su cinque con disturbo alimentare ha un orientamento omosessuale’. Il legame tra orientamento sessuale e disturbi alimentari nel maschio è stato esplorato e dibattuto a partire dagli anni ’80. Nel 1984 Herzog e collaboratori hanno pubblicato uno studio in cui hanno confrontato un gruppo maschile anoressico-bulimico con un gruppo femminile portatore del medesimo quadro psicopatologico; il 26% del campione maschile riportava un orientamento omosessuale contro il 4% della controparte femminile. Un altro confronto tra due gruppi clinici ha evidenziato che i maschi con disturbi alimentari riportavano isolamento affettivo e conflitti omosessuali con maggior frequenza rispetto alle pazienti femmine (Herzog et al. 1991). Dunque la sovrarappresentazione dell’omosessualità all’interno dei disturbi alimentari sembrerebbe caratteristica peculiare della popolazione maschile, mentre per le femmine sembrerebbe essere in linea con la distribuzione nella popolazione non patologica. Fichter e Daser (1987) intervistarono un gruppo di pazienti anoressici maschi rilevando come i soggetti si percepissero e fossero percepiti dagli altri come più ‘femminili’ nell’aspetto e nel comportamento, rispetto agli altri uomini; il 65% riportava una preferenza per giochi e attività tradizionalmente femminili durante l’infanzia e il 20% avrebbe voluto essere del sesso opposto. Un altro studio dello stesso anno ha confrontato due gruppi, maschile e femminile, di pazienti bulimici rilevando un’incidenza di comportamenti omosessuali e bisessuali del 53% dei pazienti maschi contro l’assenza di tali condotte nel campione femminile (Schneider & Agras, 1987). Nel 1997 presso il Massachusetts General Hospital, è stata condotta una ricerca analizzando 135 cartelle cliniche di pazienti maschi valutati tra il 1980 e il 1994 con diagnosi di disturbo alimentare. Attraverso l’analisi dei dati anamnestici e le trascrizioni dei colloqui clinici, è emerso che il 42% dei pazienti si riconosceva come omosessuale o bisessuale (Carlat, Camargo & Herzog, 1997)

In tempi più recenti uno studio italiano condotto da Dakanalis e collaboratori (2012) ha indagato il legame tra orientamento sessuale e disturbi del comportamento alimentare, sottoponendo questionari self-report a 125 studenti universitari di orientamento omosessuale e 130 di orientamento eterosessuale. Dal confronto dei due campioni è emerso che i ragazzi omosessuali mostravano più alti livelli di insoddisfazione corporea e un maggior numero di comportamenti alimentari patologici rispetto al campione eterosessuale.

La sovrarappresentazione dell’omosessualità nella popolazione di maschi portatori di disturbi alimentari ha portato i ricercatori a interrogarsi sul fenomeno e nel corso degli anni sono state proposte diverse teorie. Ad esempio Crisp (1972) ha ipotizzato che il disturbo alimentare negli uomini possa avere una funzione protettiva rispetto all’angoscia che la propria omosessualità rinnegata diventi visibile agli altri, giustificando la scarsa virilità percepita con l’estrema magrezza del proprio corpo. Morgan (2008) ha riportato una simile spiegazione, teorizzando che alcuni ragazzi che fanno esperienza di conflitti relativi alla sessualità possano trovare sollievo con il disturbo alimentare: secondo questo autore, in alcuni casi i maschi, attraverso la restrizione alimentare e il conseguente cambiamento della fisiologia del proprio corpo, inibirebbero la pulsione sessuale, sospendendo così i compiti evolutivi relativi al proprio orientamento sessuale. I maschi con disturbi dell’alimentazione riportano una minor attività sessuale prima e durante la malattia rispetto alle ragazze e mostrano alti livelli di angoscia rispetto alle relazioni sessuali; tali tematiche sembrano essere preminenti nella genesi del disturbo alimentare (Balottin, 2003). Secondo le teorie che vedono la patologia come difesa dai conflitti sessuali, la condizione di denutrizione porterebbe ad un minor apporto proteico e una conseguente minor sintesi ormonale; i maschi con anoressia nervosa hanno infatti livelli più bassi di testosterone, correlati a un abbassamento del desiderio sessuale (Hoffer et al., 1986). Tali fenomeni sono analogamente riscontrabili nelle femmine con anoressia restrittiva, dove lo stato di denutrizione porta ad alterazione della funziona ovarica (Singhal et al., 2014) e a una riduzione dell’attività sessuale (Pinheiro et al., 2010,).

Ad oggi il dibattito riguardante il legame tra omosessualità e disturbi alimentari della sfera maschile è ampiamente aperto. Alcuni autori hanno spiegato che il fatto che gli omosessuali siano maggiormente rappresentati tra i maschi con disturbo alimentare, sia da imputare al fatto che possano essere più propensi a chiedere aiuto per tale problematica rispetto agli uomini eterosessuali (Woodside, 2004), di conseguenza la notevole esiguità di diagnosi di disturbo alimentare negli uomini eterosessuali sarebbe da imputare ad una generale reticenza degli individui maschi a chiedere un aiuto psicologico (tale diffidenza si correla ad una maggior ‘mascolinità’ percepita), unita allo stigma sociale derivante dal soffrire di una patologia considerata tipicamente femminile (Greenberg & Schoen, 2008). Questo aspetto è sintetizzato in modo semplice ed efficace dalla testimonianza di un paziente anoressico:

Non posso immaginare quanto sarebbe stato difficile cercare aiuto se io fossi stato eterosessuale. Avrebbero pensato che io fossi gay quando in realtà non lo ero‘. (Ashuk, 2004)

Altri autori sostengono che l’orientamento sessuale sia da considerare nella misura in cui influenza l’espressione clinica del disturbo (Murray et al., 2017), in altre parole gli uomini omosessuali sarebbero più a rischio di sviluppare certi tipi di disturbi alimentari, legati a diete restrittive e comportamenti compensatori, rispetto agli eterosessuali, che li manifesterebbero attraverso modelli alimentari iperproteici e preoccupazioni riguardanti la massa muscolare. Tale differenza deriverebbe dalle diverse concezioni riguardanti la forma del corpo appartenenti alle differenti subculture di appartenenza (Smith et al., 2011).

È importante sottolineare che la maggior parte degli studi finora condotti soffre di alcuni limiti metodologici, come l’esiguità di soggetti considerati, la mancanza di studi randomizzati e una selezione viziata dei campioni considerati (Bankoff & Pantalone, 2014). Inoltre in molte ricerche i soggetti omosessuali e bisessuali venivano inclusi all’interno dello stesso gruppo ‘non eterosessuale’. Si consideri poi che una visione tricotomica dell’orientamento sessuale, alla luce delle evidenze provenienti dalla sessuologia, risulterebbe troppo semplificata e porterebbe a risultati di ricerca troppo vaghi (Kuna & Sόbow, 2017). Infine si prenda in considerazione che gli studi sui disturbi alimentari e orientamento sessuale finora condotti non hanno tenuto conto di quell’emarginazione nosografica riguardante i ‘nuovi’ disturbi della nutrizione quali ad esempio il disturbo da alimentazione incontrollata, la sindrome da alimentazione notturna, la vigoressia e l’ortoressia. Prospettive future di ricerca dovrebbero ampliare i campioni considerati, tenendo conto delle recenti evidenze sui disturbi della nutrizione e sui temi della sessualità.

 

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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